ALLARME SUICIDI FRA I GIOVANI INDIANI D’AMERICA – IMPRIGIONATI NELLE RISERVE, POVERI E SENZA FUTURO, ISOLATI E SENZA SOSTEGNI PSICOLOGICI, SI TOLGONO LA VITA TRA L’INDIFFERENZA DEL PAESE

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L'albero di tamarisco vicino casa di Tyler Owens è quello dove si è impiccata la ragazzina che viveva lì di fronte. Aveva sedici anni. Su quell'albero andavano insieme a giocare, a guardare i nidi delle colombe. Su quell'albero, dopo, si suicidò il padre, devastato dal dolore per la perdita della figlia. Owens sogna un giorno di abbandonare la riserve e di fare carriera politica. Il suo amico Stone, 17 anni, è stato colpito con cinte, antenne della tv, bastoni e altro, da sua madre alcolizzata. Sogna di diventare uno psichiatra.

In un solo anno otto giovani indiani si sono suicidati nella Gila River Indian Reservation. Non è l'unico posto. In altre riserve la media dei suicidi è anche dieci volte superiore alla media nazionale.

Tra le 566 tribù di nativi americani stanno aumentando i problemi: povertà, disoccupazione, alcolismo, tossicodipendenza, violenza domestica, un senso diffuso di disperazione.

Dice Theresa M. Pouley della Indian Law and Order Commission: «Un quarto dei bambini indiani vive in condizioni di miseria. Il 17 % in meno rispetto agli altri si diploma a scuola. Soffrono di disordini post-traumatici quanto, se non di più, i soldati che tornano dall'Afghanistan».

Il Dipartimento di Giustizia americano ha creato una task force per esaminare la situazione dei giovani nativi americani e, visti i livelli di suicidio, ha cominciato a considerarlo una sorta di epidemia, non casi isolati, probabilmente un gesto estremo causato dalla disperazione, dall'incapacità di figurarsi un futuro.

La Task Force gira per le riserve indiane, parla con i leader e con gli esperti per capire come fermare il fenomeno. E' arrivata a Sacaton, 30 miglia a sud di Phoenix, per incontrare una quindicina di adolescenti. Tutti loro conoscevano qualcuno che ha già commesso suicidio.

In North Dakota una quattordicenne si è impiccata dopo il suicidio di suo padre e di sua sorella. Prima è rimasta 90 giorni a letto, in posizione fetale, forse aspettando che qualcuno si occupasse di lei, invece nessuno a scuola si è domandato perché lei mancasse.

Nella riserva non è previsto alcun trattamento per le malattie psicologiche. Il vuoto che affligge gli indiani ha origine storica. E' la delusione per una promessa infranta. Secondo i trattati del primo Novecento avremmo dovuto garantire agli indiani cure sanitarie, case e educazione. Mentre loro muoiono, il resto del paese non avverte alcuna urgenza di intervenire.

Sarah Kastelic, a capo della National Indian Child Welfare Association, usa ripetutamente la frase "trauma storico". Il suicidio giovanile era una cosa sconosciuta fra le tribù indiane, che avevano un sistema di protezione e cura verso i più piccoli che ben funzionava. Raramente si registravano casi di maltrattamento. Tutto è andato perduto quando il Governo decise di mandare i bambini indiani in scuole dove vigeva la cultura euro-americana, spesso contro la volontà dei genitori.

In molti casi le scuole erano fuori le riserve e costituivano luoghi di abusi psicologici e fisici. Il trapianto continuò negli anni '70, nel 1973 il sistema fu dichiarato fallimentare. Quelli lì sono i nonni e i genitori dei ragazzini di oggi.

Sta aumentando anche il numero di abusi sessuali e violenza domestica. Le vittime sono riluttanti a raccontare le loro tragiche esperienze perché la riserva è come un paese. Tutti si conoscono, ma non c'è nessuno specialista che li ascolti e li aiuti ad evitare il suicidio.

Per la prima volta Owens, Stone e altri adolescenti aderiranno a un programma di due giorni che insegnerà loro a riconoscere i segnali di un imminente gesto disperato.

 

 

STATISTICHE SUI SUICIDI DEGLI INDIANI D AMERICA LA MEDIA DEI SUICIDI NELLE RISERVE AUMENTA DI ANNO IN ANNO INDIANI D AMERICA FIACCOLATA CONTRO I SUICIDI DEGLI INDIANI D AMERICA IN CAMMINO PER PREVENIRE IL SUICIDIO DEGLI INDIANI D AMERICA

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