estetista cinica pinacoteca di brera biblioteca braidense

“IL PROBLEMA FORSE È CHE SONO FIGLIA DEL POPOLO. PUZZO DI POVERO? SÌ, MI HANNO DATO DELL’ARRICCHITA” – IL PIANTO GRECO DI CRISTINA FOGAZZI, ALIAS L’ESTETISTA CINICA, FINITA NEL TRITACARNE PER LA CENA ALLA PINACOTECA DI BRERA PER LANCIARE IL BRAND IN SPAGNA: “SONO AMAREGGIATA. VOLEVO MOSTRARE IL MEGLIO DI MILANO. QUESTO È CLASSISMO, CENTINAIA DI BRAND DEL LUSSO RICEVONO OSPITI NELLO STESSO LUOGO E NESSUNO HA AVUTO DA DIRE, MA

Estratto del'articolo di Edoardo Lusena per www.corriere.it

 

la festa dell estetista cinica alla pinacoteca di brera 1

Non è la prima volta, forse non sarà l’ultima polemica, ma la voce tradisce l’amarezza dell’Estetista cinica, nome di «battaglia» di Cristina Fogazzi. Se non è una battaglia, quella che la vede difendersi da social e dintorni poco ci manca. «Non sto bene per niente. Non ho fatto niente di male a nessuno». Una doccia gelata la sveglia sommersa di accuse per aver usato, anzi visti i toni di qualcuno, per aver osato usare come location di una cena per la sua azienda di prodotti estetici, la Veralab, una sala della biblioteca Braidense. 

la festa dell estetista cinica alla pinacoteca di brera 7

 

[…] «Partiamo da un fatto. È stata una mia scelta, fortissimamente voluta, quella di andare a Brera. Devo lanciare il mio brand in Spagna, invito qui delle influencer spagnole e mostro loro la migliore Milano possibile: un tour privato in città, la visita e la cena al museo del Novecento, e per il gran finale mi propongono un hotel. E lì ho detto no: perché devo dare i soldi a un privato? Qui, mi sono detta, ricadono sulla collettività: diventeranno restauri, personale, servizi a chi studia».

 

la festa dell estetista cinica alla pinacoteca di brera 5

La accusano anche per le pizze con delivery, bollate come trash per un tempio della cultura: «Chiariamo: nessuno scooter ha scorrazzato in Accademia. Da qualche Vespa, simbolo di italianità, ferma e spenta davanti al portone, sono state offerte delle pizze come aperitivo, con tovaglioli. Dopo le pulizie (pagate extra) nel cortile non c’era neanche una briciola». 

 

Torniamo ai soldi. «Le cifre sono pubbliche: 80 mila euro per gli spazi e 15 mila di straordinari al personale. Con quelle cifre per una serata in un hotel o da un privato avrei potuto creare chissà quale evento. D’altronde, come è giusto che sia, muoversi in spazi tutelati ha vincoli rigidissimi e costi elevati. Ma ho voluto Brera, il gioiello di Milano, da mostrare con orgoglio come coronamento.  ero contenta, convinta di aver fatto una cosa bella».

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E invece apriti cielo: «Nonostante nelle ultime ore — come centinaia di altre volte — in quegli stessi spazi un grande nome del lusso ha ricevuto i propri ospiti, non ho visto rivolte e sdegno. Se invece la cena la fa l’Estetista cinica non va bene. Questo si chiama classismo. Io non sono una griffe, ma pago le tasse in Italia, do lavoro nella mia azienda a 101 dipendenti, di cui il 95% sono donne. Si è scritto del “buon gusto”. Io sono di cattivo gusto? Perché invito gli influencer? Come se alle cene dei grandi brand gli ospiti fossero altri».

 

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«Parvenu, arricchita». Su di lei l’odio su tela (del web) si è scatenato. «Allora il problema forse è che sono figlia del popolo. Puzzo di povero? Sì, mi hanno dato dell’arricchita. Ma menomale che ci sono gli arricchiti in un Paese in cui l’ascensore sociale è fermo da anni. […] Dire che un’arricchita non può entrare è il grande cortocircuito della cultura italiana che vuole restare elitaria. Invece la cultura è di tutti. E più la facciamo vedere a tutti e più tutti si sentono autorizzati e accolti».  […]

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