bergoglio ratzinger gaensewein

È FINITA L’EPOCA DEI “DUE PAPI” - IL RIDIMENSIONAMENTO DI MONSIGNOR GEORG GÄNSWEIN TOGLIE IL VELO ALLA TENSIONE LATENTE TRA BERGOGLIO E RATZINGER - PRIMA GLI APPUNTI DI BENEDETTO XVI SULLA PEDOFILIA, NELLA PRIMAVERA DEL 2019, FONTE DI IMBARAZZO PER LA CERCHIA PAPALE; POI IL PASTICCIO DEL LIBRO SUL CELIBATO DEI PRETI SCRITTO DAL CARDINALE CONSERVATORE AFRICANO ROBERT SARAH - MA ORA…

Massimo Franco per il “Corriere della Sera”

 

papa francesco bergoglio e monsignor gaenswein

Sui teleschermi continua la saga ormai un po' stucchevole dei «due Papi». Ma sembra una pellicola di colpo ingiallita. La realtà vaticana dimostra una fantasia e una capacità di sorprendere superiori alla finzione cinematografica. Nella realtà, la coabitazione miracolosa e armoniosa tra Francesco e Benedetto XVI si è incrinata per sempre. L'ha interrotta bruscamente il «congedo» informale deciso il 5 febbraio scorso da Francesco nei confronti del prefetto della Casa pontificia, monsignor Georg Gänswein. La ridefinizione del suo ruolo solo come «segretario privato del Papa emerito», e la distanza fisica impostagli dal Papa dopo telefonate che si raccontano tempestose, rappresentano uno spartiacque nel pontificato.

 

BERGOGLIO RATZINGER

«Bisognava chiarire l'equivoco una volta per tutte», spiegano a Casa Santa Marta, l'albergo dove Francesco abita dentro il Vaticano. Anche se si ammette che a crearlo è stato, senza volerlo, lo stesso Jorge Mario Bergoglio, che col Papa emerito si è sempre comportato in modo tale da accreditare una sorta di larvata parità di rango. Ma nell'ultimo anno la situazione ha preso una piega diversa e imprevista.

 

Prima gli Appunti di Benedetto XVI sulla pedofilia, nella primavera del 2019, con l'eco enorme che hanno ottenuto, si sono rivelati una fonte di imbarazzo per la cerchia papale. È stato notato con disappunto quanto l'analisi del pontefice emerito pesasse ancora; e come fosse utilizzata strumentalmente dagli avversari di Bergoglio.

 

BERGOGLIO RATZINGER

Poi, pochi giorni fa, è emerso il pasticcio del libro sul celibato dei preti scritto dal cardinale conservatore africano Robert Sarah; e presentato furbescamente come un' opera a quattro mani con Ratzinger. Di nuovo, è stata evocata una contraddizione dottrinale tra i «due Papi», che ha irritato un Francesco accusato di essere per l'abolizione del celibato: sebbene i suoi consiglieri assicurino che non è così, come si capirà dalle sue conclusioni sul sinodo sull' Amazzonia. Ma l' episodio, con la gestione maldestra dell' iniziativa editoriale, ha fatto saltare equilibri già delicati.

 

papa francesco bergoglio e monsignor gaenswein

Monsignor Gänswein ha finito per essere additato come la persona che non avrebbe fatto abbastanza per evitare il pericolo di strumentalizzazioni; e che avrebbe esagerato la «supplenza» di Benedetto rispetto alle presunte debolezze di Francesco. Velenosamente, da Casa Santa Marta hanno cominciato a bollarlo come «il terzo Papa», «servitore di due pontefici».

 

Si è consumata così la rottura dell'anello di congiunzione tra predecessore e successore: un anello che per i primi sei anni ha legato Francesco e Benedetto XVI in un gioco delle parti condiviso, per quanto avvolto da un inevitabile alone di ambiguità. Le polemiche sul libro del cardinale Sarah sono state dunque l'occasione per regolare i conti tra i pretoriani dei «due Papi»; e per esautorare il prefetto della Casa pontificia. Ma c' è qualcosa di più, sebbene poco notato.

bergoglio ratzinger

 

La vicenda è stata colta al volo per ricalibrare e ridefinire i confini tra Papa e Papa emerito; e restituire il pieno possesso anche simbolico del pontificato a Francesco; insomma, per dare un colpo definitivo alla narrativa sui «due Papi». La domanda è perché sia stato fatto adesso, nel 2020, e non prima. In fondo, appena eletto era stato Bergoglio a chiedere una partecipazione attiva di Benedetto alla costruzione del nuovo papato; a incoraggiarlo a intervenire.

