vu cumpra

“SIAMO GRATI A MILANO. SIAMO DIVENTATI RICCHI” - VIAGGIO NEL MAROCCO DAL QUALE SONO PARTITI I PRIMI VU CUMPRÀ - IL RACCONTO DI HASSAN: “DOVEVAMO VENDERE, E SE VENDEVI TI ARRIVAVANO I PREMI. A MILANO C’ERANO DEI CAPI PER VERIFICARE CHE NESSUNO DI NOI INTASCASSE DI NASCOSTO DEI SOLDI. MA SE UNO AVEVA FAME, E INSISTEVA, TROVAVA LA SIGNORA CHE NON AVEVA BISOGNO DI UN TAPPETO MA CHE LO COMPRAVA LO STESSO…”

Estratto dell'articolo di Andrea Galli per www.corriere.it

 

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Ouled Youssef […] da qui, negli anni Ottanta, sono partiti i primi cosiddetti «vu cumprà» (termine che sul posto non piace affatto). Specie quelli dei tappeti.

 

Da via Bolla al café Duomo

Dopo un labirinto di sentieri nei campi assolati, il villaggio conta una via principale che ospita dei bar, compreso il «café Duomo» gestito da un cinquantenne che stava in via Bolla («Case popolari. Sempre regolare, mai abusivo»), e i negozi dei macellai. 

 

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[…] il 56enne Hassan è un imprenditore agricolo. Dunque, i tappeti. «Andavamo dal mare a Milano, e tutti vendevamo i tappeti». L’incipit, com’è ovvio, stava nella povertà. L’estrema povertà. Gli allora giovanissimi compaesani di Ouled Youssef rappresentavano la manovalanza degli ideatori del commercio: gli imprenditori della vicina città di Béni Mellal (siamo nel centro del Marocco), i quali individuarono nell’Italia un privilegiato approdo. Da Hassan come da altri, sentiamo unicamente parole di ringraziamento. «Dovevamo vendere, e se vendevi ti arrivavano i premi. A Milano c’erano dei capi per verificare che nessuno di noi intascasse di nascosto dei soldi... Ma se uno aveva fame, e insisteva, trovava la signora che non aveva bisogno di un tappeto ma che lo comprava lo stesso. E tu mangiavi e mettevi da parte i risparmi». 

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Gratitudine per Milano

Forse non sarà il caso di Hassan, che nel mentre, insieme ai tappeti, vendette sigarette e vestiti, e lavorò come muratore e verduraio, ma una volta rimpatriati, da Ouled Youssef molti marocchini, stufi delle campagne, si sono trasferiti a Casablanca, Marrakech o Fes divenendo commercianti. In ogni modo, se i marocchini ci misero del loro, tanto del loro — fu fatica vera, bastarda —, noialtri che li accogliemmo, alla lunga, abbiamo consentito la configurazione del seguente scenario, che ci viene ripetuto nel villaggio passo dopo passo: « Siamo grati a Milano. Siamo diventati ricchi. O almeno, ora stiamo bene».

 

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Le basi al Corvetto e nell'hinterland

Ancora Hassan: «Ho trascorso in Italia vent’anni. Mai spacciato. Non mi piace la droga». Precisazione doverosa: a Ouled Youssef vi sono dei negozianti che a una scontata domanda — «Che faceva a Milano?» —, rispondono sorridendo. Ovvero ad annunciare l’esistenza criminale. «Il giro del fumo» lo chiamano se sollecitati, con basi al Corvetto e nell’hinterland, ed epiloghi in galera. […]

 

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