"LA FABBRICA GESTITA IN MANIERA CRIMINALE" - LA SENTENZA DI PRIMO GRADO SULL'INQUINAMENTO DELL'EX ILVA A TARANTO E' UNA LEGNATA PER TUTTI GLI INDAGATI: AI RIVA 22 E 20 ANNI PER DISASTRO AMBIENTALE, TRE ANNI E MEZZO A NICHI VENDOLA - UNA SERIE DI DECRETI HANNO CONSENTITO ALL'EX ILVA DI CONTINUARE A PRODURRE. MENTRE LE PERIZIE EPIDEMIOLOGICHE PARLAVANO DI 90 MORTI L'ANNO, ELEVATA PRESENZA DI TUMORI PEDIATRICI CON UNA "FORTE ASSOCIAZIONE TRA INQUINAMENTO DELL' ARIA ED EVENTI SANITARI" - CONFISCATI GLI IMPIANTI
Valeria D' Autilia per "la Stampa"
Un «abbraccio mortale che ha stritolato la città». Anche con la complicità della politica. A Taranto, dal 1995 al 2013, fu disastro ambientale. A 9 anni dal sequestro degli impianti più inquinanti e 5 dall' inizio del maxi processo, c' è la sentenza di primo grado di «Ambiente Svenduto». Condanne per la famiglia Riva, i vertici dello stabilimento e le istituzioni dell'epoca. E poi la confisca - con facoltà d' uso in attesa della Cassazione - dell' area a caldo. Quell' insieme di parchi minerali, cokerie, altiforni su cui dovrà esprimersi anche il Consiglio di Stato per una possibile chiusura.
La sentenza scrive una nuova pagina nella storia della fabbrica, «gestita in maniera criminale» quando era nelle mani degli industriali lombardi. I fratelli Fabio e Nicola Riva hanno appreso a Milano la notizia dei 22 e 20 anni di carcere. All' esterno dell' aula, una manifestazione di cittadini e associazioni. Applausi e striscioni: «Giustizia è fatta». In 300 udienze, ricostruiti anche i rapporti tra siderurgico e politica. Figura chiave Girolamo Archinà- responsabile relazioni esterne del gruppo- condannato a 21 anni e 6 mesi.
E poi «la pesantissima intercessione in favore dell'Ilva da parte di Nichi Vendola per vantaggio politico»: 3 anni e mezzo per l'ex presidente della Puglia accusato di pressioni su Assennato, ex direttore dell' Agenzia per l' ambiente (per lui 2 anni), affinché attenuasse le sue posizioni verso l' azienda. E poi 3 anni per l' ex presidente della Provincia Florido e il suo assessore Conserva per aver avallato la richiesta di autorizzazione di una discarica di rifiuti pericolosi con notevole risparmio per il gruppo. Nelle carte anche una falsa perizia sull' inquinamento del consulente della procura Liberti (condanna a 15 anni).
«Questa sentenza è un macigno sulle azioni del Governo che ora deve avviare una vera transizione ecologica» commenta l'attuale sindaco Melucci. Il comune di Taranto è tra le circa mille parti civili. «Qui una strage per il profitto». Una serie di decreti hanno consentito a quella fabbrica di continuare a produrre. Mentre le perizie epidemiologiche parlavano di 90 morti l' anno, elevata presenza di tumori pediatrici con una «forte associazione tra inquinamento dell' aria ed eventi sanitari».
Infine, una «compromissione della salute degli operai». In quell' estate del 2012 scesero in strada cittadini e metalmeccanici contro il ricatto occupazionale. Per la difesa, «i Riva hanno costantemente investito ingenti capitali per migliorare gli impianti e produrre nel rispetto delle norme». In totale 4 miliardi e mezzo di euro. «Sono state adottate le migliori tecnologie. Non c' è mai stato dolo, limiti sempre rispettati».
Nata negli anni '60 a ridosso del quartiere Tamburi, l' acciaieria fu prima pubblica, poi privata nelle mani dei Riva. Durante le indagini, venne commissariata e affidata, nel 2018, ad ArcelorMittal.
Oggi dalla partnership tra Invitalia e il colosso franco-indiano, è nata Acciaierie d' Italia.
Due anni fa, la Corte europea per i diritti umani ha condannato l' Italia per «non aver protetto i cittadini» che vivono nelle aree delle emissioni tossiche. Intanto, nella vicenda irrisolta della più grande acciaieria d' Europa, sono partiti altri esposti contro il Governo e l' attuale gestore.
Nelle carte della magistratura tarantina, associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro e la morte di due operai: Claudio Marsella, schiacciato da una motrice e Francesco Zaccaria, precipitato da una gru. Ai fiduciari dell' acciaieria inflitti oltre 18 anni, altri 21 per l' ex direttore dello stabilimento Capogrosso. A 4 è stato condannato Buffo, ora direttore di Acciaierie d' Italia.
L' allevatore Vincenzo Fornaro, all' inizio di questa battaglia, ha perso tutto. Centinaia di capi di bestiame abbattuti nei terreni vicino al siderurgico. Pieni di diossina, entrata nella catena alimentare. Era il 2008. Dalla sua denuncia e dalle analisi di laboratorio su un campione di formaggio contaminato, prese il via l' inchiesta «Ambiente Svenduto». «Oggi si dice chiaramente che quello stabilimento inquina e uccide. Finalmente possiamo immaginare una città libera dai veleni».