mussolini churchill

QUANDO CHURCHILL FINANZIO’ MUSSOLINI - NEL 1944 IL DUCE VENDETTE GLI STABILIMENTI DEL “POPOLO D’ITALIA” MA L'ACQUIRENTE VENNE “AIUTATO” DAI SERVIZI SEGRETI INGLESI CON UNA FORTE SOMMA - DIETRO IL FINANZIAMENTO DELLO STATISTA INGLESE UN MISTERIOSO APPELLO SCRITTO...

MUSSOLINIMUSSOLINI

Roberto Festorazzi per Avvenire

 

Nel grande mosaico della fine di Benito Mussolini si inserisce un nuovo tassello. Esso riguarda un retroscena rimasto sconosciuto anche agli storici. Nell' ultimo scorcio del conflitto, preparandosi all' ormai inevitabile sconfitta, il dittatore vendette segretamente l' unico suo vero patrimonio personale: il giornale Il Popolo d' Italia, che aveva redazione e stabilimenti tipografici a Milano.

 

Salvo la testata, che non fu oggetto di transazione, il Duce cedette l' intero 'pacchetto' all' industriale Gian Riccardo Cella, vicino al senatore e giornalista Alberto Bergamini, monarchico antifascista. Ciò che riemerge è il ruolo avuto nell' operazione dai servizi segreti britannici, i quali anticiparono a Mussolini una forte tranche del prezzo, centomila franchi svizzeri.

IL POPOLO D'ITALIAIL POPOLO D'ITALIA

 

Per comprendere la portata di questa novità storica, bisogna però cominciare dalle ragioni che condussero il Duce a trasformare in liquidità il suo polmone finanziario: per l' appunto, il quotidiano da lui fondato nel 1914. Il primo obiettivo di Mussolini era legato alla necessità di sottrarsi alle pressioni di Hitler, che insisteva presso di lui per poter mettere le grinfie sulle rotative del Popolo d' Italia. In Germania, infatti, i bombardamenti avevano distrutto buona parte degli stabilimenti tipografici, per cui il Führer era allettato dalla prospettiva di trasportare nel Reich gli impianti del giornale mussoliniano, tra i più moderni d' Europa.

 

La cosa non poteva piacere al Duce, il quale incaricò il suo notaio, Umberto Alberici, di ricercare un possibile acquirente dei due complessi del Popolo d' Italia: gli uffici redazionali in piazza Cavour e la tipografia in via Settala. Il compratore venne presto individuato in Cella, incoraggiato a farsi avanti nella trattativa dal senatore Bergamini, e dal presidente del Consiglio del Regno del Sud, Ivanoe Bonomi. Il notaio Alberici era custode di molti segreti di Mussolini: autenticò copie della sua documentazione archivistica più scottante, tra cui il famoso carteggio Churchill-Mussolini.

MUSSOLINI CHURCHILLMUSSOLINI CHURCHILL

 

La corrispondenza tra lo statista britannico e il dittatore entrò nei negoziati per la compravendita del Popolo d' Italia, dal momento che Bonomi insistette su Cella affinché si adoperasse per far cadere il Duce vivo in mani italiane, al momento dell' epilogo. In tal modo la monarchia avrebbe potuto mettere le mani sull' epistolario con Churchill.

 

IL POPOLO D'ITALIAIL POPOLO D'ITALIA

Questo spiega perché, nelle ore che precedettero la fuga di Mussolini dalla metropoli lombarda, Cella seguisse da vicino il capo del fascismo, tanto da essere testimone della famosa riunione che si svolse nell' arcivescovado di Milano il pomeriggio del 25 aprile 1945.

 

Il Duce, nel trattare la vendita del Popolo d' Italia, pose soltanto due condizioni: che l' atto rimanesse segreto e che parte della somma gli fosse versata in franchi svizzeri e in contanti. Il compromesso venne firmato il 7 novembre 1944 e il successivo rogito del 1° dicembre completò il passaggio di proprietà. A svelare gli arcana della vicenda fu l' avvocato Giuseppe Druetti, genero di Cella, a latere del processo di Padova sull' oro di Dongo, che si svolse nel 1957.

stalin and churchill stalin and churchill

 

Il legale prese parte alle udienze nel- la Corte d' Assise patavina in quanto rappresentante di parte civile: lo Stato italiano, infatti, aveva dichiarato non valido l' atto di compravendita del giornale mussoliniano e allora Cella incaricò Druetti di avanzare al processo una richiesta di indennizzo basata su una duplice supposizione: la prima, che i soldi intascati da Mussolini viaggiassero nella colonna fermata a Dongo; la seconda, che quei denari fossero finiti nelle casse dello Stato.

 

Ma se a Padova si celebrava un processo per la sparizione del tesoro dei gerarchi, ciò stava a significare che i valori sequestrati dai partigiani (sempre ammesso che tra essi ci fossero anche quelli provenienti dal Popolo d' Italia), non furono avocati dall' erario ma vennero saccheggiati. Ragion per cui il povero Cella aveva ben poco da rivendicare. L' avvocato Druetti, a margine del processo, fece però alcune dichiarazioni esplosive, raccolte dalla sola Gazzetta del Popolo di Torino, che le pubblicò l' 8 maggio 1957 e da allora non furono più riprese.

