“GLI VA MESSA PAURA” – NELLE INTERCETTAZIONI, PALAMARA SI INTERESSA MOLTO A UNA DENUNCIA CONTRO IL PROCURATORE GIUSEPPE CREAZZO, CHE INDAGA SUI FILONI DELLA DINASTY RENZI - SEMBRAVA CHE GLI UOMINI DEL GIGLIO MAGICO E L’EX PRESIDENTE DELL’ANM VOLESSERO IMPEDIRE A TUTTI I COSTI CHE FINISSE A ROMA, DOVE LOTTI È IMPUTATO PER IL CASO CONSIP…
Simone Di Meo per ''La Verità''
Il cavallo di Trojan nella retromarcia di Matteo Renzi, il giorno dopo l'attacco ad alzo zero contro i magistrati fiorentini, è nelle pagine dell'inchiesta di Perugia sul pubblico ministero Luca Palamara, spiato da un virus informatico mentre manovrava uomini e voti attorno alla nomina del prossimo procuratore di Roma. Già a maggio, infatti, i brogliacci dell'indagine per corruzione (ancora in corso) sull'ex presidente dell' Anm tratteggiavano un clima di insofferenza di due deputati del Pd di stretto rito renziano, Luca Lotti e Cosimo Ferri, nei confronti del capo dell' ufficio giudiziario fiorentino, Giuseppe Creazzo.
Lo stesso che, all' esplosione dell' inchiesta sulla fondazione Open, è stato accusato dall' ex premier di protagonismo. «Un tempo i magistrati della Procura di Firenze erano famosi perché davano la caccia al mostro di Scandicci, oggi l' attenzione è più sul senatore di Scandicci...», ha graffiato Renzi mercoledì scorso, salvo poi correggere il tiro 24 ore dopo («Credo nella giustizia e nei magistrati di Firenze») annunciando un bel po' di querele.
Restano però - catturati dal virus Trojan - i giudizi e i tentativi di destabilizzare il lavoro del capo dei pm del capoluogo toscano durante le sedute carbonare tra un magistrato, ormai ex gran regista del Csm, Palamara appunto, e i due parlamentari del Partito democratico.
«Gli va messa paura», suggerisce Palamara in una riunione notturna tra l' 8 e il 9 maggio scorsi, poco prima che le notizie sul suo procedimento iniziassero a inondare le pagine dei giornali.
Il pubblico ministero romano, trasferito in via precauzionale al tribunale dell' Aquila, con tutta probabilità si riferiva all' esposto che un pm fiorentino aveva presentato, un annetto prima, a Genova contro i suoi superiori, Creazzo e Luca Turco. Quest' ultimo procuratore aggiunto che coordina i diversi filoni d' indagine sulla dinasty fiorentina. Perché tanta attenzione per quella denuncia da parte di Palamara? I «congiurati» speravano che quella contestazione potesse portare a una svalutazione di Creazzo in vista della gioco grande per la poltronissima di piazzale Clodio, a cui era candidato.
La realtà è che Creazzo a Genova (sede competente per procedimenti penali che riguardano magistrati del distretto giudiziario di Firenze) non è mai stato indagato, a differenza di un pm fiorentino accusato di aver giustificato un diniego a una richiesta di intercettazioni adducendo motivazioni troppo personali e di tre finanzieri. È un fatto però che emerge dai verbali che i renziani erano interessati a ogni tipo di notizia in arrivo dal capoluogo ligure. La fortuna però non li ha assistiti. Non solo non si sono verificate fughe di notizie ma il procuratore genovese Francesco Cozzi ha «blindato» letteralmente il fascicolo inviando poche e generiche informazioni finanche al Consiglio superiore che aveva chiesto delucidazioni sull' esposto.
E, probabilmente per la difficoltà di muoversi a tentoni, Lotti si confidava con Palamara: «...Però, roba di Firenze, Luca... davvero...per me è importante capì che succede... perché... se è seria... ovviamente io (inc.) cioè non si parla di Roma... si parla che se è serio va via da... Firenze... se non è serio, non va via da Firenze, a me guarda... nessuno cerca (inc) nulla... però bisogna fa' almeno la guerra...».
Ecco l' obiettivo dei renziani quattro mesi prima che esplodessero i casi della fondazione Open e della supervilla pagata con un prestito di un amico-finanziatore: dichiarare battaglia alle toghe. E Creazzo non è una toga qualunque. Pur essendo arrivato, nel 2014, alla guida degli inquirenti fiorentini quando a Palazzo Chigi sedeva proprio Matteo Renzi, si è immediatamente dimostrato assai attento alle molteplici attività della famiglia del premier. Il suo ufficio, oltre ad aver ottenuto il 18 febbraio scorso l' arresto di Tiziano Renzi e Laura Bovoli, genitori di Matteo, ne ha messo sott' inchiesta anche il cognato, Andrea Conticini, e i fratelli nel fascicolo sui milioni dell' Unicef destinati ai bambini dell' Africa e dirottati invece su conti correnti personali.
Sempre a Firenze sono aperti, come detto, pure l' inchiesta sulla fondazione Open e il procedimento penale numero 13966/2017 che raccoglie due segnalazioni dell' Unità antiriciclaggio della Banca d' Italia in relazione al prestito di 700.000 euro (restituito) che Renzi ha ottenuto dalla famiglia Maestrelli per l' acquisto della sua magione da 1,4 milioni di euro in via Tacca.
Dalle intercettazioni, dunque, emerge chiaramente l' intenzione dei renziani non solo di cavalcare politicamente l' esposto (magari sfruttando giornali amici) ma anche di impedire che Creazzo potesse ambire a guidare i pm di Roma dove - coincidenza - si trova sotto processo, per l' affare Consip, proprio Luca Lotti. Al posto del procuratore Giuseppe Pignatone, andato in pensione, i «congiurati» avrebbero preferito il procuratore generale di Firenze, Marcello Viola (ovviamente ignaro delle macchinazioni ordite dai suoi sostenitori).
«L' ha detto Creazzo mai...», sbottava Lotti in un' altra intercettazione ambientale. A chi si riferiva? E aggiungeva alludendo al relatore che avrebbe firmato la motivazione a favore di Viola: «Occhio a come (la) scrive... eh...quindi si vede che qualcuno gli ha detto che se scrive in un certo modo, Lo Voi (altro candidato alla carica di procuratore a Roma, viene da Palermo, ndr) fa appello».