BERGOGLIO RATZINGER

 

Ma analizzato in prospettiva, quell'invito sembra appartenere a un'altra era geologica. Nel 2013 rifletteva un pontificato in luna di miele con l'opinione pubblica e lo stesso Vaticano: un Francesco così forte e sicuro di sé da non temere l' ombra del predecessore. Sei anni dopo, invece, il siluramento di Gänswein è il prodotto di un Francesco più debole e più insicuro; preoccupato dalle critiche montanti; blindato dai suoi consiglieri e indotto a riaffermare un' autorità e un primato rispetto a un Benedetto infragilito, e influente quasi suo malgrado. Ha colpito la nettezza di un uomo prudente come il segretario di Stato vaticano, Piero Parolin.

 

Sull' onda del «congedo» del prefetto della Casa pontificia, il cardinale Parolin ha scandito: «Il Papa è uno solo perché il Papa è colui che ha l' autorità. Chi non ha più questa autorità non è più Papa. Questo è molto chiaro». Ribadirlo ora sembra un messaggio a quanti, tra gli oppositori di Bergoglio, alimentano l' idea di una sorta di «doppio papato».

Con una doppia fedeltà e, al fondo, il trauma mai superato della rinuncia ratzingeriana, la prima dopo settecento anni. D' altronde, Francesco non ha mai preteso che uno scritto di Benedetto fosse sottoposto alla sua autorizzazione; semmai è stato quest' ultimo a sottoporglielo.

benedetto xvi ratzinger e georg gaenswein 3

 

Lo stesso abito bianco mantenuto da Ratzinger rimane il segno persistente di uno status perduto eppure, ambiguamente, conservato. Che prima o poi ci potesse essere un cortocircuito, in assenza di norme che regolino i rapporti tra Francesco e il predecessore, era un' eventualità temuta. Rimane da capire come sarà rielaborata la convivenza tra due personaggi percepiti ormai quasi come inscindibili. In modo imprevisto, Benedetto ha accompagnato tutto il pontificato del primo papa argentino. Per paradosso, Bergoglio dovrà assumere un' identità doppia: la propria e quella di Ratzinger. E non sarà una sfida facile, nella fase più difficile e convulsa del suo pontificato.

BERGOGLIO RATZINGERbenedetto xvi ratzinger e georg gaenswein 2

Ultimi Dagoreport

meloni giorgetti fazzolari caltagirone nagel donnet orcel castagna

DAGOREPORT - A 53 GIORNI DAL RINNOVO DELLA GOVERNANCE DI GENERALI, A CHE PUNTO È IL RISIKO BANCARIO? NEL SUO SOGNO DI CONQUISTARE IL LEONE DI TRIESTE, EVITANDO PERO' IL LANCIO DI UNA COSTOSISSIMA OPA, PARE CHE NELLA TESTA DI CALTA FRULLI UN PIANO IN DUE TEMPI: INTANTO CONQUISTARE LA MAGGIORANZA NEL CDA DELLA COMPAGNIA, DOPODICHÉ PAPPARSI MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI (SEMPRE CHE NON ARRIVI A PIAZZETTA CUCCIA UN CAVALIERE BIANCO) – ALL’OFFENSIVA DI CALTA, L’ASSO NELLA MANICA DI DONNET SI CHIAMA UNICREDIT. ORCEL AVREBBE PERSO L’ENTUSIASMO PER BPM E SAREBBE BEN FELICE DI PORTARSI A CASA BANCA GENERALI - TANTO PER SURRISCALDARE IL CLIMA GIÀ TOSSICO È ARRIVATA IERI “LA STAMPA” CHE LANCIAVA ‘’L’IPOTESI DEL CONCERTO CALTAGIRONE-MILLERI” (SMENTITA)…

luca richeldi papa francesco bergoglio sergio alfieri

DAGOREPORT - I MEDICI DEL GEMELLI CHE CURANO IL PAPA (SERGIO ALFIERI E LUCA RICHELDI) SONO STATI CHIARI CON FRANCESCO: SE E QUANDO VERRÀ DIMESSO, BERGOGLIO DOVRÀ DIMENTICARE LA VITA MOVIMENTATA CHE HA CONDOTTO FINORA, E DARSI UNA REGOLATA. IL FISICO DEL PONTEFICE 88ENNE È MOLTO PROVATO E NON POTRÀ REGGERE AD ALTRI VIAGGI, OMELIE AL GELO E MARATONE DI INCONTRI CON I FEDELI – IL FUMANTINO CAPO DELLA CHIESA CATTOLICA ACCETTERÀ LA “CAMICIA DI FORZA” DI UNA CONVALESCENZA "PROTETTA" A SANTA MARTA?

