1- ALLACCIATE LE CINTURE. “DRIVE” È IL FILM PIÙ SPUDORATAMENTE DISDICEVOLE, PIENO DI STILE, ULTRAVIOLENTO E DIVERTENTE CHE PUOI ANDARE A VEDERE AL CINEMA QUEST’ANNO 2- UN NOIR QUASI MUTO SU UN TIZIO CHE GIRA IN MACCHINA PER LOS ANGELES CON UNO STECCHINO IN BOCCA. DI GIORNO, STUNTMAN. DI NOTTE, IL GUIDATORE GIUSTO PER LE RAPINE 3- IL GUIDATORE È RYAN GOSLING, UN BIONDONE CANADESE GIÀ BATTEZZATO IL “KING OF COOL”, IL NUOVO STEVE MCQUEEN, CHE HA GIÀ FATTO “BAGNARE” TUTTE LE RAGAZZE 4- A CANNES, ALLA FINE DEL FILM, TUTTI CON LA BOCCA APERTA E LA GIURIA UN PO’ ADDORMENTATA GUIDATA DA DE NIRO SI È RISVEGLIATA PER IL PREMIO PER LA MIGLIORE REGIA 5- IL REGISTA REFN: “LA VIOLENZA NEI MIEI FILM È SURREALE, INNOCUA. LA VERA VIOLENZA È QUELLA EMOTIVA, LA PAURA CHE NASCE DAL SILENZIO. HOLLYWOOD HA PAURA DEL SILENZIO, NON HANNO ANCORA CAPITO CHE È IL PIÙ FORTE SUONO DEL MONDO”
IL TRAILER DI "DRIVE", 1M40S IN ALTA DEFINIZIONE
http://youtu.be/ISTW3ECvRho
Marco Giusti per Dagospia
Preparatevi. "Drive" è il film più coatto dell'anno. Ma anche il film più divertente e pieno di stile degli ultimi tempi. Praticamente un noir quasi muto su un tizio che gira in macchina per Los Angeles di notte con uno stecchino in bocca. Di giorno fa lo stuntman per il cinema. Di notte è il guidatore giusto per colpi e rapine (ma avete la sua protezione solo per cinque minuti).
Ovviamente si innamora della biondina della porta accanto con figlioletto rompiballe e marito soggettone in galera e si mette nei guai quando il bastardo esce. Per amore. La vita va così. Solo che lui, il guidatore, è Ryan Gosling, un biondone canadese già battezzato il "king of cool", il nuovo Steve McQueen, che ha già fatto impazzire tutte le ragazze tra Cannes a Venezia (è anche il protagonista di "Le idi di marzo").
Lei la Carey Mulligan di "An Education" e di "Shame", dove faceva la sorella di Michael Fassbender. E il regista è il danese Nicholas Winding Refn, quello di "Valhalla Rising", un violentissimo così-ci-si-menava-tra-vichinghi che se lo vede Bossi magari si rianima e molla finalmente Berlusconi, e di "Bronson", omaggio al Charles Bronson coatto del "Giustiziere della notte".
Refn non scherza. Il padre montava i film di Lars Von Trier e lui adora soprattutto i film di genere italiani (Argento, Fulci...). A Cannes, alla fine del film, siamo rimasti tutti con la bocca aperta e una giuria un po' addormentata guidata da De Niro si è risvegliata e gli ha dato il premio per la migliore regia. Niente di più giusto. Ci sono due o tre sequenze di violenza pura nella seconda parte che rimandano al cinema ultra cool dei bei tempi. E il vecchio De Niro deve averlo recepito bene l'omaggio continuo a "Taxi Driver" (c'è pure il suo vecchio socio Albert Brooks come boss ferocissimo).
Del resto, Refn cita tutto, da Walter Hill a Don Siegel, ma digerisce anche tutto. La storia l'abbiamo già sentita mille volte, ma ci si ricasca così volentieri. Alla faccia degli estetismi di "Terraferma" e del viaggio in America di Contarello a caccia di nazisti.
