"LA MADRE DI SAMAN CI AVEVA FATTO CREDERE DI APPROVARE LA NOSTRA RELAZIONE" - LA RABBIA DI AJUB SHAQUIB, IL FIDANZATO DI SAMAN ABBAS: NEL 2020 IL PADRE DI SAMAN ANDÒ PERSONALMENTE A CASA DEI SUOI GENITORI IN PAKISTAN INSIEME AD ALTRI UOMINI, SPARANDO IN ARIA E INTIMANDO LORO DI ORDINARE AL RAGAZZO DI ROMPERE I RAPPORTI PER VIA DEL MATRIMONIO COMBINATO DI SAMAN CON UN CUGINO DI DIECI ANNI PIÙ VECCHIO - L'INGANNO CHE LA MADRE DI SAMAN HA TESO ALLA FIGLIA...
Filippo Fiorini per “la Stampa”
Saquib risponde al telefono e quando capisce che si parla di Saman, sente tornare la paura. Le parole gli diventano mugugni, forse perché nel 2020 Shabbar Abbas, padre della diciottenne uccisa la notte del 30 aprile 2021 a Novellara, andò personalmente a casa dei suoi genitori in Pakistan accompagnato da altri uomini. Sparò in aria e intimò loro di ordinare al ragazzo di rompere i rapporti che lui e Saman intrattenevano in Italia, disobbedendo al matrimonio combinato con un cugino di dieci anni più vecchio, che lei non amava.
Se gli si legge la frase «noi siamo morti in quel momento», che Nazia Shaheen, madre di Saman, ha scritto in chat con il figlio minore, in riferimento all'attimo in cui lei e il marito Shabbar l'hanno consegnata con l'inganno nelle mani dei cugini e dello zio affinché l'uccidessero, dice: «Ci aveva fatto credere di approvare la nostra relazione», poi riattacca. Lui si è rifatto una vita, si è sposato, ma la sua famiglia è ancora in Pakistan, così come anche Shabbar e Nazia, latitanti dall'indomani del delitto e mai dichiaratisi colpevoli.
Nelle carte che preparano il processo per l'omicidio di una giovane che si era ribellata a un'autorità famigliare guidata dai dettami dell'Islam più intransigente (esercitata da padre e zio, con la complicità di ciascuno degli altri membri del nucleo), la frase che Saquib ha detto al telefono compare in forma più estesa: «Devi dire a Saman di tornare a casa, così che tutti insieme possiamo andare in Pakistan per il vostro matrimonio», gli disse Nazia.
Nelle stesse carte, c'è anche il messaggio whatsapp in cui la donna scrive al figlio oggi affidato a una comunità protetta, che lei e il marito sarebbero spiritualmente morti nell'attimo del delitto. Dai documenti, emerge come entrambi (madre e figlio), in combutta col resto dei parenti, si siano adoperati per mesi allo scopo di riportare Saman nei canoni del loro stile di vita: donne in casa e uomini al lavoro, saltuariamente, ubriachi molesti (il riferimento, dalle carte, è al padre Shabbar).
Per farlo, Nazia e il ragazzo tuttora minorenne hanno ripetutamente fatto ricorso alla persuasione a alle menzogne, mentre gli altri (Shabbar Abbas, Ikram Ijaz, Noumanoulhaq, Noumanoulhaq, considerati complici, e Danish Hasnain, esecutore materiale) usavano anche le minacce: prima priva di una scheda sim e poi priva di un cellulare, Saman chiedeva l'hotspot dati e il telefono al fratellino, che di nascosto faceva da ponte con i restanti membri del clan per mostrare quello che loro consideravano uno scandalo.
Per esempio, la foto di una sera trascorsa con due passi in centro a Bologna e un bacio per strada. Per questo, Saquib, interrogato, disse ai Carabinieri di Reggio Emilia di non fidarsi del fratello minore della fidanzata e riferì che Saman gli aveva detto di non fidarsi di sua madre Nazia.
Gli ultimi tranelli che la donna ha teso alla figlia, precedono di poco la notte in cui la mandò a morire. Tornata a Novellara il 20 aprile per recuperare il proprio permesso di soggiorno (sequestratole dal padre), Saman lesse un messaggio sul cellulare della madre in cui un'utenza salvata come «Zio Mamu», le diceva: «L'unica soluzione è ucciderla». Messa davanti al fatto, Nazia tentò inutilmente di tranquillizzarla dicendole che si parlava di un'altra ragazza.
In tutti gli 11 giorni trascorsi presso l'azienda agricola in cui gli Abbas vivevano, Saman è stata ripresa dalle telecamere di sicurezza vestendo sempre abiti tradizionali. Tutti, tranne l'ultimo, in cui aveva un giubbotto di pelle e un paio di jeans. Il motivo è che, dopo l'ennesima lite, i genitori le avevano fatto credere di potersene andare definitivamente. Si offrirono anche di accompagnarla in stazione, invece la portarono tra le serre dove zio e cugini l'attendevano per immobilizzarla e strangolarla.
il fidanzato di saman abbas a dritto e rovescio 2
Scoppiata a piangere e rientrata a casa prima dell'esecuzione, Nazia non ha mai espresso esplicitamente pentimento e non lo fece nemmeno nella chat col figlio: «Pensa a tutte le cose, pensa ai messaggi che ci facevi ascoltare e poi chiediti se i tuoi genitori hanno sbagliato», gli scrive quando lui protesta per l'intervento di altri due parenti nel decidere la morte di Saman e promette di «fargliela pagare». Questo adolescente sarebbe poi fuggito con zio e cugini e, da quando è stato catturato, è il principale teste dell'accusa. -
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