BABY WRESTLER - VIAGGIO NEL CAGE FIGHTING CON LOTTATORI DI APPENA OTTO ANNI: I BAMBINI SI AVVINGHIANO, ROTOLANO, GLI UBRIACHI URLANO. QUALCUNO HA UN RIGURGITO DI BUONSENSO: “BASTA, NON È IL CASO DI FARLI CONTINUARE”. LO RIEMPIONO DI INSULTI. “ABBIAMO PAGATO” - IN INGHILTERRA SCOPPIA LA POLEMICA: È INCREDIBILMENTE LEGALE, IL GOVERNO PENSA A UNA LEGGE: “È UNA COSA BARBARA”…

Andrea Malaguti per "la Stampa"

Si chiama cage-fighting, è una roba selvaggia che fanno anche gli adulti. Ma qui nel Lancashire, la storia è diversa. È il dieci settembre, pomeriggio inoltrato. Ed è a quel momento che si riferiscono le immagini finite prima su Youtube e poi sulla Bbc che ora fanno litigare l'Inghilterra. «Quelli sfruttano i ragazzini. E fanno schifo». Non è illegale questo wrestling per lattanti. Ma sì, fa abbastanza schifo.

Il bambino con il cappuccio dell'accappatoio che gli scopre appena il viso, come Apollo Creed del primo Rocky, ha otto anni e si chiama Kian Harltey. Ha i capelli rasati da marine. E lo stesso modo di ragionare. E' un microlottatore. Niente calci, niente pugni. Ma tutto il resto vale. Ci si fa del male. A mani nude. Senza protezioni. Tantomeno sulla testa.

Bianco, tonico, magro, gli occhi scuri che guardano il vuoto, Kian si sta avvicinando alla gabbia dove tra cinque minuti cercherà di mettere al tappeto Lucas Deeley. Il suo avversario viene da Manchester e ha sette mesi più di lui. Non ha mai perso con nessuno e lo chiamano lo Spaccaossa. Lucas ne va fiero. Pesa 23 chili ed è molto aggressivo. Ma in questo istante Kian pensa ad altro.

Il suo allenatore, un gigante con i modi da bullo di periferia presumibilmente lo è - lo massaggia sulle spalle mentre lui passa attraverso due ali di folla. Il piccolo non sa se sentirsi un dio o un matto. Forse entrambe le cose. Di certo non può far vedere che ha paura. Nel salone del Greenlands Labour Club di Preston, una specie di dopolavoro ferroviario, c'è un rumore da foresta, una sinfonia stonata e brutale. Grida. Birra. Sudore. Aliti mefitici. Una ragazza con la scollatura che arriva all'ombelico e una tutina blu che le stringe le cosce e la pancia gira come negli incontri milionari del Madison Square Garden. Sorride automaticamente, mentre un gruppo di energumeni cerca di toccarla.

I bambini sono in mezzo al ring e si scrutano con ferocia. Quattrocentocinquanta adulti a guardarli. Hanno pagato venticinque sterline a testa per assistere ai loro nove minuti di lotta. Tre round da tre minuti. C'è un arbitro.

I bambini si avvinghiano, rotolano, gli ubriachi urlano. Lucas di Manchester piega innaturalmente il ginocchio. Sente un male boia. Piange. Vorrebbe che lo portassero via da lì. Magari suo padre. Qualcuno ha un impensabile rigurgito di buonsenso: «Ok, basta, non è il caso di farli continuare». Lo riempiono di insulti. «Abbiamo pagato».

Ancora sei minuti di botte. Non finiscono mai. Lucas si rende conto che ogni respiro gli sottrae inconsapevolmente qualcosa. Gong. Stavolta ha perso. Crolla. Il suo allenatore lo coccola. «Piangeva solo perché ha capito che non avrebbe vinto». Una signora indignata va a denunciare la cosa. E' normale che due bambini si scannino davanti a 400 adulti ubriachi?

La polizia apre un'inchiesta. Ma il padrone del locale ha la licenza per spettacoli di questo tipo. «E' considerato uno sport: junor cage fighting. Lo fanno anche negli Stati Uniti», spiega un commissario. Il manager del club, Michelle Anderson, giura infastidito di non avere niente di cui vergognarsi. «C'è disciplina nel wrestling. E i bambini si divertono. Non possono darsi calci e pugni. Quindi non corrono rischi».

Se ne infischia delle associazioni degli psicologi, di questa dottoressa Emma Citron che va ripetendo disperata che «a otto anni i bambini sono immaturi da ogni punto di vista. E rischiano traumi irrecuperabili. Non stupiamoci se poi avranno comportamenti antisociali».

Interviene Jeremy Hunt, ministro della Cultura del governo Cameron. «E' una cosa barbara». Serve una legge. Nick Hartley, il papà di Kian, è stupito «I bimbi non fanno niente di male. Li vorreste in strada a tirare sassi alle vetrine?». L'idea di una terza via proprio non lo sfiora. Sua moglie, una rossa sovrappeso, lo bacia. «A nostro figlio piace così. E anche a noi». Kian giura che è vero e si fa portare un gelato.

 

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