LE PUGNALATE AL PETTO E ALLA PANCIA SONO ARRIVATE DOPO UN APPROCCIO SESSUALE - IL TRANVIENE ALESSANDRO GARLASCHI HA UCCISO LA 19ENNE JESSICA VALENTINA FAORO CHE ERA OSPITE IN CASA SUA. L’UOMO PRIMA HA PROVATO A DARE FUOCO AL CADAVERE POI HA TENTATO DI METTERLO IN UN BORSONE PER FARLO SPARIRE MA ALLA FINE HA CHIAMATO IL 112 - GARLASCHI NEL 2013 ERA STATO DENUNCIATO PER STALKING E LA RAGAZZA...
1 - «NON STO BENE, NON VENGO AL LAVORO» COSÌ IL TRANVIERE HA UCCISO LA 19ENNE
G.San. per il “Corriere della Sera”
«Chiamo per avvertire che oggi non potrò venire al lavoro, non mi sento bene». Su Milano è ancora notte piena, pochi minuti prima delle 6; Alessandro Garlaschi, 39 anni, chiama l'azienda dei trasporti pubblici: fa il tranviere, lavora in Atm da più di dieci anni, guida sulla linea 15, e dovrebbe attaccare il turno alle 7 di ieri mattina.
Quella telefonata gli serve per prendere tempo, provare a mettersi al riparo per qualche ora, almeno con l' azienda: perché in quel momento, prima dell' alba, il tranviere sta cercando di portar fuori dal suo appartamento il cadavere di Jessica Valentina Faoro, 19 anni.
LA MORTE DI JESSICA VALENTINA FAORO - ALESSANDRO GARLASCHI
Era una ragazza bella, bionda e con una vita disastrata, lontana dalla famiglia (come il fratello) fin da piccola, cresciuta in comunità, affidata ai servizi sociali. In quella casa di via Brioschi 93, periferia Sud della città, c'era entrata una decina di giorni fa, rispondendo a un annuncio, cercava un posto dove stare e il tranviere le aveva offerto una stanza. Garlaschi l'ha uccisa qualche ora dopo la mezzanotte, con un coltello da cucina, l’ha colpita alla pancia e al petto, almeno cinque o sei volte: alla fine (è questa l'ipotesi principale) di un approccio sessuale.
Per molte ore, chiuso in quell'appartamento, il tranviere ha provato a far scomparire il corpo di Jessica Valentina: ha cercato di darle fuoco, con dell'alcol, poi di metterlo dentro un borsone, e per questo avrebbe fatto anche un iniziale scempio del cadavere (come se nella sua psiche ritornassero le notizie dei giorni scorsi sulla morte di Pamela Mastropietro, la ragazza di 18 anni fatta a pezzi e abbandonata in due trolley in provincia di Macerata). Alla fine però, a metà mattina, intorno alle 11, Garlaschi ha chiamato il 112: «In casa mia c'è una ragazza ferita».
Pochi minuti dopo le Volanti della polizia, guidate da Maria Josè Falcicchia, hanno «cristallizzato» la scena dell'omicidio. Garlaschi è assunto in Atm dal 2004; nel 2013 la sua sede di lavoro è stata spostata perché una collega l'ha denunciato per stalking; in carriera ha accumulato un numero sproporzionato di incidenti sui mezzi e anche per questo l' inverno scorso, per circa 6 mesi, è stato sospeso dalla guida, classificato come «non idoneo» per problemi di salute; da un annetto era tornato sui tram.
Personaggio schivo, i suoi profili social raccontano di un uomo alla continua ricerca di soldi con proposte di affari da pochi euro, sequenze infinite di annunci online per la vendita di biciclette, caschi da moto, bigiotteria, telefonini, e anche brevi subaffitti della casa.
Ecco, in relazione a quest'ultima «attività» resta da chiarire quale sia il ruolo della moglie di Garlaschi: uscito dal suo palazzo tra gli insulti («bastardo», «devi crepare in galera»), l'uomo nel tardo pomeriggio è stato fermato per l' omicidio. La donna invece è rimasta a lungo in questura; l'altra notte sarebbe andata a dormire dalla suocera, rientrando soltanto di mattina, momento in cui avrebbe scoperto che il marito aveva ucciso la ragazza che ospitavano: su tutti questi passaggi sono in corso gli accertamenti della Squadra mobile, coordinata da Lorenzo Bucossi e dalla pm Cristina Roveda. Il tranviere, per ore, ha sostenuto di essersi «soltanto difeso», ha provato a dire che è stata «la ragazza a colpirlo per prima». Ha anche provato a mostrare un paio di ferite su una mano. La sua giustificazione non è credibile.
