UNA PERNACCHIA CHE FA ECO - IL SINDACO LEGHISTA DI ALESSANDRIA SI RIFIUTA DI INTITOLARE IL LICEO CITTADINO A UMBERTO ECO - MA A OPPORSI E’ STATA ANCHE LA MAGGIORANZA DEGLI STUDENTI E IL PRESIDE HA DOVUTO AMMETTERE: “DA NOI LA SUA FIGURA NON E’ COSÌ AMATA COME SI PUO’ PENSARE…” - GIANNI RIVERA: "IN DEMOCRAZIA E' LA MAGGIORANZA CHE DECIDE"
Giordano Tedoldi per “Libero quotidiano”
Il fatto che la città di Alessandria, nella persona del sindaco leghista, Gianfranco Cuttica di Revigliasco, faccia resistenza a intitolare il liceo classico Plana a Umberto Eco, alessandrino illustre nonché ex studente di quella scuola, induce ad alcune riflessioni.
La prima, ovvia, è che ad Alessandria Umberto Eco non è molto amato. Abbiamo notato sui social una certa agitazione contro «gli orribili leghisti», che «anche per questo non andrebbero votati», cioè, appunto, perché la giunta leghista all' unanimità ha bocciato la proposta del preside del Plana.
Ma a parte che ci sembra esagerato tacciare di orribile chi non ami il professor Eco, e su questo diremo qualcosa più sotto, c' è da dire che a opporsi alla proposta è stata anche la maggior parte degli ex alunni di quello stesso liceo classico. Ed è lo stesso preside a riconoscere che «ad Alessandria la sua figura non è così amata come si poteva pensare». Insomma, è la società civile della città piemontese che, in gran parte, non desidera cambiare il nome di quel liceo che da oltre cent' anni porta il nome del matematico e astronomo Giovanni Antonio Amedeo Plana.
A loro parere, risulta più onorevole dire: «ho studiato al Plana», anziché «ho studiato all' Eco». Quindi, tanta indignazione, tanto buttarla in politica, non ha ragion d' essere. In secondo luogo, agli sconcertati e agli indignati, facciamo notare un fenomeno ben noto: e cioè che, per esempio, a Genova, De André non è poi così amato: la nuova scena musicale di quella città, quella più giovane, lo detesta, tramortita dalle celebrazioni e dalla retorica; e che il beniamino dei napoletani non è certo Roberto Saviano, semmai l'argentino Maradona. E potremmo citare molti altri casi che confermano l' inevitabile frase evangelica: nessuno è profeta in patria. Tornando a Eco, poi, il professore ha presto costruito la sua carriera, e stabilito la sua vita, lontano dalla «patria».
È una vecchia storia, il provinciale che se ne scappa dall' angusto borgo natio - non che Alessandria sia un borgo, ma bisogna pur riferire le misure alle ambizioni del personaggio - per salire in cattedra alla gloriosa Università di Bologna. E se qualcuno, sbagliando, credesse che Eco fosse nato a Bologna e non ad Alessandria, lo potremmo capire, tanto è legato il nome del professore alla città felsinea, ai corsi di semiotica al Dams, a un certo clima culturale di cui oggi, per inciso, resta ben poco: sparuti seguaci, incapaci di trarre la semiotica fuori dalle secche in cui esanime giace.
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Ma, ribadita l' ovvietà, del resto da nessuno messa in discussione, che Umberto Eco avrebbe tutti i titoli per intestarsi il liceo di Alessandria in cui studiò, e che l' opposizione rientra nella solita dialettica di amore e odio tra un personaggio importante e la sua città nativa, col suo strascico di snobismi, sprezzature, invidie e compagnia bella, vorremmo dedicare un' ultima osservazione a una certa tendenza, manifestata dai rappresentanti migliori della nostra cultura, di creare degli intoccabili, e di gridare alla lesa maestà, ogni qual volta uno di questi intoccabili non venga riverito come la Chiesa riverisce il papa, che, secondo dogma, non sbaglia mai. In questi casi, curiosamente, il valore spesso decantato della laicità, va a farsi benedire.
Ed è proprio il caso di dirlo: perché su di Eco, raramente si sentono giudizi sfumati, ma o velenose denigrazioni, o incensamenti anche un poco nauseabondi. Ne consegue che un fatto in fin dei conti minore, come non intitolargli una scuola, diventa una specie di attentato alla nazione, e una manifestazione di «orribilità». Come mai tanto sovente la cultura laica ricada in queste ammirazioni cieche, in queste santificazioni, in questi esercizi di devozione, per personaggi che assurgono al livello di simboli rispetto ai quali si giudicano i buoni e i cattivi, i reprobi e i salvati, è un meccanismo del quale andrebbero indagate le cause.
Per citare altri casi recenti, abbiamo notato la santificazione di Stefano Rodotà e di Tullio De Mauro. Di costoro, come di Eco, è sospetto, e a dir poco controproducente, dire alcunché di meno che stupendo. Che fossero personaggi di grande, anche grandissimo valore nel loro campo, noi non lo mettiamo in dubbio, ma perché farne degli spauracchi, delle grottesche e cipigliose divinità laiche? Avrebbero apprezzato questa imbalsamazione da faraoni dell' antico regno?
La fortuna critica, la gloria postuma di Umberto Eco, scrittore, accademico, illustre semiologo, non può certo subire contraccolpi variando o meno il nome del suo ex liceo, può invece incrinarsi, crediamo, se si travisa la sua ironia, la sua eredità laica, con una memoria intransigente che somiglia pericolosamente a un culto.
2. GIANNI RIVERA
P.G. per la Repubblica
Umberto Eco è stato un grande, ma in democrazia decide chi ha la maggioranza. L' ex calciatore Gianni Rivera, alessandrino, regista del Milan e della Nazionale, commenta così la baruffa in città.
Rivera, come giudica questa polemica?
«Se la scelta spetta alla giunta, e se sindaco e assessori hanno deciso in quel modo, è un orientamento che nonsi può modificare. È normale, in democrazia sceglie la maggioranza».
Ha conosciuto Eco?
«In alcune occasioni in cui eravamo premiati. Abbiamo trascorso un pomeriggio insieme per questa ragione qualche anno fa».
Quale rapporto mantengono con la città gli alessandrini come lei ed Eco, diventati famosi lontano dal luogo di origine?
«Quando si raggiungono certi livelli è inevitabile allontanarsi dalla provincia. Ma io ho sempre mantenuto un rapporto speciale con la mia città».
Lei ha studiato al Plana?
«No. Io ho frequentato l' istituto commerciale. Poi ho cominciato a giocare. E allora ho studiato regia... calcistica».
( p. g.)
gianni rivera con la moglie laura foto andrea arriga