santino di matteo

“LE RIUNIONI PER L’ATTENTATO A FALCONE SI FACEVANO A CASA MIA” – PARLA SANTINO DI MATTEO, PRIMO PENTITO A SVELARE I SEGRETI DELLA STRAGE DI CAPACI: PER VENDETTA I MAFIOSI SCIOLSERO NELL’ACIDO IL FIGLIO GIUSEPPE – “SONO STATO L'ULTIMO A VEDERE ANTONINO GIOÈ (UNO DEGLI AUTORI). SOSPETTAVO PARLASSE CON I MAGISTRATI. QUANDO SI IMPICCÒ LASCIÒ UNA LETTERA IN CUI C'ERA SCRITTO: 'SE VOLETE SCOPRIRE LA VERITÀ ANDATE A CHIEDERE A DI MATTEO'. AVEVO UN GRANDE LOGORIO DENTRO, FINO A QUANDO HO DETTO..."

Salvo Palazzolo per “la Repubblica”

 

santino di matteo 2

«Un giorno, mi dissero: "Prendi la tua auto e vai in autostrada che dobbiamo fare delle prove". E iniziai a girare attorno allo svincolo di Capaci, ma non sapevo ancora chi fosse l'obiettivo». Santino Di Matteo è il primo pentito che ha svelato i segreti della strage Falcone, un anno e mezzo dopo l'attentato: «Per quelle parole ho pagato un prezzo altissimo - sussurra -. Hanno rapito mio figlio Giuseppe, l'hanno ucciso. Ma ha vinto comunque lui, i mafiosi sono stati sommersi dagli ergastoli».

strage capaci

Trent' anni dopo quel cratere sull'autostrada, che segnò la storia del Paese, l'ex mafioso di Altofonte avverte: «Cosa nostra si riorganizza, lo Stato non deve abbassare la guardia. Mi preoccupa che Matteo Messina Denaro sia ancora latitante».

 

Quando seppe che quei giri in autostrada erano le prove generali dell'attentato al giudice Falcone?

«Qualcuno me lo disse poco dopo. Si fidavano, le prime riunioni le avevano fatte a casa mia, in campagna, ad inizio di maggio. Poi, non mi cercarono più. Il pomeriggio del 23 maggio, ero in piazza ad Altofonte, venne Gioacchino La Barbera dopo l'attentato e mi disse: "Vieni a casa di Gioè". Lì trovai Giovanni Brusca, mi spiegò cos' era successo».

giovanni falcone

 

Da cosa nasceva la fiducia dei vertici mafiosi nei suoi confronti?

«Sono cresciuto in quel mondo. Mio padre faceva la raccolta del latte e da ragazzino andavo con lui a Corleone, alla fine degli anni Cinquanta: così ho conosciuto Luciano Liggio. E anche Salvatore Riina, all'epoca era ancora giovane e non era certo un capo, come poi diventò. Fra i mafiosi più autorevoli di Corleone, c'era invece il latitante Giuseppe Ruffino, un killer spietato. Riina diceva di lui: "Persone come queste non ne nasceranno mai più"».

 

giuseppe di matteo 5

Quando decise di rompere con quel mondo e di iniziare a collaborare con la giustizia?

«Sono stato l'ultimo a vedere in vita Antonino Gioè, uno dei principali autori della strage di Capaci. Quel giorno del luglio 1993, nel carcere romano di Rebibbia, mi sorpresero i suoi discorsi: diceva che faceva tanti colloqui con i familiari, che in cella mangiava tutto quello che voleva. Intanto, però, era trasandato, aveva la barba lunga. "Ma che stai combinando?", gli chiesi. Avevo il sospetto che stesse iniziando a parlare con i magistrati. Quella notte, all'improvviso, mi trasferirono all'Asinara. Seppi che Gioè si era impiccato, evidentemente schiacciato dalla sua scelta di parlare. Lasciò una lettera in cui c'era scritto: "Se volete scoprire la verità andate a chiedere a Di Matteo"».

antonino gioe'

 

Cosa le chiesero?

«Facevano tante domande, io avevo un grande logorio dentro. Sapevo che avevano ragione, ma resistevo. Fino a quando un giorno ho detto: "Vi do una mano". E da quel momento non ho più smesso di riempire verbali. Mi hanno portato in elicottero a Roma e ho incontrato il procuratore di Palermo Caselli. Dopo di me, tanti altri mafiosi hanno parlato. A cominciare da La Barbera, che aveva vissuto in prima persona quel 23 maggio».

 

La mafia delle stragi è stata smantellata, ma resta latitante Messina Denaro. Perché secondo lei?

giovanni brusca

«Bisogna fare molta attenzione, i mafiosi che vengono scarcerati provano sempre a riorganizzare Cosa nostra. E Messina Denaro, ricercato dal giugno 1993, continua a essere un punto di riferimento. Sono convinto che si nasconda in Sicilia, dove gode ancora di tante protezioni e complicità, vecchie e nuove. Probabilmente, avrà messo avanti persone sconosciute, mentre lui se ne sta riservato, magari vive all'interno di una famiglia fidata che si prende cura di lui».

giovanni falcone

 

Trent' anni dopo le stragi, cosa non sappiamo ancora?

«Ci sono mafiosi che hanno patrimoni immensi mai sequestrati. I Madonia, per esempio: negli anni Ottanta incassavano un miliardo di euro al mese dal racket del pizzo nel centro di Palermo. Non è stato mai trovato neanche il tesoro di Bernardo Provenzano. E, poi, c'è il tesoro dei cosiddetti scappati della guerra di mafia, gli Inzerillo: dopo la morte di Riina, sono tornati dagli Stati Uniti e hanno tanta voglia di riprendersi Palermo».