2 - I SOGNI DI JESSICA, UNA VITA AI LIMITI TRA AMICI SBAGLIATI E FUGHE CONTINUE
Andrea Galli e Gianni Santucci per il “Corriere della Sera”
Non è mai stata una figlia e già era una mamma. Tolta subito ai genitori che non l'avevano meritata, allontanata dalle famiglie affidatarie che si erano arrese e scappata dalle comunità protette che non erano riuscite a trattenerla, Jessica Valentina aveva avuto una bimba da adolescente e il Tribunale dei minori gliel' aveva sottratta.
Una neonata non poteva vivere con una giovane donna senza casa, senza lavoro, senza famiglia, una giovane donna dalle giornate uguali, sempre in strada, nel complicato quartiere popolare Stadera fra pregiudicati, balordi, perditempo. E clienti quando servivano dei soldi. Se qualcuno davvero ha conosciuto questa diciannovenne che nonostante tutto dimostrava meno della sua età, non è stata una singola persona ma un gruppo di operatori.
Quelli dei Servizi sociali che fin dai primissimi mesi di nascita nel 1998 l' avevano seguita e spesso inseguita per poi ritrovarla dopo le «evasioni» da quelle comunità e sentirsi rispondere: «Mi hanno sgomberata».
JESSICA VALENTINA FAORO E ALESSANDRO GARLASCHI
C' era stato sì un ragazzo, un ex fidanzato e forse l'uomo con il quale aveva concepito un figlio (la gravidanza non è arrivata a termine), però anziché una relazione che potesse contrastare il buio era stata un' ulteriore, straziante discesa.
Quell'ex è un reduce di lunga permanenza del carcere minorile, ha pagine di precedenti che inglobano ogni reato, e lui pure era senza mamma e papà perché i genitori, come quelli della sua ragazza, non erano stati considerati idonei ma anzi pericolosi e da tener lontani. Jessica Valentina poteva eventualmente incontrare il padre, un dipendente Atm come il killer, ma soltanto in un ambiente protetto e sorvegliato.
Prima che nell' appartamento di Garlaschi, lei aveva abitato da un' amica, conosciuta dalla polizia per il suo profilo criminale. Avevano litigato e s' era ritrovata per l' ennesima volta a zero. Quell' annuncio dell' assassino che offriva un posto letto era apparso una soluzione decente e utile per rifiatare e guadagnare settimane.
Non poteva sapere, Jessica Valentina, dell' ossessione del tranviere per le giovanissime e nemmeno delle coetanee che si erano avvicendate in precedenza in quella casa salvo sparire, forse spaventate dalle «pressioni» dell' omicida il quale agli investigatori è apparso lucido, «presente» e ha ripetuto d' aver colpito per secondo, a difesa di un' aggressione subita dalla stessa ragazza.
Martedì, in un negozio di ottica vicino al Castello Sforzesco, capitolo finale di una gita in centro, erano entrati insieme alle 18.32. L' evidente differenza anagrafica e fisica - l' uno trascurato da sembrare un sopravvissuto, l' altra luminosa da ricordare una studentessa d' inizio liceo - non aveva stupito il commesso. Del resto era la quarta volta che Garlaschi ripeteva la scena.
Erano cambiate le ragazzine alle quali lui, sfruttando la convenzione di quel negozio con l'Atm per risparmiare, regalava occhiali e lenti a contatto, un omaggio che in realtà era un segnale affinché si completasse il «corteggiamento».
Nel cortile del complesso di via Brioschi sorto nel 1922, in ristrutturazione e con 250 alloggi in affitto, dicono che quest' uomo è un po' strano ma la definizione è provvisoria, forse di prammatica e di esitazione.
In giornata arrivano però le informazioni sul massacro e allora Garlaschi, scortato dai poliziotti, esce tra le urla dei vicini, non più unicamente da killer ma da mostro, da maniaco, uno che «deve crepare in galera e pure male». Un amico marocchino di Jessica Valentina, che l' aveva agganciata su un sito, racconta le ultime ore di martedì.
S' erano salutati intorno alle 23, proprio davanti al condominio. Quando lei aveva spiegato il senso dell' indirizzo, una bugia per la vergogna: «Vedi, io sto da mio zio».
Quell' amico ignorava tanto, quasi tutto, come la maggioranza della disperata cerchia dei compagni di strada. E ignorava il dono di natura: la voce. Cantava, Jessica Valentina. Cantava da favola, ricordano quelli dei Servizi sociali che l' hanno ascoltata nelle rare esibizioni in comunità.