felice maniero

“SE NON TORNI A CASA CON I PAGAMENTI TI BRUCIO TUTTE LE BORSE” - LA COMPAGNA DI FELICE MANIERO, CHE HA DENUNCIATO VIOLENZE FISICHE E PSICOLOGICHE DOPO ESSERE FINITA ALL’OSPEDALE, E’ ORA IN UNA COMUNITÀ PROTETTA - L’EX BOSS DELLA MALA DEL BRENTA MINIMIZZA: “È VERO, AMMETTO DI AVERLA INSULTATA, O CHE A VOLTE SIA VOLATO UNO SCHIAFFO, MA NON ACCETTO CHE PARLI DI ANNI DI INFERNO” - RAPINE, EVASIONI, DONNE E CHAMPAGNE LE MILLE VITE DI "FACCIA D'ANGELO": LA MORTE DELLA FIGLIA, LO YACHT, IL SUO "ESERCITO"...

1 - LA COMPAGNA: «MI PICCHIA» L'EX BOSS MANIERO TORNA IN CELLA

Andrea Priante e Mara Rodella per il “Corriere della sera”

 

FELICE MANIERO

È il 21 maggio. Una donna si presenta al pronto soccorso dell' ospedale di Brescia: ha 47 anni, è magrissima, debilitata. E fragile. «Forte cefalea», annota un' infermiera. Ma mentre si sottopone agli accertamenti improvvisamente scoppia a piangere. Un crollo emotivo che la spinge a confidare tutto ai medici: «Sopporto una situazione ormai insostenibile con il mio compagno, non ce la faccio più. Mi maltratta e alza le mani». Anni di violenze, fisiche e psicologiche.

 

È l' ennesima storia di uomini violenti e di mogli costrette a subire. Ma l' uomo che la donna denuncia è Felice Maniero, 65 anni, l' ex boss della Mala del Brenta, che tra gli anni Ottanta e gli inizi del decennio successivo gestiva il gioco d' azzardo tra Nord Italia e Jugoslavia, rapinava banche, assaliva furgoni blindati e seminava morti di overdose con lo spaccio di droga in Veneto.

 

FELICE MANIERO

Una tempesta criminale che finì dopo la cattura nel 1994, quando «Faccia d'Angelo» decise di collaborare e fece i nomi di tutti i suoi compari. Spedì in galera decine di complici e si guadagnò un nuovo nome e una vita sotto copertura lontano da quella Riviera del Brenta che lo trattava come un re.

 

Con lui c'era già quella donna che per oltre vent'anni gli è sempre stata accanto. Fino al 30 luglio, quando viene sentita dagli investigatori e subito dopo decide di andarsene di casa. Destinazione: una comunità protetta. Quella sera Maniero non la vede rientrare e resta di sasso. Poi contatta le cognate e si sente dire che «sta bene, è al sicuro. Se n'è andata perché non ne poteva più».

 

Quel che non poteva immaginare è che le indagini sarebbero andate avanti fino a venerdì, quando la polizia ha bussato alla sua villetta a due passi dal centro di Brescia per arrestarlo sulla base delle procedure del «Codice Rosso».

 

FELICE MANIERO

Lui - che con gli agenti aveva sempre giocato a guardie e ladri - è scoppiato a piangere. Ma dieci pagine di ordinanza firmate dal gip raccontano tre anni di soprusi psicologici e fisici tra le mura domestiche. Perché Maniero «a seguito di un litigio schiaffeggiava ripetutamente la moglie», si legge. Le minacce: «Se non torni a casa con i pagamenti ti brucio tutte le borse», «Ti butto tutti i vestiti, regalati». E le umiliazioni: «Non sei in grado di fare nulla, sei un' incapace».

 

Alla base dei litigi, c'era l'unica cosa che Felicetto ha sempre dimostrato di amare: i schei. Quei soldi che negli anni feroci della Mala arrivavano a miliardi ogni settimana. E che ora cominciavano a scarseggiare, al punto che da mesi la famiglia Maniero non pagava l'affitto e rischiava lo sfratto. Di «difficoltà economiche» parlò anche ai pm di Venezia quando, nel 2016 - per vendicarsi del cognato - decise di rivelare che fine avesse fatto il suo famoso «tesoro». All'epoca fu anche costretto ad ammettere di aver perso 150 mila euro nel fallimento di Madoff, in America, e che, tra il Natale 2015 e l' Epifania, finì ricoverato a Verona per un esaurimento.

 

FELICE MANIERO

«È vero, ammetto di averla insultata, o che a volte sia volato uno schiaffo, ma non posso accettare che lei parli di tre anni di maltrattamenti e d' inferno», ha provato a spiegare al suo avvocato Luca Broli, che ieri l' ha incontrato in carcere a Bergamo. L' immagine di Maniero oggi è quella di un (ex) boss senza soldi e sull' orlo di una crisi di nervi. E forse c' è anche questo all' origine degli scoppi d' ira denunciati dalla sua compagna: l' incapacità di accettare il paragone tra passato e presente. L'adrenalina, il lusso, il potere. Per Felice Maniero, era tutto finito.

