GIRAMENTO DI PALE - IL RE DELL’EOLICO, VITO NICASTRI, CONDANNATO A NOVE ANNI DI RECLUSIONE PER CONCORSO ESTERNO IN ASSOCIAZIONE MAFIOSA - L’IMPRENDITORE, CONSIDERATO SOCIO OCCULTO DI FRANCESCO PAOLO ARATA, EX CONSULENTE PER L'AMBIENTE DI SALVINI, AVREBBE FINANZIATO LA LATITANZA DI MESSINA DENARO - L’INDAGINE SU ARMANDO SIRI E L’IPOTESI CORRUZIONE
Valentina Errante per “il Messaggero”
Nove anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Si chiude così il processo con rito abbreviato all'imprenditore trapanese Vito Nicastri, re dell'eolico e socio occulto, almeno secondo la procura di Palermo, di Francesco Paolo Arata, ex consulente per l'ambiente di Matteo Salvini e finito sul registro degli indagati in due inchieste parallele, una nel capoluogo siciliano e una a Roma.
Per l'accusa, Nicastri, campione di investimenti nelle energie rinnovabili, sarebbe stato tra i finanziatori della latitanza di Matteo Messina Denaro. Il procuratore aggiunto Paolo Guido e i pm Gianluca De Leo, Giacomo Brandini gli contestavano i rapporti con il clan vicino al boss latitante dal 1993. Per Nicastri è la prima condanna per mafia.
Anche se nel 2013 aveva subito una confisca di beni di un milione e trecento mila euro. È partendo dalle indagini sull'imprenditore che i pm sono arrivati a ipotizzare la corruzione per l'ex sottosegretario leghista Armando Siri: un'indagine trasmessa per competenza ai colleghi romani.
Mentre un altro processo, a carico dello stesso Nicastri e di Arata, comincerà a Palermo il 18 dicembre, le ipotesi sono corruzione, intestazione fittizia di beni e riciclaggio. Nicastri, che dopo l'arresto ha cominciato a collaborare con i pm, ha scelto il rito abbreviato, mentre Paolo Arata, figlio di Francesco, anche lui imputato procederà con abbreviato, processo ordinario, invece, per Arata senior. Ai magistrati l'ex elettricista di Trapani ha svelato alcuni episodi di corruzione, ma ha continuato a negare i suoi rapporti con i clan. Mentre il fascicolo a Roma, che vede indagati Siri e Arata per corruzione, è ancora aperto.
L'INCHIESTA ROMANA
Dalle indagini a carico di Nicastri, ai domiciliari dallo scorso anno, erano emersi i rapporti con Arata, ex parlamentare di Forza Italia e diventato consulente della lega per le energie rinnovabili. E dalle intercettazioni era saltato fuori il nome di Armando Siri e la promessa di una tangente di 30mila euro.
Nel corso dell'incidente probatorio, poi, Nicastri ha confermato davanti ai pm romani di avere saputo che Arata intendeva pagare la somma al sottosegretario leghista per fare inserire nella manovra, ma anche in altre leggi, un emendamento che favorisse le piccole imprese che investivano nelle energie rinnovabili, ossia quelle di Arata, il cui socio occulto era proprio Nicastri.
L'indagine, coordinata dalla Dda di Palermo, ha svelato un giro di mazzette alla Regione siciliana finalizzate ad agevolazioni nelle pratiche relative agli investimenti nelle energie rinnovabili. È l'inchiesta che ha portato alle dimissioni di Siri, dopo le forti pressioni del presidente del consiglio Giuseppe Conte e le lunghe resistenze di Matteo Salvini, segretario del Carroccio e all'epoca ministro degli Interni.
IL PROCESSO
Nel processo per concorso esterno in associazione mafiosa, celebrato ieri, parallelamente alla vicenda della corruzione, erano imputati anche il fratello di Nicastri, Roberto, condannato a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa, Leone Melchiorre, condannato a 9 anni e 4 mesi per associazione mafiosa, Girolamo Scandariato, che ha avuto sei anni e otto mesi per favoreggiamento ed estorsione. Assolti Giuseppe Belletti, accusato di associazione mafiosa, e i fratelli Tommaso, Virgilio e Antonio Asaro, che rispondevano di favoreggiamento. È stato il pentito Lorenzo Cimarosa, cugino di Matteo Messina Denaro, a svelare i rapporti tra l'imprenditore dell'eolico e il cugino, al quale Nicastri avrebbe indirettamente recapitato «una borsa piena di soldi».