IL DIVANO DEI GIUSTI /1 - CHE VEDIAMO STASERA IN STREAMING? IO SONO RIMASTO INTRAPPOLATO DAL FANTASCIENTIFICO "IL NEMICO", CHE TROVATE SU AMAZON - IL PROBLEMA DEL FILM E' CHE PER ARRIVARE AL CUORE DELLA STORIA DEVI SUPERARE 50 MINUTI. A QUEL PUNTO, PERÒ, SEI STESO - PER RISOLLEVARMI SONO ANDATO A RIPESCARMI “LA COLLEZIONISTA” SU MUBI. ALLORA NON AVREMMO MAI PENSATO DI POTER ACCUSARE ERIC ROHMER DI PATRIARCATO NARRATIVO, MA CONFESSO CHE MENTRE CRESCEVA L’ATTENZIONE PER LA COSTRUZIONE DELLA STORIA, CRESCEVA ANCHE QUELLA PER LA SCRITTURA COSÌ TERRIBILMENTE MASCHILE... - VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
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Che vediamo stasera? Su Amazon ieri sera sono rimasto intrappolato da un film di fantascienza, “Il nemico”, ma il titolo originale suona “Foe”, diretto dal Garth Davis di “Lion”, tratto da un romanzo di Iain Reid, anche cosceneggiatore assieme al regista, con due bravissimi attori come Saoirse Ronan, qui incredibilmente spesso nuda e Paul Mescal. Un po’ per loro, molto coinvolti, un po’ per l’incredibile spettrale set in un’Australia truccata da Ontario, sono andato avanti invece di seguire le indicazioni che su Rotten Tomatoes segnalavano il film come non proprio riuscito (solo il 24% di gradimento critico…).
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Una giovane coppia, Ronan e Pascal, vivono in una casa di famiglia di lui in una sorta di America massacrata dalla siccità e da disagi di fine millennio (il prossimo). E’ allora che arriva uno strano figuro, Aaron Pierre, a spiegare loro che il marito, Paul Mescal, è stato scelto, anzi precettato, dalla società-governa che domina il mondo, come colonizzatore spaziale. Per non lasciare la moglie sola, al suo posto arriverà una sorta di doppio del tutto identico a lui. Per 50 minuti di film non accade molto, a parte i dialoghi con l’uomo del governo che spiega alla coppia come avverrà la cosa. Ma nella seconda parte del film rileggeremo tutto quello che abbiamo visto in altro modo.
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E partirà un melo inaspettato, perché la moglie si innamora del doppio del marito e lui, al suo ritorno, sarà geloso. Tutto possibile. Solo che per arrivare al cuore della storia, devi superare ben 50 minuti di film. A quel punto, però, sei steso. Magari in sala il film avrebbe avuto un impatto diverso. Ma non credo che nasca come film da sala. E tutto quello che vediamo ci appare, alla fine molto ambizioso e non tanto riuscito. Peccato, perché i due protagonisti si mettono molto in gioco, e in fondo la storia non è affatto male.
Per risollevarmi sono andato a ripescarmi un vecchio film di Eric Rohmer su Mubi, anche per vedere quanto fosse invecchiato o quanto, invece, fosse attuale. Ho scelto “La collezionista”, con l’allora giovanissima Haydée Politoff, che ebbe anche una sua carriera italiana nel cinema esotico-erotico, ragazzina perennemente imbronciata molto sexy che alla fine degli anni ’60 ebbe un suo momento di gloria, dove ripeteva, in pratica, il modello che le aveva disegnato Rohmer, la ragazza che colleziona trofei maschili al di là dei sentimenti.
Se i meccanismi narrativi sono ancora incredibilmente perfetti, con uno scontro al fioretto tra il protagonista, il bel Adrien di Patrick Bauchau, e la ragazza, Haydée, ospiti di una villa al mare di ricchi fancazzisti parigini, lui sogna di non fare assolutamente nulla per un mese, lei sembra non avere idee a parte rimorchiarsi ogni sera un ragazzetto diverso, lo sguardo sulla storia e sullo scontro tra sessi, è oggi violentemente tutto al maschile per un pubblico maschile.
Rohmer non si sforza neanche di capire il personaggio di Haydée, che rimane un enigma, oltre tutto trattata pesantemente da tutti i maschi presente, mentre il narratore della storia è ovviamente l’Adrien di Patrick Bauchau, insopportabile snob parigino che “se la sente calla”, come dicono a Roma e sfida la ragazza a un piccolo gioco di potere maschio-femmina che è poi il cuore del film.
Ecco. Allora non avremmo proprio pensato di poter accusare Rohmer di patriarcato narrativo, di maschilismo, di scarsa attenzione verso i personaggi femminili, sempre oggetti di cattura da parte del maschio. Confesso che mentre cresceva l’attenzione per la costruzione della storia, cresceva anche l’incazzatura per la scrittura così terribilmente maschile del racconto.
Ma su Mubi trovate, oltre a una serie di incredibili film di Rohmer, anche “Fino all’ultimo respiro” di Jean-Luc Godard, “” di Kristoffer Borgli, il regista di “Dream Scenario”, il vecchio “Lettere a Emanuelle”, quarto film diretto da Nelly Kaplan, già assistente del barbogeo Abel Gance, un anti-Emanuelle al femminile del 1976 tratto da un romanzo della Arsan, con la giovane svedese Ann Zacharias che decide di scrivere un libro erotico pur essendo vergine, Sami Frey, Françoise Brion, Ingrid Caven. Assolutamente da recuperare.
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