angela merkel friedrich merz

DAGOREPORT – IL MURO DI BERLINO NON E' MAI CADUTO: MERZ E MERKEL SONO LE DUE FACCE DI UN PAESE CHE NON HA SANATO LE STORICHE DISEGUAGLIANZA TRA IL RICCO OVEST E IL POVERO EST – FIGLIOCCIO DI SCHAUBLE LUI, COCCA DI KOHL LEI, MERZ E MERKEL SI SFIDARONO NEL 2000 PER LA LEADERSHIP DELLA CDU. MA LA DEFLAGRAZIONE DEI LORO RAPPORTI SI È AVUTA CON LA POLITICA MIGRATORIA DI ANGELONA, FALLIMENTARE AGLI OCCHI DI MERZ (CHE RITENEVA NECESSARIO INTEGRARE I TEDESCHI DELL’EST, PRIMA DI ACCOGLIERE SIRIANI E TURCHI) - SE LA MERKEL L’AVESSE ASCOLTATO, OGGI L’AFD NON SAREBBE AL 20%...

beppe sala elly schlein

DAGOREPORT - TE LO DO IO IL CENTROTAVOLA! - L'IDEONA DI ELLY SCHLEIN PER NEUTRALIZZARE CHI SOGNA LA NASCITA DI UN PARTITO CENTRISTA ALLEATO DEL PD: CREARE LISTE CIVICHE PER LE REGIONALI E, SE FUNZIONANO, RIPROPORLE IN CHIAVE NAZIONALE ALLE ELEZIONI POLITICHE DEL 2027 COL NOME DI "ALLEANZA PER L'ITALIA" - LEADER DEL PROGETTO DOVREBBE ESSERE BEPPE SALA, CHE PERÒ HA PERSO SMALTO (LE INCHIESTE SULL’URBANISTICA MILANESE) - L'ISOLAMENTO DI SCHLEIN NEL PD SUL PIANO DI RIARMO DI URSULA E LA SUA MANCANZA SI CARISMA: I SUOI GIORNI AL NAZARENO SONO CONTATI...

elon musk trump zelensky jd vance

DAGOREPORT – LE SPARATE DI ELON MUSK SONO SOLO UN MODO PER ATTIRARE L’ATTENZIONE E RISPONDERE AL PRESENZIALISMO DI JD VANCE, CHE MR. TESLA CONSIDERA UN “BURINO” – IL MILIARDARIO KETAMINICO HA PRESO MALISSIMO LA VISIBILITÀ OTTENUTA DAL VICEPRESIDENTE USA GRAZIE ALL’IMBOSCATA TESA A ZELENSKY. TRUMP CONOSCE BENE L’EGO-MANIA DEL SUO “DOGE”: PER QUESTO HA CHIESTO AL CONGRESSO UNA STANDING OVATION PUBBLICA PER MUSK (E QUELLO, TUTTO TRONFIO, SI È ALZATO COMPIACIUTO MOSTRANDO IL POLLICE)…

matteo salvini donald trump ursula von der leyen giorgia meloni ue unione europea

DAGOREPORT – IL VERTICE TRA GIORGIA MELONI E I SUOI VICEPREMIER È SERVITO ALLA PREMIER PER INCHIODARE IL TRUMPIAN-PUTINIANO SALVINI: GLI HA INTIMATO DI NON INIZIARE UNA GUERRIGLIA DI CRITICHE DAL MOMENTO IN CUI SARÀ UFFICIALE L’OK ITALIANO AL RIARMO UE (DOMANI AL CONSIGLIO EUROPEO ARRIVERÀ UN SÌ AL PROGETTO DI URSULA VON DER LEYEN), ACCUSANDOLO DI INCOERENZA – LA DUCETTA VIVE CON DISAGIO ANCHE LE MOSSE DI MARINE LE PEN, CHE SI STA DANDO UNA POSTURA “ISTITUZIONALE” CHE METTE IN IMBARAZZO LA PREMIER