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IL POP DESIGN DI FORNASETTI - DAI FOULARD AI PIATTI: PARIGI CELEBRA IL GENIO CHE PORTÒ L’ARTE NELLA QUOTIDIANITÀ - PROFETIZZO' UN’ESPLOSIONE A MANHATTAN NEGLI ANNI '50 (MA IL FOULARD FU RESPINTO)

Gianluca Lo Vetro per “la Stampa”

fornasetti manhattan fornasetti manhattan

 

Profetizzò un’esplosione nei grattacieli di Manhattan già nei ‘50, nella stampa di un foulard. Che infatti fu respinto dal «department store» americano che l’aveva commissionato. Ma l’arte di Piero Fornasetti (1913-1988), oltre alla cronaca e alle sue previsioni, s’ispira a un surrealismo unico e inimitabile anche se imitatissimo, nonché rielaborato da tanta moda.

 

L’artista sarà celebrato dalla Francia con la grande mostra Piero Fornasetti: La Folie Pratique (Museo delle Arti Decorative 11 marzo-14 giugno 2015). Mille pezzi ricostruiranno la storia di un talento antesignano nell’applicazione dell’arte alla quotidianità: dalle pareti agli oggetti fino alle stampe per i tessuti. 


L’INCONTRO CON GIO PONTI 
L’escalation di Fornasetti inizia nel 1933, quando alla Triennale di Milano i suoi foulard vengono scoperti da Gio Ponti, genio che propugnava le decorazione di ogni superficie: dai mobili ai balconi. L’architetto del Pirellone colse subito il talento decorativo di Fornasetti e gli affidò «l’illustrazione» dei suoi progetti. Un’intuizione che avrebbe caratterizzato a pioggia tutti i tinelli Anni 50-60.

fornasetti vascafornasetti vasca

 

Avete presente quelli della nonna di gusto un po’ dubbio, con le antine disegnate da paesaggi e figurine oleografiche in bianco e nero? Non sono che la «democratizzazione» e la banalizzazione dei capolavori con cui Fornasetti rivestì i suoi «trumeau», ora da decine di migliaia di euro, le pareti del Casinò di Sanremo nel 1942 e del mitico transatlantico «Andrea Doria», 10 dopo. C’è di più.

 

In un’avanguardia di quello che oggi chiamiamo il «life style», già negli Anni 50 Fornasetti piazzò i suoi motivi su articoli all’epoca ignorati dal design in quanto d’uso comune: posaceneri (su cui applicò le prime pagine dei quotidiani compreso La Stampa), vassoi e piatti. Un vero universo che il figlio di Piero, Barnaba, raccorda al presente con altrettanto talento, aggiungendo spesso un valore sociale: come nel piatto a sostegno delle donne carcerate.

fornasetti temi e variazionifornasetti temi e variazioni


LINA CAVALIERI IN CHADOR 
Di vero culto, oggi, la serie dei piatti. Come travolto da una magnifica ossessione, Piero ritagliò l’enigmatico volto di Lina Cavalieri, ridisegnandolo nella sequenza pop di scodelle dall’iconografia surrealista, Temi e variazioni: 110 pezzi in cui il volto della cantante d’operetta è diventata, farfalla, lampadina, bottone, mongolfiera, luna e persino araba col chador: contaminazioni post-umane, profetiche in questo caso della transgenesi.

 

Questi servizi troneggiano sui deschi di Dolce e Gabbana (loro hanno i sottopiatti optical), nei convivi colti di Katherine Mondadori (si è portata i piatti coi pesci da New York) e nella dimora del conte Marone Cinzano che esibisce tutta la sua collezione di 110 piatti nel suo loft a New York.

 

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Per non parlare del giornalista Antonio Mancinelli, travolto dall’ossessione di Fornasetti: oltre a 250 piatti, possiede 50 posaceneri, uno scrittoio, le tende, il copriletto e 30 cravatte. Tanto che è stato invitato dalla Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli a tenere una lezione con la critica d’arte Maria Teresa Roberto sulla maniacalità che innesca il collezionismo di Fornasetti.


DA MOSCHINO ALL’IKEA 
Anche molti stilisti sono stati sedotti dalla follia pratica dell’artista, trasferendola nelle loro creazioni. Il primo fu Moschino negli Anni 80. Gli ultimi in ordine cronologico sono Chiuri-Piccioli in arte Valentino. Prima di sostenere questa mostra hanno addirittura realizzato una «capsule» in co-branding che spazia dagli occhiali ai complementi d’arredo.

fornasetti foulardfornasetti foulard

 

Del resto, oltre ad essere un’eccellenza del made in Italy, Fornasetti con i suoi tessuti in 3D presenta un’affinità elettiva con le stampe di Valentino. Persino l’Ikea ha attinto all’immaginario di Piero per una serie di adesivi. Segno che Fornasetti, già allora parlava una lingua universale, compatibile con ogni «localismo merceologico».

 

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