QUANDO NON C’E’ OPPOSIZIONE, LA GUERRA AL GOVERNO LA FA LA MAGISTRATURA E SALVINI, NONOSTANTE IL GRANDE CONSENSO, RISCHIA DI INCIAMPARE IN UN BEL SILURO GIUDIZIARIO - UN DOSSIER DEPOSITATO IN PROCURA, SUL QUALE LAVORA LA FINANZA E CHE PROVIENE DALLE MEMORIE DIFENSIVE DI BOSSI E BELSITO, SOSTIENE CHE MARONI E SALVINI PRESERO IN CARICO NEL LORO RUOLO DI SEGRETARI ALMENO UNA PARTE DEI SOLDI AI QUALI SI DA’ LA CACCIA - IL CONSIGLIO DI BELPIETRO
1 - VOGLIONO CHIUDERE LA LEGA
Maurizio Belpietro per “la Verità”
La Cassazione rivuole indietro 50 milioni dalla Lega. Per la precisione, i soldi reclamati dalla suprema corte sono 49 milioni, frutto del finanziamento pubblico ottenuto fra il 2008 e il 2010. E i giudici hanno dato ordine di sequestrare tutto ciò che trovano sui conti correnti intestati al partito di Salvini. Fin qui la notizia di ieri, che però ha un inizio nell' aprile di sei anni fa, quando su segnalazione dei magistrati di Napoli e Reggio Calabria, i pm di Milano misero sotto inchiesta il cassiere del Carroccio.
lega ladrona bossi belsito foto e baraldi
Francesco Belsito dopo aver cominciato la carriera come autista e buttafuori di discoteche non si sa come ad un certo punto si ritrovò tra le mani il tesoro della Lega, ma invece di usarlo per finanziare l' attività politica del partito di Bossi, lo impiegò per giocare al grande finanziere, investendolo in Africa e comprando diamanti. Una parte non secondaria del gruzzolo fu sperperata anche in spese personali, un certo numero delle quali per lo stesso Senatur e la sua famiglia.
Quando il bubbone esplose sulle pagine dei giornali, Belsito fece in fretta le valigie, seguito a ruota da Bossi e l'inchiesta fu smembrata fra più procure, tante quante le città in cui sarebbero stati commessi i reati. E così si arriva a Genova da cui Belsito era partito per la sua scalata al potere e ai soldi, e qui i pm contestato al cassiere e a Bossi non solo l'uso illecito dei fondi, ma anche la truffa ai danni dello Stato, perché avrebbero presentato al Parlamento resoconti irregolari al fine di ottenere più soldi.
Seguono i processi, in cui a Milano Bossi, il figlio Renzo e Belsito vengono condannati per appropriazione indebita dei soldi del partito, mentre nel capoluogo ligure arriva il conto della truffa, con richiesta di restituzione di 49 milioni.
LUIGI LUSI IN SENATO IL GIORNO DEL VOTO SUL SUO ARRESTO jpeg
Ovviamente abbiamo sintetizzato in poche righe una vicenda piuttosto complessa, ma anche raccontandola in breve si capisce che in questa faccenda la Lega, come partito, è vittima, perché Belsito e Bossi, se colpevoli (le sentenze non sono al momento definitive), si sono appropriati di soldi che erano destinati all'attività politica della Lega e che invece sono finiti sperperati in auto e ristrutturazioni edilizie.
E se sono state commesse irregolarità nella richiesta dei rimborsi elettorali è fuor di dubbio che il partito aveva comunque diritto a ricevere il finanziamento pubblico in base ai voti conseguiti e alle spese sostenute. Tuttavia, i magistrati non sembrano pensarla allo stesso modo, perché anche se Belsito, Bossi e compagni hanno gestito i soldi come fossero loro e non del partito, Bossi era il legale rappresentante della Lega, in quanto segretario federale, e dunque è il Carroccio che deve farsi carico della condanna e, soprattutto, del risarcimento. Sull'argomento c'erano state pronunce diverse, da parte dei pm e del tribunale del riesame, ma ora la faccenda è finita in Cassazione e i giudici della suprema corte sul sequestro hanno messo la parola fine.
Per lo meno dal punto di vista giudiziario, perché da quello politico il caso è tutt' altro che chiuso. In primo luogo perché non sempre la Cassazione sembra averla pensata così in fatto di soldi ai partiti. Ricordate il caso Lusi? Nel 2012 si scoprì che il tesoriere della Margherita si era fregato qualche milione, comprandosi case di lusso e investendo all' estero. Il senatore vicino a Rutelli fu arrestato e processato e la magistratura gli sequestrò i conti oltre che le ville.
