TOH, IN STAZIONE FINALMENTE SE MAGNA BENE - BASTA CON I SOLITI PANINI UNTI E PIZZETTE CRUDE: IL MODELLO DI BUSINESS DI "MERCATO CENTRALE" HA STRAVOLTO I CANONI DEL CIBO DA STAZIONE FERROVIARIA - IL PRIMO AD APRIRE È STATO LO STORE DI FIRENZE, SEGUITO DA QUELLI A ROMA, TORINO E MILANO – MARINO NIOLA: "TRASFORMA LA GASTRONOMIA IN UN BIGLIETTO DA VISITA DELLO STIVALE. GLI STRANIERI SI METTONO IN FILA PER ASSAGGIARE LE NOSTRE TIPICITA'..."
Marion Niola per “il Venerdì di Repubblica”
Finalmente il made in Italy alimentare è arrivato in stazione. Ormai a Termini è possibile far colazione con uno splendido pasticciotto leccese con tanto di caffè in ghiaccio, grazie all'apertura di una gloria della pasticceria salentina come Martinucci. Si può bere un vero espresso napoletano al Caffè del Professore.
Assaggiare la focaccia con la mortadella di Gabriele Bonci, degustare la torta sette veli di Iginio Massari, deliziarsi con un carciofo alla giudìa di Alessandro Conti. Con la mozzarella di bufala di Roberto Battaglia. O con un ottimo panino al lampredotto fiorentino, un impeccabile vitel tonné piemontese, una fragrante cotoletta alla milanese.
A voltare pagina è stato il Mercato Centrale, nato da un'idea di Umberto Montano, insieme al gruppo Human Company, che a Firenze, Roma Termini, Torino, e adesso anche a Milano, ha trasformato il malinconico panino preso al volo tra un treno e l'altro in un vasto catalogo di occasioni gourmet.
Così l'offerta alimentare cui eravamo rassegnati, industriale, triste, impacchettata, surgelata, lascia il posto al grande artigianato di casa nostra. Questa innovazione ha quattro effetti positivi.
Primo, offre alimenti sani e gustosi a chi viaggia. Secondo, contribuisce alla diffusione e alla promozione delle tradizioni alimentari italiane. Terzo, salva posti di lavoro e ne crea di nuovi. Quarto, trasforma la gastronomia in un biglietto da visita dello Stivale.
Adesso capita sempre più spesso di vedere gli stranieri mettersi in fila per assaggiare le nostre tipicità e restare felici e contenti. È un'immagine incoraggiante. Che aiuta a capire quale straordinario potenziale economico e culturale abbia l'Italian food.
Che contribuisce a fare del Belpaese un inimitabile intreccio fra capolavori dell'arte e cattedrali del gusto. Dove Raffaello fa rima con culatello, Lorenzetti con spaghetti e Tiziano con parmigiano
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