VINCENZO MUCCIOLI ERA UN SANTO O UN TRUFFATORE MEGALOMANE? – LA DOCUSERIE DI NETFLIX SU SAN PATRIGNANO RIAPRE IL DIBATTITO SUL FONDATORE DELLA PIÙ GRANDE COMUNITÀ PER TOSSICODIPENDENTI D’EUROPA – L’ARRESTO NEL 1980 E NEL 1993 IL CASO MARANZANO: UN RAGAZZO ERA STATO PESTATO A MORTE NELLA MACELLERIA, TORTURATO CON LE SCARICHE ELETTRICHE PER I MAIALI. COSA SAPEVA VINCENZO?
Luciano Nigro per “la Repubblica”
vincenzo muccioli san patrignano
Ha costruito la più grande comunità per tossicodipendenti, d'Europa. Una città con più di duemila ragazze e ragazzi che si ricostruiscono una vita lavorando la terra, producendo vino, formaggi e pellicce, stampando riviste e allevando polli e cavalli di razza. Una città visitata da capi di governo e ministri in pellegrinaggio alla ricerca di una politica sulla droga.
sanpa luci e tenebre di san patrignano 8
È su quella collina a due passi da Rimini che nacque la legge che aprì il carcere ai tossicodipendenti. Personaggio straordinario, carismatico, grande comunicatore, Vincenzo Muccioli è stato una delle figure più controverse degli anni Ottanta e Novanta. Un santo, per le famiglie che vedevano in lui e nella sua San Patrignano l'unica speranza per strappare i figli da un vicolo cieco fatto di carcere, prostituzione e morte.
sanpa luci e tenebre di san patrignano
Un truffatore, per altri, un megalomane che ha costruito un impero sulla violenza. Chi era davvero Vincenzo Muccioli e qual è la verità su San Patrignano? Domande che hanno spaccato in due l'Italia per vent' anni, rese terribilmente attuali in questi giorni dalla docuserie "Sanpa" di Netflix.
Una produzione avvincente e di alta qualità che esce in un momento in cui l'eroina e i cocktail di droghe tornano a dilagare e a uccidere. C'è un limite ai metodi di cura o per salvare un tossicodipendente è ammessa qualunque cosa, non solo la privazione della libertà, ma anche la violenza? E se lo si ammette, chi controlla che il terapeuta non abusi del proprio potere? Non c'è il rischio che metodi del genere sfuggano di mano?
In quella serie sono finito anch' io quando gli autori e la regista Cosima Spender hanno scoperto che San Patrignano era un pezzo della mia vita perché ero stato tra i primi a scriverne. Avevo 22 anni e lavoravo per radio e giornali locali. Attorno a me vedevo gente che aveva fatto politica, ragazzi della mia età distrutti dall'eroina, quando seppi di una comunità di drogati, così li chiamavano tutti allora. Li curano con il lavoro, diceva qualcuno.
uno dei ragazzi incatenati a san patrignano
Un posto strano gestito da un santone con 12 apostoli che si fa dare denaro dai Vip, secondo altri. Curioso, ci andai. Trovai il figlio di Enrico Maria Salerno, di Paolo Villaggio... Ma c'erano anche decine di ragazzi, in quella casa colonia tra i campi con l'aggiunta di qualche roulotte, che guardavano Muccioli con occhi sognanti. E al centro Vincenzone, un po' padre padrone e un po' mamma.
Che voleva bene a quei ragazzi e spiegava che la scimmia si cura anche con la forza. Io non li lascio perché vadano ad ammazzarsi, diceva. In tanti scappavano, correvano le voci più disparate. Santo o santone? Me lo chiedevo, volevo capire. Un giorno di ottobre, era il 1980, la notizia: hanno arrestato Muccioli. La polizia aveva trovato dei giovani incatenati nel canile e nella piccionaia, tra lo sterco, al freddo. E quel mattino tirava un gelido vento di tramontana. Rimase in carcere un mese, Muccioli.
E in quel mese andai spesso a San Patrignano: mi colpiva la forza di quei quaranta ragazzi. Che si arrabbiavano perché avevo scritto un articolo dal titolo "Faceva vedere persino le stimmate il santone di San Patrignano". Divenni amico di alcuni di loro. E quando Muccioli uscì di galera, ero lassù e discussi con lui animatamente per ore. «Io li salvo, lo Stato non fa niente». «Sì, ma tu non puoi incatenarli e dire lo Stato qui non entra».
«Lo Stato sa solo distribuire metadone». Mi sfidò a un duello televisivo su una tv locale. Lui, col suo vocione, stravinse. Ma gli spettatori chiamarono fino alle 3 di notte, si toccava con mano quanto fosse sentito quel dramma. Un giudice, Vincenzo Andreucci, disse che avevano sbagliato, ma non li mandò a processo. Ordinò però il rispetto di alcune regole, prima tra tutte il controllo dello Stato. Altre fughe. Altre denunce di violenze. Lo stesso giudice, due anni dopo, chiese il processo.
vincenzo muccioli paolo villaggio 2
Il famoso processo delle catene. Finì nell'85. Muccioli fu condannato, ma l'opinione pubblica era con lui. E due anni dopo fu assolto. Ormai era una star. La sua comunità era diventata una città. E c'era la fila fuori. Delle mamme, ma anche di ragazzi disposti a farsi rinchiudere e persino picchiare pur di liberarsi della droga. Io lasciai Rimini e per molto tempo non mi occupai più di Sanpa.
Finché nel 1993 salta fuori il caso Maranzano: un ragazzo pestato a morte, nella macelleria, torturato con le scariche elettriche per i maiali. Il suo cadavere era stato gettato in una discarica vicino a Napoli. Dissero che era scappato. E invece era stato massacrato di botte nella macelleria. Lo sapeva Vincenzo? Quella morte era figlia del metodo Muccioli? Cosa era accaduto? Troppo grande la Comunità? La violenza di piazza ritornava nella gestione dei capetti? Un incidente di percorso, rispondeva Sanpa, migliaia di giovani qui si salvano. Era vero. Come erano vere le morti e le violenze, forse sfuggite di mano. E di nuovo la domanda: qual è il limite di una terapia? E chi controlla, se non lo Stato? Domande che sono tornate ad affiorare nel documentario di Netflix. E che anche oggi fanno discutere. Muccioli fu condannato a 8 mesi per favoreggiamento, ma la vicenda lo colpì nel profondo. Pochi mesi dopo morì. C'è chi giura che fosse Aids, ma la comunità smentisce. E anche la sua morte rimane un mistero.
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