LA TRATTATIVA TRA IL VATICANO E LA PROCURA DI ROMA, PER FARE LUCE SULLA FINE DI EMANUELA ORLANDI, LA PORTARONO AVANTI I VERTICI DELLA GENDARMERIA (SU MANDATO DELLA SEGRETERIA DI STATO) - LA PROCURA DI ROMA HA APERTO UN FASCICOLO E NELLE PROSSIME ORE DOVREBBE CONVOCARE GIANCARLO CAPALDO, CHE HA RIVELATO L'ESISTENZA DELLA TRATTATIVA, PER CHIEDERGLI I NOMI DEI SUOI INTERLOCUTORI E LA CONSEGNA DI EVENTUALI REGISTRAZIONI DEI COLLOQUI, IPOTIZZATE DA TV E GIORNALI, MA MAI CONFERMATE DALL'EX PROCURATORE AGGIUNTO - LA RICOSTRUZIONE DE "LA VERITÀ" E IL RUOLO DI PIGNATONE…
Giacomo Amadori per "la Verità"
emanuela orlandi mirella gregori
La vicenda di Emanuela Orlandi, la quindicenne scomparsa a Roma il 22 giugno 1983 e mai ritrovata, potrebbe presto offrire nuovi colpi di scena. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo modello 45 sulle dichiarazioni che l'ex procuratore facente funzioni Giancarlo Capaldo ha rilasciato in questi giorni sui media sui media a proposito di una presunta «trattativa» che ci sarebbe stata con due «emissari» vaticani (che come può rivelare La Verità erano i vertici della Gendarmeria) per ottenere informazioni utili alla risoluzione del caso e, se possibile, al rinvenimento del corpo della ragazza.
La giovane era infatti figlia di un impiegato della Santa Sede e nelle indagini i sacri palazzi sono sempre stati l'ipotetico palcoscenico dell'oscuro affaire. Capaldo ha appena dato alle stampe il suo secondo romanzo giallo, intitolato La ragazza scomparsa, dove il cadavere di una certa Eloisa viene ritrovato su indicazione di una fonte anomina dopo che la giovane era rimasta vittima di una guerra diplomatica tra alti prelati. Dietro alla finzione si nascondono molti messaggi che Capaldo ha voluto lanciare dopo aver seguito l'inchiesta per 7 anni.
Alla presentazione del libro, a novembre, il magistrato ha ricordato le polemiche legate alla sepoltura dell'ex boss della banda della Magliana Renatino De Pedis, tumulato nella basilica di Sant' Apollinare. «Il Vaticano mi chiese un incontro, che aveva come oggetto la richiesta di trovare un sistema per non mantenere l'attenzione della stampa in modo negativo su di loro. In quella occasione, chiesi la possibilità del rinvenimento del corpo di Emanuela Orlandi o almeno di sapere, di conoscere la sua fine. Si mostrarono disponibili e mi dissero: "Le faremo sapere"», ha detto Capaldo.
Il quale in due trasmissioni tv ha aggiunto che «la risposta fu positiva» e che i rappresentanti della Santa sede riferirono la loro disponibilità a condividere «ogni loro conoscenza». interessato il csm Capaldo ha anche spiegato di essere pronto a riferire i nomi dei suoi interlocutori alla magistratura.
Per questo l'avvocato della famiglia Orlandi, Laura Sgrò, ha chiesto al Csm «l'apertura di una pratica presso la competente Prima commissione al fine di verificare l'esistenza e il reale contenuto dei colloqui in questione» e «in caso positivo di accertare le responsabilità disciplinari di tutti i magistrati titolari del procedimento penale relativo alla scomparsa di Emanuela Orlandi per la mancata verbalizzazione dei predetti colloqui».
Il Csm che non ha più nessuna competenza su Capaldo, magistrato in pensione, ha trasferito l'istanza alla Procura di Roma, che ha rapidamente aperto un fascicolo senza ipotesi di reato né indagati per poter sentire l'ex aggiunto. Il procedimento, il numero 12610, è stato affidato ai pm Stefano Luciani e Maria Teresa Gerace che nelle prossime ore dovrebbero convocare Capaldo per chiedergli i nomi dei suoi interlocutori e, probabilmente, la consegna di eventuali registrazioni dei colloqui, ipotizzate da tv e giornali, ma mai confermate dall'ex procuratore aggiunto.
La Verità, dopo aver contattato alcune autorevoli fonti, è in grado di ricostruire quanto accadde nel gennaio 2012. In quelle settimane, mentre in Italia montava la polemica per la sepoltura di De Pedis in una chiesa del Vaticano, il comandante della Gendarmeria Domenico Giani chiese di incontrare Capaldo per discutere la spinosa faccenda. Giani, uno di quei servitori dello Stato per cui la forma è anche sostanza, ha certamente condiviso con i suoi referenti nella Santa sede la decisione di recarsi a piazzale Clodio per comunicare in modo informale la volontà di collaborazione del Vaticano per evitare una sovraesposizione sulla vicenda De Pedis.
TARCISIO BERTONE A CASA ANDREOTTI
La Verità ha ricevuto conferma del fatto che il comandante Giani, che da due anni ha lasciato la Gendarmeria, non abbia agito all'insaputa dell'autorità politica di Oltretevere. Lo stesso comandante in Procura, nel gennaio 2012, avrebbe riferito di doversi confrontare con il segretario di Stato e con il segretario del Papa, ovvero il cardinale Tarcisio Bertone e monsignor Georg Ganswein. Gli incontri avvennero nella stanza del procuratore al primo piano del palazzo di piazzale Clodio. a rapporto da bertoneQui Giani si presentò con il suo vice Costanzo Alessandrini.
