
RESTIAMO UMANI, ALMENO AL MUSEO - LIA DI TRAPANI (EDITOR DI LATERZA) RACCONTA A STEFANO FELTRI IL SUO DISAGIO DI FRONTE ALL’AUTOMATIZZAZIONE DEL MUSEO NAZIONALE ROMANO DI PALAZZO MASSIMO, DOVE SONO SPARITE COMPLETAMENTE LE PERSONE: “MI CHIEDO SE NON SIA OTTUSO NON PORCI DOMANDE SUL VALORE CHE HA LA PRESENZA DEGLI ALTRI ESSERI UMANI NELLE NOSTRE VITE QUOTIDIANE. PROPRIO IN UN MUSEO HO SENTITO PIÙ FORTE LO SMARRIMENTO, PERCHÉ COLLEGO LA CULTURA ALL’UMANITÀ. PERALTRO HO PAGATO SOLO 8 EURO. SAREI STATA PIÙ CONTENTA DI PAGARE 12 EURO E SCAMBIARE DUE PAROLE CON IL VECCHIO CASSIERE…”
Lettera di Lia Di Trapani pubblicata da “Appunti”, la newsletter di Stefano Feltri (https://appunti.substack.com/)
Ci stiamo tristemente abituando a fare a meno delle persone. Da anni se ne parla, gli esempi della sostituzione delle macchine all’uomo sono ormai numerosissimi e fanno parte della nostra vita quotidiana, ma ciascuno ha il proprio vero momento di consapevolezza.
Il mio è stato sabato mattina al Museo Nazionale Romano (MNR).
Un passo indietro. Qualche giorno fa una delle mie più care amiche, che vive a Milano, mi ha detto che avrebbe avuto un impegno a Rieti e che sarebbe passata da Roma per prendere il treno di ritorno il sabato mattina. E che sarebbe stato bello ritagliarci qualche ora insieme.
Le ho proposto di farci un regalo e di approfittare del fatto che a pochi passi da Termini c’è uno dei luoghi che io amo di più al mondo, il Museo Nazionale Romano appunto.
Lo avrò visitato non meno di dieci volte.
Alla fine non è nemmeno tantissimo tenuto conto che vivo in questa città da 25 anni, ma rimane il museo a cui ho dedicato più tempo in assoluto nella mia vita. E la ragione è una sola: la statua di bronzo del pugile a riposo, esposta in una delle gallerie del piano terra.
Il museo - giustamente notissimo, certo non sto rivelando dei segreti - ospita molte altre meraviglie in realtà, dalle stanze di Livia ai raffinatissimi mosaici ai resti del primo calendario mai documentato… ma per me il MNR è il pugile a riposo.
pugile in riposo museo nazionale romano di palazzo massimo
Non sono un’esperta di antichità romane, né di storia dell’arte o di archeologia. Non sono in grado dunque di dar conto dell’importanza ‘oggettiva’ dell’opera (la mia amica di Milano, che si chiama Laura e che invece è una studiosa del mondo antico, mi ha poi spiegato che le statue di bronzo sono sempre dei reperti eccezionali perché buona parte del bronzo è stato fuso nei secoli per realizzare altro).
Ma appunto io non ne so quasi niente, salvo che ogni volta ammirare quella statua è per me un’esperienza toccante.
Quella figura possente, forte, dai muscoli vigorosi e ritratta però in una postura di abbandono e di sconfitta tocca delle corde profonde che non ho mai decifrato fino in fondo.
Sempre sono attratta dalle figure marginali, dagli sconfitti della storia, dalle vite di scarto. I potenti, i ricchi, i vincenti mi annoiano a morte nella vita e nell’immaginario. Le figure eroiche e monumentali non fanno per me.
Ma poi vai a sapere perché un dipinto, una melodia, una poesia ci riguardano così tanto. Poco importa.
Sabato mattina, dicevo, sono tornata a far visita al “mio” pugile, e mi sono resa conto che mancavo da qualche anno. Due? Tre? Non ricordo con precisione. Deve essere stato un tempo accelerato e violento, perché tutto è cambiato.
All’ingresso abbiamo trovato le postazioni delle biglietterie abbandonate. Non ci sono più esseri umani, ma delle casse automatiche, e non ci sono alternative per l’acquisto dei biglietti.
Mi sono ricordata che l’ultima volta ero venuta al museo da sola e uno degli impiegati della cassa mi aveva convinto ad acquistare una specie di abbonamento annuale.
Era stato spiritoso, avevamo scherzato sul fatto che la vita a Roma può essere un inferno, almeno ogni tanto poter ammirare le pareti che ammirava la moglie di un Imperatore era una forma di risarcimento.
Non mi sembrava particolarmente anziano, chissà che fine ha fatto.
pugile in riposo museo nazionale romano di palazzo massimo
Sono abituata, come tutti, alle casse automatiche: in stazione, nei parcheggi… chissà perché sabato al Museo prendere atto della sostituzione mi ha fatto un effetto diverso.