Una volta messo al riparo il patrimonio ed evitato che fosse nascosto si aprì una discussione per stabilire a chi dovessero andare quei soldi, se alla Margherita, cioè al partito cui i quattrini erano destinati, o all'Erario. Alla fine intervenne la Suprema corte, che con una sentenza stabilì che i fondi dovessero essere restituiti al partito, riconoscendo il danno subito dalla Margherita per le sottrazioni indebite compiute dall'ex tesoriere.
Nel caso odierno la Corte sembrerebbe contraddirsi, ritenendo la Lega colpevole in quanto partito beneficiario dei finanziamenti pubblici, mentre la Margherita venne considerata vittima in quanto partito destinatario dei fondi sottratti. Le polemiche tuttavia non arriveranno solo da questioni giuridiche e dai precedenti, ma anche dal fatto che a fronte di tanti soldi fatti sparire dai partiti (basti ricordare come si è eclissato il patrimonio della Dc e che fine abbiano fatto i debiti dell'Unità), la sola chiamata a pagare è la Lega, per la quale il sequestro rappresenterà una mazzata, se non finale certamente dura.
Nel momento del suo massimo splendore (i sondaggi lo giudicano il primo partito d' Italia), la Lega di Salvini sarà ridotta sul lastrico, senza soldi ma con tanti debiti e per questo inseguita da ufficiali giudiziari in ogni angolo d' Italia e probabilmente d'Europa. Non so come finirà, non credo molto alla favola del tesoro nascosto all' estero, in qualche paradiso fiscale tipo Lussemburgo, ma immagino una battaglia legale senza fine.
Per questo, nei panni del capo del Carroccio abbandonerei la Lega al suo destino evitando che a deciderlo siano i giudici. Salvini se vuole può fondare un altro partito. Del resto, di quello che era un tempo il movimento di Bossi resta poco o nulla. Non le ampolle del dio Po, non la Padania, non il Nord e nemmeno il Sole delle Alpi. Dunque, il passo è breve. Ed è anche il solo modo per chiudere i conti con il passato, lasciando che il buco - se c' è - lo paghi chi l' ha fatto.
2 - UNA CARTA ACCUSA SALVINI E MARONI
Alberto Custodero e Marco Preve per “la Repubblica”
FLAVIO TOSI MATTEO SALVINI ROBERTO MARONI jpeg
Nel 2014 la Lega dell'allora neo segretario Matteo Salvini incassò parte di quei 49 milioni di rimborsi elettorali ai quali ora la procura di Genova sta dando la caccia perché oggetto di una truffa. Secondo la sentenza del tribunale che in primo grado ha condannato Umberto Bossi e il tesoriere Francesco Belsito, sono soldi che devono tornare nelle casse dello Stato.
Il leader leghista ha sempre preso le distanze da quei denari sostenendo ogni volta, senza fornire spiegazioni dettagliate, che lui non ne sa nulla se non che « sono stati spesi in dieci anni». Repubblica è venuta in possesso di un documento con delle date che contraddicono la tesi del ministro.
È un dossier depositato in procura sul quale sta lavorando la finanza, proviene dalle memorie difensive di Bossi e Belsito e sostiene che Maroni e Salvini presero in carico nel loro ruolo di segretari almeno una parte dei soldi ai quali danno la caccia, anche all' estero, i finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Genova. Sono i "mastrini" ovvero i prospetti delle operazioni di dare e avere del conto ufficiale del Carroccio. In particolare contengono le annotazioni dei rimborsi ottenuti dalla Lega che chiariscono come Maroni e Salvini incassarono quote dei rimborsi dell' epoca di Bossi.
Nel dettaglio: il 31 luglio e il 27 ottobre del 2014, il segretario Salvini incamera i rimborsi per le elezioni regionali del 2010 per oltre 800 mila euro. Il documento indica Salvini, non ancora segretario ( lo diventerà il 7 dicembre di quell' anno), come referente di rimborsi incassati anche nel luglio del 2013 per le elezioni della Camera.
maroni al congresso della lega
Complessivamente sono 851.601,64 euro. Certo non sono i 12 milioni e 946 mila euro finiti nelle casse della Lega (sempre per rimborsi rientranti nel periodo della truffa compiuta da Bossi e Belsito) quando il segretario era Roberto Maroni, ma secondo la procura sono comunque sufficienti per sostenere che l'attuale segretario della Lega incassò e amministrò una fetta di denaro che la Finanza sta cercando di ritrovare. Online La versione integrale dell' articolo sul documento che coinvolge Salvini e Maroni nel caso dei fondi sotto inchiesta è sul nostro sito.