 

MUSSOLINI HITLERMUSSOLINI HITLER

Alla fine del 1944, cioè al tempo della cessione del quotidiano, Mussolini ricevette assegni per 86 milioni di lire e contanti per centomila franchi svizzeri.

 

In totale, la transazione gli fruttò 109 milioni di lire. Qual era la ragione della consegna della somma in divisa elvetica? Forse il Duce pensava di far pervenire un fondo di emergenza alla figlia Edda, che fin dal gennaio 1944 era riparata nella Confederazione.

 

O forse c' era dell' altro. L' avvocato Druetti aggiunse una circostanza passata pressoché inosservata: prima di concludere il pessimo affare, Cella pensò di rivolgersi per un consiglio a due maggiorenti della Resistenza, il generale Raffaele Cadorna, comandante del Corpo Volontari della libertà, e Achille Marazza, rappresentante Dc nel Comitato di Liberazione Alta Italia. I due, pur non avendo obiezioni, suggerirono tuttavia a Cella di sollecitare un 'via libera' degli Alleati.

 

sir winston churchillsir winston churchill

L' industriale si recò quindi a Locarno per incontrare il capo del Soe ( Special operations executive) per l' area italiana, John Mc-Caffery; il Soe era la branca operativa speciale dei servizi segreti militari britannici.

 

E McCaffery fornì garanzie che non poteva rilasciare senza la preventiva autorizzazione di Churchill. In secondo luogo, venendo incontro a una precisa richiesta di Cella, assicurò che gli Alleati si sarebbero astenuti dal bombardare gli impianti del Popolo d' Italia; impegno che fu rispettato.

 

Ma è il successivo intervento di McCaffery a destare sconcerto. Egli infatti anticipò a Cella i centomila granchi in divisa elvetica che l' imprenditore aveva in quel momento difficoltà a reperire. Perché, oltre che a favorire la conclusione della transazione, sir Winston accettò di finanziare il nemico-amico Benito? Secondo Druetti la ragione risiedeva in un appello scritto che, nell' ultima parte del conflitto, Churchill avrebbe inviato al Duce per convincerlo ad abbandonare i suoi progetti di una pace separata tra le forze dell' Asse e la Russia.

mussolinimussolini

 

 

Ultimi Dagoreport

woody allen ian bremmer la terrazza

FLASH! – A CHE PUNTO E' LA NOTTE DELL’INTELLIGHENZIA VICINA AL PARTITO DEMOCRATICO USA - A CASA DELL'EX MOGLIE DI UN BANCHIERE, SI È TENUTA UNA CENA CON 50 OSPITI, TRA CUI WOODY ALLEN, IMPEGNATI A DIBATTERE SUL TEMA: QUAL È IL MOMENTO GIUSTO E IL PAESE PIÙ ADATTO PER SCAPPARE DALL’AMERICA TRUMPIANA? MEGLIO IL CHIANTISHIRE DELLA TOSCANA O L’ALGARVE PORTOGHESE? FINCHE' IL POLITOLOGO IAN BREMMER HA TUONATO: “TUTTI VOI AVETE CASE ALL’ESTERO, E POTETE FUGGIRE QUANDO VOLETE. MA SE QUI, OGGI, CI FOSSE UN OPERAIO DEMOCRATICO, VI FAREBBE A PEZZI…”

meloni musk trump

DAGOREPORT – TEMPI DURI PER GIORGIA - RIDOTTA ALL'IRRILEVANZA IN EUROPA  DALL'ENTRATA IN SCENA DI MACRON E STARMER (SUBITO RICEVUTI ALLA CASA BIANCA), PER FAR VEDERE AL MONDO CHE CONTA ANCORA QUALCOSA LA STATISTA DELLA GARBATELLA STA FACENDO IL DIAVOLO A QUATTRO PER OTTENERE UN INCONTRO CON TRUMP ENTRO MARZO (IL 2 APRILE ENTRERANNO IN VIGORE I FOLLI DAZI AMERICANI SUI PRODOTTI EUROPEI) - MA IL CALIGOLA A STELLE E STRISCE LA STA IGNORANDO (SE NE FOTTE ANCHE DEL VOTO FAVOREVOLE DI FDI AL PIANO “REARM EUROPE” DI URSULA). E I RAPPORTI DI MELONI CON MUSK NON SONO PIÙ BUONI COME QUELLI DI UNA VOLTA (VEDI IL CASO STARLINK), CHE LE SPALANCARONO LE PORTE TRUMPIANE DI MAR-A-LAGO. PER RACCATTARE UN FACCIA A FACCIA CON "KING DONALD", L'ORFANELLA DI MUSK (E STROPPA) E' STATA COSTRETTA AD ATTIVARE LE VIE DIPLOMATICHE DELL'AMBASCIATORE ITALIANO A WASHINGTON, MARIANGELA ZAPPIA (AD OGGI TUTTO TACE) - NELLA TREPIDANTE ATTESA DI TRASVOLARE L'ATLANTICO, OGGI MELONI SI E' ACCONTENTATA DI UN VIAGGETTO A TORINO (I SATELLITI ARGOTEC), DANDO BUCA ALL’INCONTRO CON L'INDUSTRIA DELLA MODA MILANESE (PRIMA GLI ARMAMENTI, POI LE GONNE)... 