La mia amica Laura aveva con sé una valigia, e avevamo pensato di lasciarla al guardaroba. Ma il guardaroba è ormai completamente incustodito, abbandonato dagli esseri umani.
Le due signore che controllavano i biglietti - uniche presenze vive nell’edificio, o almeno del piano terra - ci hanno detto che avremmo lasciato il bagaglio a nostro rischio e pericolo e che no, non potevano farci la cortesia di controllarlo perché erano da sole e ogni tanto dovevano spostarsi a controllare le sale.
IMPERO ROMANO SECONDO L INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Ne’ d’altra parte potevano consentirci di entrare con la valigia. Sono state gentili, sembravano in imbarazzo.
Alla fine abbiamo affidato il trolley al bar in cui eravamo state poco prima promettendo di tornare anche per il pranzo e siamo riuscite ad entrare.
Anche all’interno delle sale, personale zero. Invece dei custodi, a mettere in allerta se ci si avvicina troppo ai capolavori esposti ci sono dei sensori. Per cui la visita è disturbata continuamente dai suoni dell’allarme che invita ad allontanarsi.
Il Pugile era sempre lì, pensoso e rassegnato. Bellissimo. Ho detto a Laura che mi ricorda moltissimo una persona per me speciale che lei conosce, e chissà, forse lo amo anche per questo motivo. Abbiamo riso. Abbiamo letto le scritte sui pannelli, ci siamo infastidite per i continui beep beep di quella e delle altre sale.
museo nazionale romano di palazzo massimo
Abbiamo gironzolato per un’oretta - entrambe avevamo già dedicato visite serie e approfondite al museo per cui ci sentivamo libere di scegliere dove fermarci e che cosa ignorare - e poi siamo uscite.
Ma io mi sono portata dietro un senso di sgomento. Quel luogo così bello, che sempre mi aveva fatto sentire parte di un filo solido e che lega la mia vita minuscola a quella di chi abitava questa città duemila anni fa, ridotto alla desolazione delle casse automatiche e dei rilevatori automatici.
Mai come l’altro giorno ho sentito la tristezza infinita del futuro che ci aspetta, se non ci chiediamo quale è il mondo che vogliamo.
L’automazione del noi
libri intelligenza artificiale. 6
So bene che l’automazione abbatte i costi, che l’Intelligenza artificiale riduce i tempi e moltiplica le performance.
Nella casa editrice per cui lavoro abbiamo pubblicato molti libri sullo sviluppo tecnologico e sulle conseguenze per le professioni e per l’occupazione. Insomma, non credo di essere un’ingenua totale, e non sono soprattutto una passatista.
Ma mi chiedo se non sia ottuso e folle non porci delle domande sul valore che ha la presenza degli altri esseri umani nelle nostre vite quotidiane. Anche nelle situazioni di interazioni minime. In un supermercato, in una stazione, in un museo.
museo nazionale romano di palazzo massimo.
E devo confessarlo. Proprio in un museo ieri ho sentito più forte lo smarrimento, perché evidentemente collego la cultura all’umanità, alla dimensione del ‘noi’, dello scambio. Forse mi ha intristito prendere atto che ammirare dei beni artistici può essere considerato solo un’altra occasione di consumo, in cui l’unica logica è quella di minimizzare i costi e reggere al mercato.
Peraltro ieri ho pagato solo 8 euro, praticamente quanto viene chiesto per uno spritz in qualunque bar anonimo. Mi sono chiesta se non sarei stata più contenta di pagare 12 euro e scambiare due parole con il vecchio cassiere.
IMPERO ROMANO SECONDO L INTELLIGENZA ARTIFICIALE
E mi sono chiesta se questo gioco al ribasso non sia pericolosissimo. Perché pagare poco spesso implica accontentarsi di servizi scadenti e legati a pessime retribuzioni.
Mi sono anche ricordata di una conversazione con una bravissima traduttrice, Silvia Pareschi, che in un libro realizzato insieme dedica un capitolo alla traduzione con l’IA. Mi ha raccontato che aveva avuto una discussione con un brillante imprenditore che realizza software per la traduzione automatica.
Lui le aveva detto che avrebbe avuto un sacco di tempo libero, grazie all’automazione. Lei allora gli ha risposto che non saprebbe cosa farsene del tempo libero, perché per lei la felicità è riempire il tempo traducendo.
pugile in riposo museo nazionale romano di palazzo massimo 2
Ecco, credo che dovremmo ricominciare a parlare di felicità, di piacere, del mondo come lo vorremmo, non solo di riduzione di costi e di potenzialità tecnologiche. Questi ultimi sono aspetti essenziali, necessari. Ma non possiamo limitarci a questo orizzonte.
C’è altro, di essenziale e necessario e riguarda il nostro modo di stare al mondo.
Del resto, se l’umanità avesse badato solo ai conti e alla produttività, alla fine non avrebbe avuto senso nemmeno realizzare un’opera d’arte in sé inutile come Il pugile a riposo. E la mia vita sarebbe stata peggiore.
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museo nazionale romano di palazzo massimo
palazzo massimo
museo nazionale romano di palazzo massimo.