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TUTTI DEINFLUENCER FINO A QUANDO NON VI PAGANO – DOPO GLI INFLUENZATORI CHE VENGONO PAGATI PER SPONSORIZZARE QUALSIASI PRODOTTO, ORA ARRIVANO I DEINFLUENCER, OVVERO I VENDITORI DI PRODOTTI A BASSO COSTO PRONTI A SMASCHERARE I COLLEGHI PATINATI. MA SIAMO SICURI CHE SIA UN MODO ALTERNATIVO PER DIVENTARE FAMOSI SFRUTTANDO UNA NUOVA TENDENZA? - VIDEO

 

1 - PROFESSIONE DEINFLUENCER LE NUOVE REGINE SOCIAL SCONSIGLIANO GLI ACQUISTI

Giuliano Aluffi per “la Repubblica”

 

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[…] è arrivato il momento dei deinfluencer , alfieri di un sano populismo risparmioso che nei loro video su TikTok ostentano prodotti costosi — soprattutto cosmetici e accessori di abbigliamento — per sconsigliarli, proponendo invece alternative molto più economiche o anche fai-da-te a costo zero.

 

Il trend è cresciuto esponenzialmente nei giorni scorsi. E oggi il tag #deinfluencing ha quasi 69 milioni di visualizzazioni. Le cause scatenanti sono diverse: una di queste è un viaggio New York—Dubai (oltre 13mila dollari il solo biglietto aereo, senza contare la sistemazione in resort di lusso) che l’azienda Tarte Cosmetics ha offerto a 50 influencer in cambio di video promozionali.

 

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L’iniziativa è stata accolta sui social con un generalizzato, e avvelenato, stupore: «Ma quanto spendono le aziende per gli influencer? E quanto possono essere sinceri i consigli di costoro, con così tanti soldi in ballo?»

 

[…]

C’è da dire che gli stessi deinfluencer — tra i più attivi su TikTok @alyssastephanie, @basicofcourse, @katiehub — non sono esenti da critiche. Da un lato c’è chi, sui social, sottolinea come, quando suggeriscono di rimpiazzare un cosmetico di marca con un’alternativa a basso prezzo di marche oscure su Amazon o Walmart, in realtà stiano pur sempre facendo pubblicità: ad Amazon e Walmart. E chi può garantirci che i deiunfluencer non siano sussidiati dai giganti del consumo?

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Dall’altro lato, emergono, pur in piena era digitale, considerazioni dal sapore eterno e amarognolo sulla natura umana: «Tanti e tante stanno cavalcando l’onda del deinfluencing per acquisire in fretta visibilità e popolarità», spiega Gloria Schito. «Chi ci assicura che i deinfluencer di oggi non diventeranno, domani — col fioccare di richieste di collaborazioni da parte dei brand — come gli influencer che oggi additano come insinceri?».

Il deinfluencing come ascensore per la scalata sociale, anzi “social”.

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Un’altra interpretazione interessante è quella offerta dalla giornalista fashion Sara Spruch-Feiner nella sua newsletter Glossy Pop: «Un influencer che non fa altro che lodare prodotti potrebbe essere ritenuto inaffidabile».

[…]

 

2 - INTERVISTA ALLA DEINFLUENCER ALYSSA KROMELIS: “IL TIKTOKER MEDIO NON È RICCO COSÌ PROPONGO AI FOLLOWER FARD DA 4 DOLLARI, NON DA 45”

G. A. per “la Repubblica”

 

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Per Alyssa Kromelis (ovvero @alyssastephanie), ventiseienne di Dallas, il #deinfluencing su TikTok è diventato una missione: sconsigliare i prodotti di bellezza costosi promossi dagli influencer di successo, e proporre alternative alla portata di tutte le tasche. È così da quando, la scorsa settimana, il suo video “Prodotti cult su TikTok che odio” è diventato virale: 4,8 milioni di visualizzazioni.

 

Perché il deinfluencing sta esplodendo, Alyssa?

«[…] noi consumatori medi non possiamo spendere centinaia di dollari al mese solo per sentirci rilevanti. […] L’utente medio di TikTok non è ricco. E questo spiega il successo di noi deinfluencer».

 

Oltre al risparmio, c’è altro?

«Sì, una crescente domanda di autenticità.[…]».

 

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Ma il fenomeno come è nato?

«[…] c’è voglia di contenuti più realistici e accessibili: la maggior parte delle persone si è stufata di creator che volano su jet privati e acquistano auto da 100mila dollari. Non si riesce più a sentirsi vicini a questi influencer, che con il lusso che esibiscono fanno sentire la gente vulnerabile e insicura. […] ».

 

Cosa l’ha spinta a diventare deinfluencer?

«So i budget che i brand investono e l’impatto che il post di un influencer può avere sulle vendite. […] ho voluto aiutare gli altri su TikTok a non sentirsi a disagio perché non possono permettersi un fard da 45 dollari, quando con uno da 4 dollari possono ottenere lo stesso risultato».

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