NON BASTA UNA TREGUA PER SEDARE IL MEDIO ORIENTE – BIDEN SPERA DI ARRIVARE A UN CESSATE IL FUOCO ANCHE A GAZA, DOPO QUELLO IN LIBANO. MA NETANYAHU ORA PUÒ CONCENTRARE LE TRUPPE ISRAELIANI NELLA STRISCIA – I PUNTI DEBOLI NELLA TREGUA: HEZBOLLAH È SENZA UN VERO LEADER E L’ALA PIÙ RADICALE GIÀ SCALPITA. L'ESERCITO LIBANESE E LE FORZE UNIFIL, CHE DEVONO INTERVENIRE IN CASO DI VIOLAZIONI DEL PATTO, HANNO GIÀ DIMOSTRATO LA LORO INETTITUDINE – L’ITALIA È PRONTA A GUIDARE I CASCHI BLU: ALTRI 500 MILITARI IN ARRIVO…
1. WASHINGTON: "QUESTA VOLTA SARÀ DIVERSO"
Estratto dell’articolo di Alberto Simoni per “la Stampa”
JOE BIDEN - BENJAMIN NETANYAHU
Siglato l’accordo sul Libano, Washington riapre il dossier di Gaza. Il presidente Biden, annunciando dal Rose Garden della Casa Bianca l'intesa fra Gerusalemme e Beirut, ha detto che ora «tocca a Hamas fare una scelta», dopo aver rifiutato per mesi di negoziare un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. […]
Il Consiglio per la Sicurezza nazionale per mesi ha ritenuto di poter tenere in piedi il doppio binario, dialogo sul Libano e negoziati su Gaza, ma il filo si è spezzato subito perché, la tesi che Washington sostiene, Hamas ha sempre confidato sulla tenuta della resistenza di Hezbollah in una sorta di alleanza anti-Israele. Ma ora quel corno è in frantumi e per questo a Washington si pensa, con cautela, che qualche spiraglio possa aprirsi.
festeggiamenti per la tregua in libano
Anche se nessuno fa mistero che molte delle carte le ha in mano Netanyahu. Ancora due mesi di convivenza con Biden inducono anche il premier alla cautela. Sul finire della presidenza Obama infatti la Casa Bianca ruppe con la tradizionale politica di sostegno a Israele e condannò in sede Onu l'espansionismo israeliano nei Territori.
Stavolta i segnali sono diversi tuttavia: ieri Biden ha autorizzato l'invio di armi di precisione per 680 milioni, nei giorni scorsi il Congresso ha aumentato a 3,8 miliardi (da 3,5) la dotazione annuale militare per Israele e il Dipartimento di Stato ha fatto calare il velo sulla minaccia formulata 45 giorni fa di interrompere parte delle commesse militari se Israele non avesse consentito l'ingresso di aiuti umanitari dal Nord della Striscia. […]
Netanyahu sul fronte Gaza si muove con prudenza e gli americani sono consapevoli che per il premier trovare un compromesso con Hamas potrebbe significare un indebolimento del suo sostegno domestico. Biden ha fatto riferimento anche a riallacciare il filo dei rapporti con i sauditi. Il 7 ottobre ha stravolto (e fermato) tutto.
Per ripartire, Riad chiede la soluzione del caso Gaza e la creazione di uno Stato palestinese (o almeno le premesse). Significa che Netanyahu deve offrire una soluzione per il post conflitto. Fonti del Consiglio per la Sicurezza nazionale Usa vedono «una finestra di opportunità» alla luce di quanto accaduto, «ma l'allineamento dei pianeti» necessita ancora di tempo.
JOE BIDEN - BENJAMIN NETANYAHU
I prossimi due mesi sono fondamentali su ogni fronte in Medio Oriente. Gli statunitensi invitano a monitorare le mosse iraniane e a capire come e se Teheran ha "scaricato" Hezbollah. In quest'ottica un faro è acceso sulla Siria. L'inviato di Biden per il Libano, Amos Hochstein, in un'intervista esclusiva alla tv Asharq News, ha detto che «il governo siriano deve agire per rendere sicuri i suoi confini». Ovvero «deve far sì che il suo territorio non sia usato come un'autostrada per il traffico di droga, fucili e armi in ogni direzione». È la rotta attraverso la quale Teheran rifocilla Hezbollah. […]
2. I PUNTI AMBIGUI DELL’ACCORDO
Estratto dell’articolo di Sar. Mig. per “il Messaggero”
festeggiamenti per la tregua in libano
Un milione di libanesi si muovono verso il sud del Paese e oltre 60 mila israeliani sono pronti a rioccupare le loro case nel Nord di Israele. Ma le incognite sono ancora molte sul cessate il fuoco concordato tra Israele e il governo di Beirut, sotto i buoni auspici di Stati Uniti e Francia.