davide lacerenza giuseppe cruciani selvaggia lucarelli

TE LO DÒ IO IL “MOSTRO”! – SELVAGGIA LUCARELLI, CHE SBATTE AL MURO GIUSEPPE CRUCIANI, REO DI ESSERE NIENT’ALTRO CHE IL “MEGAFONO” DI LACERENZA, DIMENTICA CHE L’AUTORE DEL PRIMO ARTICOLO CHE HA PORTATO ALLA RIBALTA LE NEFANDEZZE DELLO SCIROCCATO DELLA GINTONERIA E’ PROPRIO LEI, CON UNA BOMBASTICA INTERVISTA NEL 2020 SULLE PAGINE DI T.P.I. (“LA ZANZARA” ARRIVA SOLO NEL 2023) – POI TUTTI I MEDIA HANNO INZUPPATO IL BISCOTTO SULLA MILANO DA PIPPARE DI LACERENZA. IVI COMPRESO IL PALUDATO “CORRIERE DELLA SERA" CHE HA DEDICATO UNA PAGINATA DI INTERVISTA AL "MOSTRO", CON VIRGOLETTATI STRACULT (“LA SCOMMESSA DELLE SCOMMESSE ERA ROMPERE LE NOCI CON L’UCCELLO, VINCEVO SEMPRE!”) - ORA, A SCANDALO SCOPPIATO, I TRASH-PROTAGONISTI DELLE BALORDE SERATE MILANESI SPUNTANO COME FUNGHI TRA TV E GIORNALI. SE FILIPPO CHAMPAGNE È OSPITE DI VESPA A “PORTA A PORTA”, GILETTI RADDOPPIA: FILIPPO CHAMPAGNE E (DIETRO ESBORSO DI UN COMPENSO) LA ESCORT DAYANA Q DETTA “LA FABULOSA”… - VIDEO

andrea scanzi

DAGOREPORT - ANDREA SCANZI, OSPITE DI CATTELAN, FA INCAZZARE L’INTERA REDAZIONE DEL “FATTO QUOTIDIANO” QUANDO SPIEGA PERCHÉ LE SUE “BELLE INTERVISTE” VENGONO ROVINATE DAI TITOLISTI A LAVORO AL DESK: “QUELLO CHE VIENE CHIAMATO IN GERGO ‘CULO DI PIETRA’ È COLUI CHE NON HA SPESSO UNA GRANDE VITA SOCIALE, PERCHÉ STA DENTRO LA REDAZIONE, NON SCRIVE, NON FIRMA E DEVE TITOLARE GLI ALTRI CHE MAGARI NON STANNO IN REDAZIONE E FANNO I FIGHI E MANDANO L'ARTICOLO, QUINDI SECONDO ME C'È ANCHE UNA CERTA FRUSTRAZIONE” - “LO FANNO UN PO’ PER PUNIRMI” - I COLLEGHI DEL “FATTO”, SIA A ROMA CHE A MILANO, HANNO CHIESTO AL CDR DI PRENDERE INIZIATIVE CONTRO SCANZI - CHE FARA’ TRAVAGLIO? - LE SCUSE E LA PRECISAZIONE DI SCANZI - VIDEO!

roberto tomasi – andrea valeri blackstone – gianluca ricci macquarie – scannapieco – salvini autostrade

DAGOREPORT - DUE VISIONI CONTRAPPOSTE SUL FUTURO DI AUTOSTRADE PER L’ITALIA (ASPI) SI SONO CONFRONTATE AL CDA DI QUESTA MATTINA. DA UNA PARTE CDP (51%), DALL’ALTRA I FONDI BLACKSTONE (24,5%) E MACQUARIE (24,5%). IN BALLO, UN PIANO CHE HA COME PRIORITÀ LA MESSA IN SICUREZZA DELLA RETE AUTOSTRADALE. ALLA RICHIESTA DEI DUE FONDI DI VARARE UN SOSTANZIOSO AUMENTO DELLE TARIFFE, CHE PORTEREBBERO A UNA IMPENNATA DEI PREZZI SU OGNI GENERE DI MERCI E UN TRACOLLO DI CONSENSO PER IL GOVERNO MELONI, OGGI IN CDA CDP HA RISPOSTO CON UN CALCIONE DECIDENDO CHE NON SARANNO PIÙ DISTRIBUITI DIVIDENDI PARI AL 100% DELL’UTILE: PER L'ESERCIO 2024 SI LIMITERANNO AL 60% - CHE FINE FARA' IL CEO ROBERTO TOMASI?