Ad accoglierli, oltre a Capaldo, c'era anche la pm Simona Maisto che per anni si era occupata del fascicolo della Orlandi prima di essere affiancata, nel 2008, dall'allora aggiunto e responsabile della direzione distrettuale antimafia capitolina. Infatti a dare nuovo impulso al fascicolo erano state le dichiarazioni dell'ex fidanzata di De Pedis, Sabrina Minardi, la donna che ha collegato la banda alla scomparsa della Orlandi. In occasione del primo abboccamento i quattro si intrattennero per una ventina di minuti e poi si rividero qualche giorno dopo per un altro breve incontro.
Fonti vaticane ci hanno riferito che mai la Santa sede avrebbe potuto offrire informazioni sul luogo di sepoltura della Orlandi, visto che se papa Benedetto, come anche Francesco, avesse avuto a disposizione simili informazioni le avrebbe già comunicate alla famiglia. In sostanza Capaldo avrebbe frainteso una semplice e scontata offerta di collaborazione a risolvere il mistero della giovane scomparsa. Ma l'ex procuratore aggiunto è convinto di quanto percepito, e non solo da lui, in quei colloqui, come dimostrano le recenti esternazioni.
Di certo questa vicenda svela in filigrana la guerra che si è combattuta dentro alla Procura di Roma sui rapporti con la Santa sede, che spesso non ha risposto alle rogatorie degli uffici giudiziari italiani, come in alcune richieste di chiarimenti sui conti dello Ior. Un'autorevole fonte vaticana ha ammesso che «probabilmente quando Pignatone è arrivato a Roma gli è stata presentata anche questa situazione». Ovvero la delicatezza delle indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. E Pignatone, oggi presidente proprio del tribunale della Santa sede, ne avrebbe chiesto conto a Capaldo.
Una versione che l'ex procuratore ha sostenuto solo recentemente in una lettera al Corriere della Sera: «Il dottor Capaldo non ha mai detto nulla, come invece avrebbe dovuto, delle sue asserite interlocuzioni con "emissari" del Vaticano alle colleghe titolari, insieme a lui, del procedimento. Nulla in proposito egli ha mai detto neanche a me, che pure, dopo aver assunto l'incarico di procuratore della Repubblica, gli avevo chiesto di essere informato dettagliatamente del "caso Orlandi"».
L'ARRIVO DI PIGNATONE
Ma le agenzie dell'epoca dimostrano come Pignatone in pochi giorni prese in mano la situazione. Dopo il suo insediamento, avvenuto il 19 marzo 2012, il 2 aprile successivo i pm informarono la stampa di non avere «intenzione di aprire la tomba dove è seppellito De Pedis» e che «la verità sulla scomparsa di Emanuela Orlandi sarebbe a conoscenza di personalità del Vaticano», come gli inquirenti avevano dedotto nei colloqui con Giani e Alessandrini. Il 3 aprile, dopo la pubblicazione di queste notizie, sull'agenzia Ansa uscì un irrituale e durissimo comunicato di Pignatone che annunciava che «ogni ulteriore iniziativa di indagine nel procedimento sulla scomparsa di Emanuela Orlandi sarà diretta e coordinata dal procuratore della Repubblica che ha assunto la responsabilità della Direzione distrettuale antimafia».
Nella nota si precisava, inoltre, che «le dichiarazioni e le valutazioni sul procedimento per la scomparsa della Orlandi attribuite da alcuni organi di informazione ad anonimi "inquirenti della procura di Roma" non esprimono la posizione dell'ufficio». E infatti il 14 maggio la tomba verrà aperta senza che Capaldo e la Maisto incontrassero più Giani e Ambrosini. Insomma in poche ore Pignatone aveva del tutto esautorato il suo vice, nonostante oggi scriva: «Dopo il mio arrivo a Roma il dottor Capaldo ha continuato per oltre tre anni a dirigere le indagini sulla scomparsa della Orlandi [] Io non ho mai ostacolato in alcun modo nessuna attività di indagine disposta dal dottor Capaldo o dalle altre colleghe. Non ho mai avocato il procedimento relativo alla scomparsa di Emanuela Orlandi».
CASO EMANUELA ORLANDI - MIGLIAIA DI RESTI AL CIMITERO TEUTONICO
In realtà nell'aprile 2012 Pignatone ha assunto il coordinamento delle investigazioni, ha disposto l'apertura della tomba senza consultare i suoi colleghi (pur senza avere la disponibilità del fascicolo) e non ha autorizzato altre indagini se non quelle sulle dichiarazioni autoaccusatorie del fotografo Marco Accetti e quelle relative alla riesumazione di De Pedis.
CASO EMANUELA ORLANDI - MIGLIAIA DI RESTI AL CIMITERO TEUTONICO
Nella sua lettera al Corriere Pignatone ha concluso che «la richiesta di archiviazione è stata decisa a maggioranza tra i colleghi titolari del procedimento». Capaldo, il più alto in grado, si rifiutò di firmarla, mentre a fare da ago della bilancia fu una collega applicata da Pignatone al procedimento, ma che non avrebbe mai partecipato ad alcun atto istruttorio.
emanuela orlandi cimitero teutonicoLA TOMBA NEL CIMITERO TEUTONICO DOVE SAREBBERO I RESTI DI EMANUELA ORLANDI