CAFONALINO WIMBLEDON - ERBA TOSSICA PER FEDERER E SHARAPOVA – RE ROGER ELIMINATO DAL NUMERO 116 DEL MONDO: SI CHIUDE UN’EPOCA?

Gianni Clerici per "La Repubblica"

Ci eravamo appena ripresi, noi conformisti, dall'uscita di Rafa Nadal, ed eccoci una nuova volta, quasi increduli, nell'ora di chiusura del Club - e ahinoi, dei giornali a sorprenderci per un'altra eliminazione inattesa, quella del grande Federer. Grande, ho scritto, forse per automatismo. Aveva di fronte, il mio svizzero, un tipo a nome Stakhovsky, uno che, in quattro Wimbledon, era giunto una sola volta in 2° turno, questa stessa. Controllato simile dettaglio, rimango a domandarmi il perché.

A vederlo oggi, a chi per la prima volta lo ammirava, come lo Scriba, questo apparente gregario è parso l'ultimo rappresentante di una schiatta perduta, quella dei tennisti d'erba, i giardinieri, come uso chiamarli. Per cominciare, Stakhovsky segue regolarmente tutti i secondi servizi, come nessuno osa più.

Per meglio attaccare, si serve anche di un rovescio tagliato, che è tuttavia capace di mutare in passante liftato. Giunto a rete, angola benissimo la volè destra come la sinistra, e riesce anche a toccare con dolcezza. Nell'affermare, di fretta, tutto ciò, non posso dimenticare che la sua inattesa prestazione è stata complementare a quella di un Federer che qualcuno aveva creduto in forma per la recente vittoria di un torneino vinto contro un paio di ex-tennisti.

Il Federer di oggi ha mostrato tutte le sue attuali incertezze proprio nei tie-break, quelli che erano stati una delle sue irresistibili specialità, per uno storico controllo non solo di palla, ma di se stesso.

Ma va ricordato, prima di approfondire, un aspetto decisivo di simile sconfitta. Dopo soli tre giorni di gioco, l'erba non è ancora quella che io avevo definito "erba battuta", per la somiglianza con i campi in terra, vere e proprie aie di ferragosto. Su quest'erba si sono verificati sin qui sette e più incidenti, si è ferita Azarenka, è stata battuta Sharapova, si è ritirato Tsonga. L'erba è ormai tanto desueta, che nessuno sa più adeguarvi il suo gioco contemporaneo. E, lungi dall'essere severo dio guardi - con Roger, varrà la pena di ricordare che nessuno dei celebri avversari battuti in finale era uno specialista dell'erba, da Philippoussis a Roddick, grandi battitori ma non volleatori, da Nadal a Murray, non certo giocatori di rete.

Per ricordare sommariamente il punteggio delle tre ore di partita, osserverò che, in modo paradossale, il primo tie-break perduto è stato metabolizzato da uno Stakhovsky in grado di valutarlo e metabolizzarlo positivamente. L'atteggiamento di Federer, viceversa, pur nella sua abituale riservatezza, è stato di chi pareva non credere alla vicenda della quale diventava, invece, via via vittima. Sta ora affermando, Roger, in conferenza stampa, che lo rivedremo il prossimo anno. Mi auguro, per il grande rispetto che gli ho sempre riservato, che rifletta, a mente riposata.

Per parlar di donne, par giusto ricordare l'uscita di scena, nemmeno drammatica, ad avervi assistito, della Favorita N 3. Maria Sharapova. Confesso che, a simile vicenda, non avrei assistito, non avessi per caso incontrato quel mostruoso venditore di se stesso che è Nick Bollettieri. Conoscendo le tradizionali affermazioni, secondo le quali chi passa dalla sua Academy diventa campione del mondo, ho iniziato a diffidare. E tuttavia mi sembrava convinto, come mi ha detto: «La mia Portoghese ha vinto il torneo jr Eddie Herr a soli 12 anni, mentre Maria l'aveva vinto a 13».

Avrei quindi deciso di sacrificare qualche minuto, quasi sicuro che Nick stesse millantando. Non era così. La nuova figlia tennistica di quel grande venditore avrebbe ribattuto colpo su colpo, senza subire la supremazia muscolare di Maria, superandola in regolarità e tattica, del tutto assente in casa Sharapova. Ma non era ancora finita, questa giornata di sorprese non dissimili dalle ciliegie, oltre che di infortuni che gli statistici contano sin qui in numero di sette, numero per nulla incredibile sull'erbetta ancora verde.

Si esibiva infatti sul Centre Court il più recente campione mancato - o cosiddetto tale - del circuito, Ernests Gulbis, al quale certi colleghi attribuiscono una frequente incapacità ad affermarsi causa l'eccessiva ricchezza di Papà. Io non ho ora sottomano gli scritti di Freud, ma non vedo perché un tennista ricco non potrebbe affermarsi in un gioco praticato non certo da poveri. Gulbis, che avevo visto a Roma maltrattare, e perdere poi dal Nadal del Rosso, serviva regolarmente intorno ai 200, seguendo a rete, e colpiva con l'evidente intenzione di sventrare la palla.

Di fronte a lui, uno Tsonga non certo a disagio sull'erba, pareva rimesso da una recente botta al ginocchio sinistro. Sarebbe stupido affermare che il suo ritiro, dopo aver smarrito il 3° set, non sia stato causato da una menomazione. Ma continuo a domandarmi, e ne sono quasi convinto, che il povero ragazzo ricco, oggi, avrebbe vinto lo stesso. Vedremo In seguito se la ricchezza sia davvero un handicap alla creatività.

 

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