big speranza scappucci

TACCHI E BACCHETTA - SPERANZA SCAPPUCCI E’ LA PRIMA DONNA ITALIANA SUL PODIO DELL’OPERA DI VIENNA: “LE DONNE DIRETTRICI SONO SEMPRE DI PIÙ. IN AMERICA NON È PIÙ UNA NOTIZIA. METTO SCARPE BASSE QUANDO SONO IN BUCA CON L’OPERA MA VADO A RICEVERE GLI APPLAUSI COL TACCO”

Valerio Cappelli per il "Corriere della Sera"

 

SPERANZA SCAPPUCCISPERANZA SCAPPUCCI

Emozionata, intimidita...? «Beh, è un grande onore». Speranza Scappucci, 42 anni, sarà la prima donna italiana sul podio dell' Opera di Vienna, la quarta in assoluto dopo Simone Young (nel '93), Keri-Lynn Wilson (2000) e Julia Jones (2001). Romana, vive tra Vienna e New York, ha idee chiare, è determinata e giustamente ambiziosa: «Studio musica da quando avevo 4 anni».

 

SPERANZA SCAPPUCCI 4SPERANZA SCAPPUCCI 4

Il 3 novembre dirigerà alla tedesca, cioé senza prove con l' orchestra, Cenerentola di Rossini. Sono i leggendari Wiener, ma per le complicate vicende della musica, per poter dire che hai debuttato con loro (anche se i musicisti sono gli stessi) ci deve essere anche un concerto sinfonico. Però il prestigio del debutto c' è tutto: «Vienna è uno dei fari dell' opera mondiale. Mi hanno già invitata per altri tre titoli, La Traviata , Don Pasquale , La Bohème».

 

Verrà un giorno in cui una donna che dirige non sarà più un evento ma un fatto normale?

«È la mia speranza, e chiamo in causa il mio nome. Le donne direttrici (è la parola più giusta, anche se si usa direttore anche per noi) sono sempre di più. Nell' ambiente e in America non è più una notizia: lo è per l' opinione pubblica europea».

SPERANZA SCAPPUCCI 3SPERANZA SCAPPUCCI 3

 

Forse la percezione cambierà quando avremo una grande direttrice...

«Simone Young è stata per dieci anni al comando dell' Opera di Amburgo, che non è un teatrino, è una grande musicista. A Birmingham, l' Orchestra che lanciò Rattle, hanno appena nominato la 29enne lituana Grazinyte-Tyla. I tempi stanno cambiando.

Certo siamo ancora poche, è una professione che è sempre stata affidata agli uomini. Infatti sono 15 anni che alla Staatsoper non dirige una donna».

 

Quando sale sul podio si sente donna o è «una persona»?

OPERA VIENNAOPERA VIENNA

«Non mi sento virile, mi sento me stessa: una musicista che ha una visione musicale.

L' astronauta Samantha Cristoforetti non si sente uomo perché fa un mestiere da uomini.

Dirigere è sempre stato associato a un' idea di comando, e per tanti anni lo hanno avuto gli uomini: dirigere per me non è comandare, ma convincere. Non è solo muovere il braccio. Mi pongo con umiltà, cerco di arrivare alle prove preparatissima. Come modelli, non per copiarli ma per mettersi a confronto, ho Toscanini e Kleiber. Si deve avere il carisma del leader».

 

Lei faceva il maestro collaboratore...

«Preparavo al pianoforte i cantanti per Muti, Mehta, Levine, Gatti, Ozawa. Quasi tutti, quando cinque anni fa ho intrapreso la via del podio, mi hanno incoraggiata; sembrano essere fieri di me, però vivi in un mondo in cui ognuno fa la propria strada».

SIMONE YOUNGSIMONE YOUNG

 

Col vecchio lavoro stava cominciando a lavorare all' Opera di Zurigo...

«Sì, incarico stabile, coordinatore dei pianisti per cinque anni, buon stipendio fisso.

Stavo cercando casa. Ma è arrivata la proposta del primo debutto e sono stati molto generosi, non solo hanno strappato il contratto, ma mi hanno invitata a dirigere. Era arrivato il momento non solo di assistere grandi direttori: era importante che dicessi la mia».

KERI LYNN WILSONKERI LYNN WILSON

 

La prossima tappa dopo Vienna?

«Roma. Il 18 gennaio mi aspetta Così fan tutte , nuova produzione con la regia di Graham Vick. Dal punto di vista personale sarà il giorno più emozionante. A Vienna sarà una giornata storica per me, Roma è la mia città, lì vidi la mia prima opera. La Scala? Chi non sogna di arrivarci».

 

Vita da nomade. Metter su famiglia?

«Simone Young ci riuscì. Ognuno di noi ha un percorso, una strada, un destino».

 

Si dirige in piedi. E i tacchi?

«Metto scarpe basse. Quando sono in buca con l' Opera e vado a ricevere gli applausi, indosso scarpe col tacco. Un piccolo vezzo, non per attirare l' attenzione. A Santa Fé per 11 recite mi ero portata 8 paia di scarpe. Ecco, sul palco mi sento veramente donna».

JULIA JONESJULIA JONES

 

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