VERAMENTE PENSATE CHE ‘STA GENTE MISURI LA FEBBRE AI FIGLI PRIMA DI MANDARLI A SCUOLA? UNA PEDIATRA DI TERAMO È STATA INSULTATA DAI DUE GENITORI NO VAX PER AVER PRESCRITTO UN TAMPONE ALLA FIGLIA DI 18 MESI TORNATA DALL’ASILO NIDO CON RAFFREDDORE E FEBBRE: “MI HANNO AGGREDITO VERBALMENTE DANDOMI DELL’INCOMPETENTE, TERRORISTA ED ALTRI EPITETI IRRIPETIBILI” – MA SENZA IL CONSENSO DEI GENITORI E IN MANCANZA DI REGOLE CHIARE…
Tito Di Persio per "www.ilmessaggero.it"
«Lei una terrorista e poi giù insulti» è quanto si è sentito dire una pediatra da due genitori, («contrari ai vaccini» dice), di una bimba di 18 mesi dopo aver richiesto un tampone per la loro figlia tornata dall’asilo nido con un forte raffreddore e qualche linea di febbre.
Poi lo sfogo della dottoressa sul suo profilo Facebook: «Qualche genitore ci ritiene responsabili del protocollo che dobbiamo far rispettare quando un bambino malato anche per motivi non ritenuti gravi come un banale raffreddore. Parlo della richiesta di tampone attraverso organi istituiti da questo governo (Siesp).
Il pediatra o il medico di medicina generale che non attua questo protocollo rischia la galera e l’espulsione dall’ordine dei medici come responsabili di eventuali epidemie. Genitori prima di aprire bocca azionate il cervello, noi siamo solo pedine di questa burocrazia».
La pediatra, raggiunta telefonicamente, racconta che la madre di questa bimba le aveva telefonato dicendo che la figlia era tornata dall’asilo con un po’ di raffreddore, ma durante il fine settimana le sue condizioni di salute erano peggiorate e voleva che lei gli prescrivesse dei farmaci o un aerosol per farla guarire subito così da poter rientrare al nido.
«Terminato il triage telefonico - continua la pediatra - ho detto ai genitori che la loro bimba, come previsto da protocollo ministeriale, doveva essere sottoposta a tampone: apriti cielo e sprofondati terra. Lei e il suo compagno mi hanno aggredito verbalmente dandomi dell’incompetente, terrorista ed altri epiteti irripetibili».
A quel punto spiega che, con pazienza, ha cercato di far loro capire che c’è un protocollo che nel caso specifico i sanitari devono rispettare. Tutto inutile. I genitori le attaccano il telefono in faccia e non rispondono più alle chiamate. Allora, decide di allertare i dirigenti della Asl di Teramo per metterli al corrente dell’accaduto.
Dalla Asl non riceve un responso chiaro trattandosi di un minore. Anzi l’avvertono che nel merito la giurisprudenza è lacunosa e che senza il consenso dei genitori è come camminare su un campo minato e l’unica cosa che potrebbe fare, sarebbe di andare a visitare la paziente in presenza e poi decidere se metterla in isolamento fiduciario insieme ai familiari. «Pratica non fattibile stando all’ultimo Dpcm – spiega la dottoressa - perché prevede che la visita dal vivo nel caso di sospetto Covid-19, può essere fatta solo dai medici Usca (Unità speciali di continuità assistenziale)».
A quel punto visto le problematiche che stanno emergendo e che sicuramente si moltiplicheranno per il con l’apertura degli asili e degli istituti scolastici il prossimo 24 settembre nella nostra regione, decide di scrivere una Pec al sindacato dei pediatri chiedendo: «In caso mancato consenso di un genitore al test Covid-19 può invalidare il protocollo?
Si viola la privacy attivandolo senza consenso? Se su una bimba di 18 mesi è possibile richiedere un test diagnostico (test rapidi che impiegano minuti a dare il risultato) del coronavirus? Non attivare il protocollo può essere motivo di procurata pandemia oltre che omissione di atti d’ufficio?».
«In attesa della loro risposta – conclude la dottoressa – ho bloccato la richiesta del tampone e allo stesso tempo mi sono rifiutata di firmare la riammissione al nido della bambina. Non sono al corrente se i genitori, contrari ai vaccini, si sono rivolti ad un altro medico e fatti firmare il permesso. In qualsiasi caso c’è tanta confusione e questo non mi sembra il giusto modo di procedere. Per fare le cose fatte bene ci vogliono delle regole certe».
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