In America ha già incassato 21 milioni di dollari in dieci giorni. Non pochi per un film considerato artistico e premiato a Cannes. La critica lo ha esaltato. "Stiloso fino alla pazzia", "à Two-Lane Blacktop di Monte Hellman che incontra Rapina a mano armata di Kubrick che incontra Bresson".
Philip French scomoda David Hockney e Raymond Chandler. Magari esagerano. La rivista inglese Empire lo ha capito meglio: "Non sarà Shane. Ma è la cosa più spudoratamente disdicevole, stilosa, ultraviolenta e divertente che puoi andare a vedere al cinema quest'anno".
Insomma, "un firmone", come ha sintetizzato alla fine del film il mio amico G- Max, da sempre con lo stecchino in bocca. Da noi esce venerdì 30 settembre.
2- INTERVISTA AL REGISTA NICOLAS WINDING REFN: LA VERA VIOLENZA SI CHIAMA HOLLYWOOD
Arianna Finos per "Il Venerdì di Repubblica"
Nicolas Winding Refn è un ragazzone biondo, che veste pantaloni al ginocchio e calzettoni di spugna infilati in gigantesche scarpe da ginnastica. Gli occhiali sono quadrati, fine anni Settanta. Come il suo film, Drive, l'opera che farà conoscere al grande pubblico il regista danese già apprezzato da chi ha visto la trilogia di Pusher, Bronson e Valhalla Rising.
Un noir al neon, così lo chiama l'autore, su un uomo al volante (Ryan Gosling), di giorno stuntman per Hollywood, di notte a noleggio per rapinatori in fuga. L'incontro con la vicina di casa (Carey Mulligan) e il figlio di lei spezzerà la solitudine, ma innescherà una spirale di violenza.
Refn, Drive è figlio artistico tanto suo quanto di Gosling.
«In effetti io e Ryan oggi abbiamo un rapporto da marito e moglie. Lui mi ha chiamato per il film, il nostro è stato un appuntamento al buio che ha avuto momenti difficili. Drive all'inizio era un action movie da studios. Avevo poco da dire e da fare al riguardo. Un giorno, mentre io e Ryan eravamo in macchina e pensavamo che sarebbe finita lì, abbiamo iniziato a sentire musica e io gli ho detto: "Il nostro film è su un uomo che guida di notte per Los Angeles ascoltando musica pop". Abbiamo fatto riscrivere la sceneggiatura ripartendo dal romanzo da cui era tratta».
Lei lo ha definito una favola.
«La struttura è quella di una favola, di quelle dei Grimm, che leggevo a mia figlia un paio d'anni fa. Le favole sono complesse e violente. C'è un inizio chiaro, tante cose spaventose e un lieto fine. Il mio driver è un cavaliere che vuole proteggere una dama e il figlio di lei».
Il suo cinema parla per immagini e musica. I dialoghi sono scarnissimi.
«Sono dislessico, da ragazzino non ero in grado di leggere, avevo difficoltà a interpretare le immagini. A otto anni sono andato in America. Non capivo una parola d'inglese, le immagini sono diventate la mia prima forma di intrattenimento. Mi sono innamorato del cinema. Il mio film preferito è Non aprite quella porta. La violenza nei miei film è surreale, innocua. La vera violenza è quella emotiva, la paura che nasce dal silenzio. Gli studios di Hollywood hanno paura del silenzio, non hanno ancora capito che è il più forte suono del mondo».
Come si è trovato a vivere a Hollywood?
«Mi hanno alloggiato in una villona sulle colline, con tanto di piscina. Mancava la droga e sarei stato perfetto per un film anni Settanta. Questo film è stata una traversata nel deserto, alla fine ho trovato l'acqua. Ma ho anche capito che il basso budget significava libertà ».









