DAGOREPORT - FRANCESCHINI, IL SOLITO “GIUDA” TRADITORE! SENTENDOSI MESSO DA PARTE DALLA SUA “CREATURA” ELLY SCHLEIN, ECCO CHE REAGISCE E LE DÀ LA ZAMPATA CON L’INTERVISTA A “REPUBBLICA”: “ALLE ELEZIONI SI VA DIVISI, E CI SI ACCORDA SOLO SUL TERZO DEI SEGGI CHE SI ASSEGNA CON I COLLEGI UNINOMINALI”. PAROLE CHE HANNO FATTO SALTARE DALLA POLTRONA ARCOBALENO LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA, CHE VEDE SFUMARE IL SUO SOGNO DI ESSERE LA CANDIDATA PREMIER. COME INSEGNA L’ACCORDO DI MAIO-SALVINI, NON SEMPRE IL LEADER DEL PARTITO PIÙ VOTATO DIVENTA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO – LA “GABBIA” IN CUI LA SCHLEIN SI È RINCHIUSA CON I SUOI FEDELISSIMI È INSOPPORTABILE PER I VECCHI VOLPONI CATTO-DEM. IL MESSAGGIO DAI CONVEGNI DI ORVIETO E MILANO: ELLY PENSA SOLO AI DIRITTI LGBT, NON PUÒ FARE DA SINTESI ALLE VARIE ANIME DEL CENTROSINISTRA (DA RENZI E CALENDA A BONELLI E FRATOIANNI, PASSANDO PER CONTE). E LA MELONI GODE...
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DARIO FRANCESCHINI - ELLY SCHLEIN
Elly Schlein s’è montata la testa. Nata politicamente come creatura nelle mani di Dario Franceschini, la segretaria dem, con tre passaporti e una fidanzata, ha reciso i fili del suo burattinaio, e pensava di poter spiccare il volo. Chiusa nel suo bunker con una manciata di fedelissimi, la leader multigender non ascolta i consigli dei “saggi” dem, e non dialoga con le correnti.
Un atteggiamento che non può che infastidire i vecchi volponi del Partito, abituati a fare politica con il compromesso, discutere, mediare, trovare una soluzione. E infatti, ciò che è emerso dai due convegni congiunti dei catto-dem, a Milano e Orvieto, è proprio la volontà di non restare chiusi nella gabbia in cui si è chiusa Elly.
La sintesi brutale degli incontri è stata: non possiamo andare al voto con Schlein candidata premier: la sua “piattaforma” è troppo ristretta, non si capisce mai cosa vuole dire e le sue priorità sono soltanto i diritti civili, gay, lesbiche e bandiere arcobaleno. Non può rappresentare la sintesi delle anime del centrosinistra
Schlein non ha preso bene le discussioni del doppio appuntamento della settimana scorsa by Gentiloni-Ruffini, ma ha reagito ancora peggio quando ha letto l’intervista rilasciata venerdì da Franceschini a “Repubblica”. È stata una reazione scomposta del solito “Giuda” Dario: sentendosi messo da parte dalla sua “creatura”, ha dato la zampata e ha tradito Elly, come fece con Enrico Letta nel 2014, aprendo le porte del Nazareno (e di Palazzo Chigi) a Matteo Renzi. E così, zac! Ecco l’unghiata di “Su-Dario”: “Alle elezioni si va divisi, e ci si accorda solo sul terzo dei seggi che si assegna con i collegi uninominali”.
DARIO FRANCESCHINI INTERVISTATO SU REPUBBLICA
Certo, la fa semplice, ma una tale idea è kryptonite per Elly. Andare divisi significa infatti, per l’idola del gay pride, dire addio ai suoi sogni di premierato. La tapina, nonostante in molti le abbiano fatto capire che non ha il carisma per aspirare alla leadership, pensa ancora di essere l’anti-Meloni.
Un mancato accordo tra le moltissime e variegate anime del centrosinistra (da Renzi e Calenda a Bonelli e Fratoianni passando per Peppiniello Conte) farebbe slittare a dopo le elezioni la scelta del candidato premier. Certo, in teoria rimane la legge del “chi prende più voti è il capo”, ma come dimostra proprio l’esperienza Conte, poi è tutta da dimostrare.
Nel 2018, infatti, Di Maio e Salvini non erano alleati alle elezioni. Poi trovarono un accordo “dopo”: entrambi erano candidati premier, con Luigino forte del 32% del M5s e in teoria presidente del Consiglio in pectore, ma alla fine toccò pescare dal cilindro l’impomatato avvocato del popolo Conte.
Insomma, Elly è delegittimata dai cattolici del suo partito, e il suo ex burattinaio
Franceschini smania per farsi vedere e propone una “mozione” che potrebbe diventare la pietra tombale delle ambizioni della segretaria.
