UNGHIAS SU AUGIAS - ALDO GRASSO GRAFFIA IL PARA-GURU DELLA ‘KULTURA’ RADICAL-CHIC CHE, OSPITE DELLA BIGNARDI, S’ERA LAMENTATO DELLA SCARSA ATTENZIONE DELLA RAI VERSO IL SUO GENIO E AVEVA ANNUNCIATO L’ADDIO: “COME MAI È RIMASTO? GLI AUGIAS USANO LA CULTURA COME SCHERMO, NE FANNO UN CATECHISMO SOCIALE. CREDENDOSI UN'APPARIZIONE, USANO UN CERTO DIRIGISMO CULTURALE PER INFLUENZARE IL MERCATO DEI LIBRI”…

Aldo Grasso per il "Corriere della Sera"

Corrado Augias ha raddoppiato: «Le storie. Diario italiano» va in onda tutti i giorni alle 12.45 e il meglio viene replicato alle 20.10, prima di «Un posto al sole». Così Rai3, con un certo trionfalismo, può dire di «portare la cultura all'ora di cena». Pranzo e cena. E meno male che «il popolare giornalista e scrittore» se ne doveva andare.

Si era fatto ospitare dalla collega «giornalista e scrittrice» Daria Bignardi (29 gennaio 2011) per lamentare la scarsa attenzione che la Rai mostrava nei suoi confronti e annunciare l'addio: l'età, i libri da scrivere, gli affetti da coltivare: «Basta televisione, vorrei dedicare questa ultima parte della mia vita ad altre cose». Come mai è rimasto? Ha ceduto all'insistenza, vecchia formula con cui un tempo si giustificava la pubblicazione di un libro modesto.

Dovremmo dunque essere contenti del doppio incarico e di avere, pranzo e cena, una fetta di cultura.C'è un piccolo però, quasi insignificante. Gli Augias non fanno cultura, gli Augias sono «devoti della cultura», categoria cui Marc Fumaroli ha dedicato un libro decisivo, «Lo stato culturale».

Per dire: Philippe Daverio fa cultura (mette brillantemente la sua competenza al servizio del mezzo), gli Augias (ce ne sono tanti) usano la parola cultura come schermo, la impregnano di un significato volontaristico e missionario (ah, quel pubblico da redimere composto materialmente e idealmente di professoresse!), la fanno diventare qualcosa di simile a un progetto mistico, a una pianificazione, a un catechismo sociale, a un gadget da servizio pubblico.

Gli Augias sono gli idoli del ceto medio riflessivo, soddisfatti di apparire credendosi un'apparizione. E, sempre cedendo all'insistenza di qualche principio superiore, usano la «cultura» con un certo dirigismo che, per altro, influenza il mercato dei libri. Vorrebbero dedicare una parte della loro vita ad altre cose, ma per fortuna poi si mettono al nostro servizio in quella vasta e sorprendente vanity fair che è la tv.

 

 

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