 

2 - RAPINE, EVASIONI, DONNE E CHAMPAGNE LE MILLE VITE DI "FACCIA D'ANGELO"

Pierangelo Sapegno per “la Stampa”

 

FELICE MANIERO

«Vi prego non portatemi in carcere. Fatelo per mia figlia». Che poi Felice Maniero, arrestato per le botte alla sua compagna, abbia davvero pronunciato queste parole in lacrime, è difficile giurarlo. Perché Felice Maniero, il bandito simbolo di un' epoca, quella degli yuppies, Anni 80, della ricchezza facile e del disimpegno, è sempre stato tutto e il contrario di tutto, espressione di due personalità distinte, due universi paralleli, così lontani da non doversi incrociare mai, capo feroce di una banda criminale che poi ha voluto distruggere e imprenditore ambientalista, padre tenero e marito violento.

 

Lo yacht Non è un caso che la carriera di Faccia d' Angelo abbia cominciato a finire nel 1993 su uno yacht da un miliardo e mezzo appena comprato che dondolava nel mare di Capri fra ostriche e champagne.

 

FELICE MANIERO

L' uomo venuto su dal niente, dalla terrigna povertà di Campolongo Maggiore, non poteva più rinunciare al lusso, lui che agli inizi della sua carriera costruita sulla violenza diceva ai capi della malavita che aveva la fame e la rabbia dei poveri: «Che voi altri siete di Venesia. Non sapete cosa vuol dire la tera. Noi altri siamo invece contadini... capito? A noi per secoli ci hanno preso per il culo tutti. Allora viene come una specie d' istinto, no? Lo capisci subito se uno ti prende per i fondelli».

 

Aveva messo su un esercito, cominciando dai piccoli furti e dalle estorsioni ai locali della Riviera del Brenta assieme a un gruppetto di amici. Il salto di qualità però l' aveva fatto in fretta, rapine miliardarie e colpi clamorosi al Casinò e all' Hotel Des Bains del Lido, traffico di droga, spietate esecuzioni e contatti con i mafiosi spediti al confino, come Totuccio Contorno, per entrare nel giro che conta.

 

FELICE MANIERO

Da lì in avanti Faccia d' Angelo ha vissuto la sua tragedia shakesperiana, fra guerre di potere, omicidi e tanti soldi, assieme alla morte misteriosa di tre donne molto importanti: il suo grande amore, Barbara Scarpa, che si è schiantata con il maggiolino nel 1987; la madre di Alessandro, il suo terzo figlio, Rossella Bisello, precipitata dalle scale dell' abitazione dei genitori; e la figlia Elena, che non si sa bene se si è tolta la vita, tagliandosi le vene, cercando di impiccarsi e poi buttandosi dal sesto piano di un condominio di Pescara, o se è stata uccisa per vendetta.

 

Elena viveva sotto falso nome, come tutta la famiglia di Maniero, costretta a nascondersi dopo che Faccia d' Angelo aveva deciso di diventare un collaboratore di giustizia decretando così la fine della banda che aveva inventato dal niente nelle lagune sperdute e nebbiose del Veneto, facendosi largo a spallate dentro al mare magnum della violenza, venerato dai suoi soldati come un semidio che garantiva soldi e potere. Ma lui sapeva di essere diverso da loro, l' unico per cui il riscatto dalla miseria significava comandare. E non obbedire. Diventò un pentito dopo l' ultimo arresto, a Torino, novembre 1994, a pochi mesi dall' ennesima evasione.

 

felice maniero

Spaghetti e Prosecco Prima di quel momento, al processo di Venezia, si faceva portare in aula spaghetti all' astice e una bottiglia di prosecco, per brindare assieme a sua figlia Elena, che veniva a trovarlo, bionda, alta, bella come una mannequin. In fondo, la Mala del Brenta non sarebbe esistita senza di lui. Ed è esistita solo quando ha voluto lui. Maniero è a tutti gli effetti un indecifrabile personaggio shakesperiano, che ha cominciato la sua carriera di capo sfidando una guardia che gli puntava una pistola contro fino a quando non abbassò l' arma: «Comandavo io perchè il coraggio non è di molti, e quelli che comandavano prima di me erano dei pappamolla».

 

felice maniero

E ha sempre continuato a farlo, anche quando nella sua seconda vita s' è inventato imprenditore, fondando Anyaquae assieme al figlio, per la depurazione delle acque. E' fallito anche lì e allora si è trasformato, lui, capo spietato, in un guru ambientalista, rivolgendosi a Salvini per chiedergli di fare «un decreto sicurezza per la salute dei più piccoli». E' come se un egocentrismo folle lo spingesse a salire sempre, anche gli scalini più impervi.

 

«Delle 300 persone che comandavo l' unico che ha veramente guadagnato soldi sono stato io. Tutti gli altri sono in galera, vecchi, distrutti, disperati». Lui ne aveva fatti tanti. E nell' aula bunker di Venezia chiedeva all' avvocato: «Lo sai quanti soldi ho io?». «No».

felice maniero

«Beh. Neanche io».

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