Uno scenario horror per il Pd e in generale per il centrosinistra, che resta appeso ai desideri del radical-chicchismo di Schlein e del suo inner circle. A proposito, l’unica voce dem che si è alzata per commentare le parole di Franceschini è stata quella di Marco Furfaro, che tra non detti e supercazzole, ha avuto l’unico merito di confermare l’abilità che gli ha fatto meritare il soprannome di “Fuffaro”.
L’unica a godere delle chiacchere e dello psicodramma interno al Pd è Giorgia Meloni. La Ducetta non poteva sperare in un’opposizione migliore per governare senza pensieri.
Come ha fatto notare ieri, sulla “Stampa”, Marcello Sorgi, l’idea franceschiniana di dividere il centrosinistra avrà come effetto solo quello di rafforzare la destra: “Franceschini […] non considera il fatto che gli elettori si troverebbero a scegliere tra un’alleanza, il centrodestra, fondata su un patto che regge da più di trent’anni […] e su un’esperienza di governo fin qui considerata positivamente […].
alessandro zan elly schlein al pride
Mentre dall’altro lato ci sarebbe la famosa “accozzaglia” di partiti che non riescono a risolvere le divergenze, non sono in grado di esprimere un candidato/a per Palazzo Chigi e preferiscono correre ciascuno con il proprio leader. Con quale garanzia di risolvere dopo quel che si è rivelato insolubile prima, tolto il cosiddetto “cemento del potere”, […] non è dato sapere”
Morale della fava: con questi, la Ducetta governa altri 20 anni…
LA “MOZIONE” FRANCESCHINI È UN REGALO AL CENTRODESTRA – MARCELLO SORGI: “GLI ELETTORI SI TROVEREBBERO A SCEGLIERE TRA UN’ALLEANZA, IL CENTRODESTRA, FONDATA SU UN PATTO CHE REGGE DA PIÙ DI TRENT’ANNI. MENTRE DALL’ALTRO LATO CI SAREBBE LA FAMOSA “ACCOZZAGLIA” DI PARTITI CHE NON RIESCONO A ESPRIMERE UN CANDIDATO PER PALAZZO CHIGI E PREFERISCONO CORRERE CIASCUNO CON IL PROPRIO LEADER. CON QUALE GARANZIA DI RISOLVERE DOPO QUEL CHE SI È RIVELATO INSOLUBILE PRIMA, TOLTO IL COSIDDETTO “CEMENTO DEL POTERE”, NON È DATO SAPERE…” - IL DAGOREPORT
marco furfaro elly schlein foto di bacco
FURFARO “UNIAMO GLI ALLEATI SUI TEMI NON APRIREMO MAI A FORZA ITALIA”
Estratto dell’articolo di Gabriella Cerami per “la Repubblica”
Marco Furfaro, l’ex segretario dem Dario Franceschini sostiene che le opposizioni debbano andare al voto separate. Così verrebbe meno la linea «testardamente unitaria» di Elly Schlein. Lei, da componente della segreteria Pd, da che parte sta?
«Noi non intendiamo rinunciare a unire i potenziali alleati sui temi, sulla vita concreta delle persone. Sarà questo ad aiutarci ad avvicinare le posizioni oggi più distanti. Penso però che Franceschini ponga un tema reale, perché noi dobbiamo fare i conti con alleati che scontano dei problemi e dobbiamo essere creativi, non ricorrendo ai modelli del passato».
Si riferisce all’Ulivo che anche Franceschini ha detto che non tornerà?
«Ogni stagione ha il suo tempo e i suoi protagonisti. Noi adesso siamo all’epoca di Trump e di multinazionali che posseggono i dati di milioni di persone: è in discussione il concetto di democrazia. La Casa bianca ha esibito foto di migranti in catene, il fratello di Musk è entrato da cow boy a palazzo Chigi come fossimo una colonia. La nostra segretaria era ai cancelli del Petrolchimico di Marghera a sostenere i lavoratori dello stabilimento».
Di che cosa c’è bisogno?
«Abbiamo bisogno di unità ma anche di costruire una proposta politica all’altezza di sfide epocali. […]».
[…] er Franceschini se Berlusconi fosse vivo FI non sarebbe stata a lungo in un governo guidato da FdI e con una legge proporzionale sarebbe l’arbitro dei governi. Lei vede un possibile avvicinamento al partito di Antonio Tajani?
«Siamo in campi avversi, non apriremo mai a Forza Italia. […]».
Qualcosa si muove al centro, serve un nuovo partito?
«Noi guardiamo tutto ciò che si muove in politica e vuol portare un contributo. Non entro nel merito di ciò che succederà, so però che nel Paese c’è una cultura cattolico-sociale molto profonda, quella cultura per noi è un pezzo delle fondamenta del Partito democratico e ci appartiene già. Questo vale molto di più dei discorsi sul terzo mandato o sulle liste elettorali».