 

 

Intanto, fiumi di droga sono tornati a scorrere in città. Cosa determinerà negli equilibri interni dei clan?

giuseppe di matteo 1

«Come negli anni Settanta, le famiglie stanno conducendo insieme grandi affari. Ma il rischio è che vada a finire come allora, quando qualcuno provò a fare il furbo, rubando una partita di droga. E così cominciarono a sparare. Bisogna fare davvero molta attenzione. Ai mafiosi che ancora si ostinano a portare avanti disegni di morte, vorrei rivolgere un appello».

 

Cosa vorrebbe dire loro?

«Questa strada vi porterà alla rovina, non l'avete ancora capito?»

 

santino di matteo 1

 Chi è oggi Santino Di Matteo?

«Nel 1997 lo Stato mi ha espulso dal programma di protezione, avevo la colpa di essere tornato in Sicilia a cercare mio figlio. Ma quante vite ho salvato con le mie dichiarazioni?

Oggi vivo lontano dalla mia terra, aiuto un giovane sacerdote che si occupa di tossicodipendenti e immigrati. Intanto, continuo ad andare a deporre nei processi, fino alla settimana scorsa mi hanno chiamato. Non mi sono mai tirato indietro, nonostante la morte di mio figlio. Contro la mafia c'è una sola strada: andare avanti. Molto si è fatto, ma ancora tanto resta da fare: se lo Stato abbassa la guardia quelli torneranno forti».

giuseppe di matteo 3giovanni falcone paolo borsellinoluciano liggio 3luciano liggio 2giuseppe di matteo 4luciano liggio 1giuseppe di matteo 2

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA ALL’ASSEMBLEA GENERALI HA DECISO IL VOTO DI UNICREDIT A FAVORE DELLA LISTA CALTAGIRONE? LE MANGANELLATE ROMANE RICEVUTE PER L’OPS SU BPM, L’HANNO PIEGATO AL POTERE DEI PALAZZI ROMANI? NOOO, PIU' PROBABILE CHE SIA ANDATA COSÌ: UNA VOLTA CHE ERA SICURA ANCHE SENZA UNICREDIT, LA VITTORIA DELLA LISTA MEDIOBANCA, ORCEL HA PENSATO BENE CHE ERA DA IDIOTA SPRECARE IL SUO “PACCHETTO”: MEJO GIRARLO ALLA LISTA DI CALTARICCONE E OTTENERE IN CAMBIO UN PROFICUO BONUS PER UNA FUTURA PARTNERSHIP IN GENERALI - UNA VOLTA ESPUGNATA MEDIOBANCA COL SUO 13% DI GENERALI, GIUNTI A TRIESTE L’82ENNE IMPRENDITORE COL SUO "COMPARE" MILLERI AL GUINZAGLIO, DOVE ANDRANNO SENZA UN PARTNER FINANZIARIO-BANCARIO, BEN STIMATO DAI FONDI INTERNAZIONALI? SU, AL DI FUORI DEL RACCORDO ANULARE, CHI LO CONOSCE ‘STO CALTAGIRONE? – UN VASTO PROGRAMMA QUELLO DI ORCEL CHE DOMANI DOVRA' FARE I CONTI CON I PIANI DELLA PRIMA BANCA D'ITALIA, INTESA-SANPAOLO…

donald trump ursula von der leyen giorgia meloni

DAGOREPORT - UN FACCIA A FACCIA INFORMALE TRA URSULA VON DER LEYEN E DONALD TRUMP, AI FUNERALI DI PAPA FRANCESCO, AFFONDEREBBE IL SUPER SUMMIT SOGNATO DA GIORGIA MELONI - LA PREMIER IMMAGINAVA DI TRONEGGIARE COME MATRONA ROMANA, TRA MAGGIO E GIUGNO, AL TAVOLO DEI NEGOZIATI USA-UE CELEBRATA DAI MEDIA DI TUTTO IL MONDO. SE COSÌ NON FOSSE, IL SUO RUOLO INTERNAZIONALE DI “GRANDE TESSITRICE” FINIREBBE NEL CASSETTO, SVELANDO IL NULLA COSMICO DIETRO AL VIAGGIO ALLA CASA BIANCA DELLA SCORSA SETTIMANA (L'UNICO "RISULTATO" È STATA LA PROMESSA DI TRUMP DI UN VERTICE CON URSULA, SENZA DATA) - MACRON-MERZ-TUSK-SANCHEZ NON VOGLIONO ASSOLUTAMENTE LA MELONI NEL RUOLO DI MEDIATRICE, PERCHÉ NON CONSIDERANO ASSOLUTAMENTE EQUIDISTANTE "LA FANTASTICA LEADER CHE HA ASSALTATO L'EUROPA" (COPY TRUMP)...

pasquale striano dossier top secret

FLASH – COM’È STRANO IL CASO STRIANO: È AVVOLTO DA UNA GRANDE PAURA COLLETTIVA. C’È IL TIMORE, NEI PALAZZI E NELLE PROCURE, CHE IL TENENTE DELLA GUARDIA DI FINANZA, AL CENTRO DEL CASO DOSSIER ALLA DIREZIONE NAZIONALE ANTIMAFIA (MAI SOSPESO E ANCORA IN SERVIZIO), POSSA INIZIARE A “CANTARE” – LA PAURA SERPEGGIA E SEMBRA AVER "CONGELATO" LA PROCURA DI ROMA DIRETTA DA FRANCESCO LO VOI, IL COPASIR E PERSINO LE STESSE FIAMME GIALLE. L’UNICA COSA CERTA È CHE FINCHÉ STRIANO TACE, C’È SPERANZA…