LE STATUE SI ABBATTONO O SI STUDIANO? - NEPPURE CRISTOFORO COLOMBO È STATO SOTTRATTO DALLA FURIA ICONOCLASTA NEGLI USA. A UNO STUDIOSO COME NICHOLAS MIRZOEFF, CHE INCITA AD ABBATTERE TUTTI I MONUMENTI, SI CONTRAPPONGONO LE VOCI DI CHI NON CREDE SIA GIUSTO DIMENTICARE QUANTO È ACCADUTO NEL PASSATO. E SE, PER UN IMPROVVISO CAMBIAMENTO POLITICO, LA FIGURA DI GARIBALDI DIVENTASSE IL SIMBOLO NEGATIVO DELLA CONQUISTA NORDISTA DEL SUD, SI DOVREBBERO CANCELLARE MIGLIAIA DI VIE?
Marco Belpoliti per “la Repubblica”
Il 21 febbraio 1948, pochi giorni prima del colpo di Stato che trasformerà la Repubblica ceca in uno Stato satellite di Mosca, il primo ministro Klement Gottwald s' affaccia da un balcone per parlare alla folla. Nevica e accanto a lui Vladimír Clementis si toglie il berretto e glielo mette sulla testa. Due anni dopo, Clementis cade in disgrazia ed è cancellato dalla foto, rimane invece il suo cappello su Gottwald.
cristoforo colombo decapitato a boston
Questo episodio, raccontato da Milan Kundera in Il libro del riso e dell'oblio, è solo uno dei tanti esempi di damnatio memoriae, per cui ogni cambiamento politico porta alla cancellazione del nome e soprattutto dell'immagine di chi è stato sconfitto, così come è avvenuto a Bagdad dopo la caduta di Saddam Hussein o negli stati dell'Est Europa in seguito alla fine del Muro di Berlino.
Alla periferia di Budapest c'è il Parco delle statue, dove sono stati portati i monumenti dopo la caduta del regime comunista. La damnatio memoriae, che va distinta dall'iconoclastia, la condanna teologica delle immagini che nel cristianesimo trova la più decisa espressione nella Bisanzio dell'VIII-IX secolo, ha origini antichissime.
cristoforo colombo decapitato a boston
Le più note nel passato sono quelle che riguardano gli imperatori romani, i cui nomi, una volta morti, come accadde a Commodo e a Nerone, furono scalpellati da steli e iscrizioni votive. Un abbattimento più recente è quello della Colonna Vendôme a Parigi, su cui si trovava la statua di Napoleone, distrutta durante la Comune il 16 maggio 1871 su iniziativa di Gustave Courbet, dal momento che, come scrisse il pittore, si trattava di un «monumento di barbarie, un simbolo di forza bruta e falsa gloria».
Nei giorni scorsi a Bristol è stata abbattuta e scaraventata in mare la statua di Edward Colston, noto benefattore della città, la cui ricchezza fu accumulata attraverso la tratta degli schiavi; così davanti al Museum of London è stata rimosso il monumento di Robert Milligan, mercante di schiavi.
Due anni fa negli Stati Uniti è esploso il dibattito sui monumenti alla Guerra civile, in particolare quelli dedicati ai generali confederati, Robert E. Lee e Stonewall Jackson, che guidarono quel conflitto per sostenere la legittimità della schiavitù dei neri. Non si tratta di statue erette negli anni compresi tra il 1890 e il 1930, ma costruite in periodi successivi, fino agli anni Settanta del Novecento.
Nell'agosto del 2017 è stata rimossa la statua di Lee a Charlottesville nell'Emancipation Park e le manifestazioni che opposero coloro che volevano la rimozione a chi invece era contrario hanno provocato un morto. Questo monumento fu realizzato nel 1924 dallo scultore bolognese Leo Lentelli e raffigura il generale sudista a cavallo come Marco Aurelio in Campidoglio, sovrano saggio e insieme condottiero nelle spietate guerre contro i Germani.
Anche a New York le vicende dei busti da rimuovere o abbattere hanno provocato varie reazioni. Il sindaco Bill de Blasio ha parlato di "simboli dell'odio" e ha fatto mappare tutte le statue della città. Neppure Cristoforo Colombo è stato sottratto, dal momento che ieri a Richmond in Virginia la sua effigie è stata abbattuta e a Boston decapitata. La furia iconoclasta si unisce alla damnatio memoriae. Il dibattito è aperto almeno negli Stati Uniti.
A uno studioso di visual studies come Nicholas Mirzoeff, che incita ad abbattere tutti i monumenti, si contrappongono le voci di chi non crede sia giusto dimenticare quanto è accaduto nel passato e ritiene che non sia con questi gesti che si risolvano problemi come il razzismo e la diseguaglianza. Sono parecchi gli studi pubblicati negli ultimi vent' anni che sostengono sia necessario capire perché questi monumenti siano stati creati e che cosa rappresentino per noi oggi.
Come ha notato lo studioso americano di antropologia Lawrence A. Kuznar, si tratta del tentativo di esorcizzare il potere che hanno per noi le immagini, mentre resta il problema del senso che noi diamo oggi a queste statue: le possiamo venerare o detestare, onorarle o ridicolizzarle. Dipende da noi. L'opera di cancellazione della storia è sempre un pericolo, dal momento che proprio la memoria del passato diventa la base su cui costruire il presente e un futuro diverso.
C'è anche chi ha scritto che il problema non è tanto se le statue vengono o meno giù, ma il dibattito che tutto questo suscita nelle coscienze del presente. Rinunceremmo alla Colonna Traiana, capolavoro dell'arte romana, per via delle stragi dei Daci, gli antenati dei romeni, per le scene di guerra e di distruzione, per i villaggi dati alle fiamme, per l'accumulo di armi e morti? Certo, da quei massacri ci separano oltre duemila anni, e tuttavia il problema etico resta.
La verità è che la diseguaglianza razziale è ancora oggi un problema rilevante, per questo le reazioni sono così forti. Proviamo a immaginare se, per un improvviso cambiamento politico, la figura di Giuseppe Garibaldi diventasse il simbolo negativo della conquista nordista del Sud, e non quella dell'eroe dell'Unità d'Italia. Si dovrebbero cancellare le dediche di migliaia e migliaia di vie e togliere dalle piazze italiane duecento statue.
La storia del passato si studia e s' insegna, mentre nel presente è solo la lotta politica che serve a cambiare lo stato delle cose. In quel giorno del 1871 la folla festante della Comune abbatté l'odiata immagine di Napoleone, ma poi fu Courbet a essere chiamato a pagare i danni. Per sua fortuna morì prima di pagare la prima rata.