PAOLO ZACCAGNINI RICORDA ROBERTO CIOTTI: “NON È MAI CAMBIATO. ROMANO ERA, ROMANO È RIMASTO”

Paolo Zaccagnini per Dagospia - http://modestproposalz.blogspot.it


E' morto a 60 anni il piu' bravo, noto e schivo bluesman italiano, il romano, della Garbatella, Roberto Ciotti. 60 anni 45 dei quali, almeno, passati con la chitarra in mano. A diffondere la "musica del diavolo", nata dagli schiavi americani che coglievano il cotone nel sud degli Stati Uniti d'America.

Con Roberto, D'Agostino, lo conoscevamo da ragazzi poi le nostre strade si erano divise ma il rispetto nei suoi confronti non era venuto mai meno. No, il successo, piu' fuori Italia che all'estero, non lo aveva cambiato affatto. Romano era e romano restava. Orgoglioso di esserlo.

Come un altro nostro comune amico, Renato Fiacchini, in arte Zero, il nosto Renatino. Lo avevano paragonato, tanto per aprire la bocca e dare un'ora d'aria al cervello, a Eric Clapton ma il suo stile era molto piu' alle radici del blues, non avava mai avuto il tocco unico di Eric "Manolenta" Clapton anche se era ricercava la sensibilita' della nota e non la velocita' stratosferica che tanto piace oggi.

Supergasoline blues e Bluesman, che aveva inciso agli inizi della carriera per la Cramps Records che gia' aveva lanciato la cariera di un gia' stratosferico Franco Battiato, sono i due album che lo imposero per sempre all'attenzione degli amanti del blues ma mai e poi mai ha inciso qualcosa che, come capita oggi, non si puo' proprio sentire. Aveva inciso, e impreziosito, con Edoardo Bennato, altro grande appassionato di blues, e con Francesco De Gregori e Antonello Venditti.

Troppo bravo e indipendente per loro, soprattutto per gli ultimi due. Aveva collaborato con il miglior sassofonista italiano, Maurizio Giammarco anche lui bravissimo, romano e schivo, aveva collaborato con il regista Gabriele Salvatores per le colonne sonore di Marrakesh Express e Turne' ove aveva dimostrato la sua, diciamo cosi', sonnolenta valentia.

Che veniva fuori sempre, condita di quella sua ironia romana. Mi leggeva, me lo aveva detto, e quando ci incontravamo a qualche concerto mi diceva sempre "aho', sei diventato importante, eh?" con quel suo mezzo sorriso che diceva tutto. "Ammazza la gente che conosci e che vedi e senti" come per dire che mi compiangeva, ed aveva perfettamente ragione, per quel che dovevo sentire.

A Robe', ciavevi rragione. Mi e' piaciuto che Claudia Gerini, se non ricordo male oltre che profondamente desiderabile bravissima anche col basso in mano, abbia voluto ricordarlo. Lei, appartenente a un mondo lontano anni luce da quello di Roberto, ha riconosciuto la sua bravura e la sua modestia. La sua umanita'. Come potranno testimoniare frequentatori e gestori dei trasteverini Big Mama e del fu Folkstudio dove, appunto, aveva conosciuto i Theorius Campus, alias Francesco De Gregori e Antonello Venditti.

Venditti che, romanista come lui, forse qualche domenica lo avra' ospitato, con altri artisti famosi e romanisti, a casa sua per gioire, troppo spesso no, delle fortune della nostra A.S. Roma. Prendeva la vita con un'alzata di spalle, mai visto arrabbiato sul serio. Eppure non era affatto un fuscello d'uomo, sembrava che la musica, il blues, gli avesser sempre dato un grande appetito per la vita. Eppure solo appetito. Ecco, lui e' uno di quelli, sempre meno, che, anche se scomparsi, restano tra noi. Non facevano inutile, vuoto baccano nel vivere. Vivevano.

Nel suo caso suonavano. Il blues. Come ho scritto ieri sul mio blog, e lo ripeto oggi per meglio farmi capire, "Roberto, se incontri Robert Johnson cortesemente, e per me, inchinati e baciagli le mani. E gia' che ci sei bacia anche le tue". Hai dato un senso, intenso e profondo e sincero, al blues made in Italy. La "musica del diavolo" nella capitale della cristianita'? Se suonava Ciotti si'.

 

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