Questo è il primo buco nero dell'intesa: Hezbollah ufficialmente non è controparte e non ha assunto impegni in prima persona, perché per Israele, per gli Usa e per gli europei si tratta di un'organizzazione terroristica. E già nel 2006, quando si arrivò alla risoluzione 1701 delle Nazioni Unite che metteva fine a un'altra guerra, Hezbollah violò subito i patti e rioccupò militarmente la fascia sud del Libano, tra il fiume Litani e la frontiera con Israele.
[…] Ora la domanda che si pongono i media israeliani è se stavolta le milizie sciite filo-iraniane manterranno la parola. L'Iran di Ali Khamenei ha ordinato alla sua creatura di piegarsi alla realtà, alla supremazia di intelligence e militare di Israele che nelle ultime settimane ha smantellato le postazioni di Hezbollah nel sud del Libano e sistematicamente ucciso i comandanti fino al leader supremo Hassan Nasrallah.
Ma il successore, il segretario generale Naim Qassem, non ha il controllo assoluto di tutto il movimento, e l'anima radicale più battagliera, quella jihadista, già nelle ultime ore che hanno portato alla "firma" dell'accordo ha minacciato di ribellarsi e non aderire all'intesa.
festeggiamenti per la tregua in libano
[…] Inoltre, l'accordo dà potere all'esercito libanese e alle forze Unifil, che già in passato si sono dimostrate non in grado di mantenere il controllo della fascia teoricamente smilitarizzata.
Il primo, per mancanza di armi e addestramento e per una evidente inferiorità di mezzi rispetto alle agguerritissime e ben attrezzate (dall'Iran) bande di Hezbollah, rappresentate oltretutto nel Parlamento e nel governo di Beirut. Le seconde con un mandato circoscritto al monitoraggio e sorveglianza, che non si estende all'imposizione della pace. In pratica, il contingente Unifil, compreso il migliaio di militari italiani, si è dovuto limitare a mantenere la sua presenza, tanto da ritrovarsi in mezzo, nel mirino di israeliani e Hezbollah nel momento in cui la guerra è riesplosa. […]
3. ITALIA PRONTA A GUIDARE I CASCHI BLU
Estratto dell’articolo di Gianluca Di Feo per “la Repubblica”
L’Italia è in pole position per la guida di tutte le iniziative militari internazionali destinate a garantire una tregua stabile in Libano. Un impegno difficile ma con una prospettiva straordinariamente importante. Perché quello che accadrà tra il fiume Litani e il confine israeliano sarà anche il laboratorio per definire un modello di intervento a Gaza, basato sulla creazione di una forza di polizia palestinese formata da istruttori italiani.
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Il punto di partenza è una struttura nata a luglio per volontà degli otto big della Nato e destinata a rendere l’esercito di Beirut capace di riprendere il controllo dei confini. Il Comitato Tecnico Militare per il Libano — indicato con l’acronimo inglese di MTC4L — è stato affidato alla guida del generale Diodato Abagnara: un riconoscimento ai rapporti che gli italiani hanno saputo costruire nel Paese dei Cedri.
All’iniziativa hanno aderito Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Germania, Olanda, Spagna e Canada ma il ministro della Difesa Guido Crosetto — che ne è stato uno dei principali promotori — mira ad estenderla ad alcune nazioni arabe, in particolare il Qatar e la Giordania. Il compito di questa alleanza è ricostruire le forze libanesi, messe a dura prova dalla lunga crisi economica e dai bombardamenti: sono l’unica istituzione interconfessionale, rispettata dall’intera popolazione.
Tutto ovviamente dovrà avvenire d’intesa con Unifil, che ha 10 mila caschi blu sul terreno incaricati dal 2006 di presidiare la fascia a sud del Litani. La tregua adesso impone alle Nazioni Unite di prendere decisioni sullo sviluppo della missione. Anzitutto sulle regole di ingaggio, che non hanno permesso di contrastare l’insediamento di Hezbollah e l’escalation bellica israeliana.
«Unifil ha operato con un mandato chiaro, ma con regole d’ingaggio non adeguate ai compiti assegnati», ha ribadito ieri il capo di Stato maggiore della Difesa Luciano Portolano. Il Palazzo di Vetro finora non si è pronunciato su questo punto, né sull’aumento del contingente: l’organico già deliberato può crescere di cinquemila soldati, che alcune cancellerie auspicano siano forniti da Italia, Francia, Gran Bretagna e Polonia.
attacco alla base unifil di shama, in libano
Complessivamente, tra Unifil e il nuovo Comitato, la nostra presenza in Libano potrebbe venire incrementata di oltre cinquecento militari, forse addirittura il doppio, anche se la questione dei numeri viene ritenuta «prematura » dalle fonti governative.
In base alla tradizionale rotazione, sempre rispettata finora, entro fine febbraio il nostro Paese dovrebbe prendere la guida dell’intera missione Onu: il candidato ideale potrebbe essere lo stesso generale Abagnara, ex comandante della brigata Garibaldi che per due volte è stato in servizio con i caschi blu. Questo potrebbe configurare nel giro di pochi mesi il ruolo di vertice italiano in entrambe le iniziative per stabilizzare il confine nord di Israele. [...]