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“QUELL'UOMO MI HA ROVINATO LA VITA” – LA STORIA DA BRIVIDI DI UNA 49ENNE DELLA PROVINCIA DI ANCONA PERSEGUITATA PER 33 ANNI DA UNO STALKER - DAGLI INSEGUIMENTI SI È PASSATI ALLA COLLA NELLA SERRATURA DELLA PORTA DI CASA FINO ALLE MINACCE DI SFREGIARLA CON L’ACIDO SUI SOCIAL: “SONO ARRIVATA A USCIRE CON IL CAPPELLO IN TESTA, GLI OCCHIALI DA SOLE E DUE MASCHERINE PENSANDO: COSÌ SE MI BUTTA L'ACIDO MI PROTEGGO UN PO'” – SOLO DOPO INNUMEREVOLI DENUNCE L’UOMO È FINITO IN CARCERE E…

Giusi Fasano per il "Corriere della Sera"

 

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«Non mi sembra vero. Cammino per strada senza guardarmi le spalle, di notte dormo e sono libera di muovermi senza aver paura. Sognavo questo momento da 33 anni e adesso che è arrivato quasi mi ci perdo in tutta questa libertà». Per quanto assurdo possa sembrare, Nadia ha l'impressione di inciampare nel suo nuovo orizzonte libero. Lo stalker che l'ha perseguitata per 33 anni è in carcere e non c'è più il rischio di incontrarlo a ogni angolo, di temere un'aggressione ogni santo giorno. «Quell'uomo mi ha cambiato la vita» racconta lei. «Ho vissuto il tempo della mia adolescenza e della mia giovinezza con la paura cucita addosso. Avevo 16 anni quando è cominciato tutto e adesso ne ho 49. Si rende conto di quel che ho passato?». Nadia è madre di una ragazzina di 13 anni e vive a Falconara Marittima (vicino Ancona). In realtà non si chiama così, ma di questa storia incredibile è importante tutto tranne il nome.

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Aveva 16 anni, appunto, quando nel giro dei suoi amici comparve quel tizio, sette anni più grande di lei. A quell'età è facile sognare e riempire le giornate di parole. I due diventarono buoni amici senza mai andare oltre, mai nemmeno un bacio. Solo che lui si fece un po' troppo invadente, pressante. Aveva scambiato la gentilezza di lei per disponibilità e quando Nadia capì decise di tagliare i ponti. Dal giorno dopo è cambiato tutto. Lui la cercava, era ovunque, la seguiva, la aspettava a ogni angolo. Lei ne parlò con i genitori, all'inizio pensarono che prima o poi si sarebbe arreso ma con il passare dei mesi capirono che era esattamente il contrario.

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La vita di Nadia diventò blindata. Partirono le prime denunce. Tanto è lunga la persecuzione subita da questa donna che si può dire che lei sia una specie di testimone del cambiamento di sensibilità rispetto all'argomento della violenza di genere. «I primi anni mi sono anche sentita dire: ma no, vedrà che poi smette» ricorda lei. «C'era un'attenzione diversa per questo genere di cose. Quando è arrivata la legge sullo stalking io ci avevo già fatto il callo con quel tema...».

 

Di denunce ne ha firmate così tante che nemmeno ne conosce più il numero. I primi anni la persecuzione era quel farsi trovare ovunque: al super, sotto casa, dal parrucchiere, al bar, per strada e già sarebbe stato sufficiente a far saltare i nervi a chiunque. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Lei ha messo le sbarre alle finestre e ai balconi - per dire - e in 33 anni avrà cambiato una decina di volte la serratura del portone di casa perché la trovava bloccata dalla colla. Per stare lontano da quell'incubo nel 2001 Nadia decise (a quel punto era sposata) di andare a vivere lontano da Falconara per un po'.

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Rientrò nel 2009 con una figlia piccola e la speranza che fosse tutto finito, finalmente. Ma si illudeva. Lui ricominciò come ai vecchi tempi. Anzi, peggio. Perché cominciò a usare anche i social per insultarla e minacciarla. Nel 2011 venne emesso nei suoi confronti un divieto di avvicinamento e per altri cinque anni la lasciò in pace. «Ho sempre pensato: prima o poi la smette», dice lei. «Ma quello ha sempre aspettato il momento per ricominciare. Sempre. E io ogni volta ho ripreso ad avere paura, a uscire sempre accompagnata. Una tortura». Ci sono stati lunghi periodi in cui lo sentiva alle spalle anche se voltandosi non lo vedeva. Si sentiva osservata, spiata.

 

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Dal 2019 in avanti, la situazione è nettamente peggiorata fino a diventare ingestibile dall'autunno del 2021. «Soltanto fra ottobre e oggi lo abbiamo querelato quattro volte» rivela l'avvocato di Nadia, Fabrizio Belfiore. Per capirci: scriveva messaggi sinistri e minacciosi su Facebook postandoli con la foto di lei, l'indirizzo, il numero di telefono; oppure li lasciava nella cassetta delle lettere o sul tergicristallo dell'auto, scritti con un normografo (poi trovato nella perquisizione). In uno di quei post sinistri lo si vede alle prese con un fucile e una pistola.

 

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Il messaggio più preoccupante diceva «bisognerebbe scioglierla nell'acido». Su questo punto il racconto di Nadia mette i brividi: «Sono arrivata a uscire con il cappello in testa, gli occhiali da sole e magari due mascherine pensando: così se mi butta l'acido mi proteggo un po'. Questa è la paura. Per fortuna i carabinieri sono stati bravi e hanno raccolto tutto quel che serviva per mandarlo in carcere. Io oggi mi sento libera, certo, però non posso dire di stare bene. Ho un buco allo stomaco perenne e provo rabbia, se ci penso. Mi chiedono: perché non lasci Falconara? La risposta è: perché non è giusto. Qui ho i genitori anziani che hanno bisogno di me, ho gli amici, la scuola di mia figlia, i suoi amici.

 

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Questa è la mia città, dalla mia finestra si vede il mare e io adoro il mare. Andar via sarebbe scappare. Perché devo scappare e rinunciare a tutto? Perché devo fare io la fatica di ricominciare daccapo altrove? Non è giusto». Nessuna più di lei sa che cosa significa non arrendersi. Ed è questo il suo messaggio per tutte le altre che oggi camminano guardandosi le spalle: «Non mollate mai e denunciate sempre. Ha torto chi perseguita, non chi subisce. Io credo nella giustizia. Sono certa che arriverà».

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