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BARBARA COSTA IN ELOGIO DI MUGHINI E DEL SUO “LA STANZA DEI LIBRI”: “IN CASA SUA DI STANZE DEI LIBRI NE TROVI SETTE: SCAFFALI PIENI DEDICATI ANCHE ALLA MALIA DEL CORPO FEMMINILE. CI SONO LIBRI CHE TRATTANO I CORPI E I LORO TORRIDI INCASTRI COME SUPREMA MATERIA D’ARTE. MOSTRANO QUANTO DI BELLO, GIOIOSO E SEDUCENTE CI PUÒ ESSERE NEL SESSO...”

Barbara Costa per Dagospia

 

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Libri desiderati, scovati, scelti, tastati, né più né meno che il corpo sensuale di una donna, ma che a differenza di una donna non ti deluderanno mai. Libri che tocchi voluttuosamente prima di leggerli, sulla cui carta spasimi. Libri da perderci la testa. Da sfogliare e sfogliare all’infinito. Libri che ad averli in mano ti vengono i brividi. Brividi che nemmeno un milione di immagini su uno schermo, computer, tablet o smartphone che sia, possono dartene l’eguale.

 

Puoi vivere felice senza Facebook, Instagram e relativi followers se appartieni ad una generazione a cui i libri hanno marchiato la vita, fatto da carta alle pareti, da muro di una fortezza privata che ha sedotto così tante volte la ragazza bionda dei tuoi vent’anni. Libri che ti hanno fatto crescere, maturare, che senza di loro non saresti diventato chi sei, che ti hanno mostrato dove sbagliavi e come correggerti. E se ancora oggi ne sei innamorato perso, e pensi che una fila di vecchi libri di carta tutti allineati uno accanto all’altro sia lo spettacolo più bello del mondo da non tradire mai con un e-book, puoi solo scriverne un’apologia, come ha fatto Giampiero Mughini nel suo “La Stanza dei Libri”, appena uscito per Bompiani.

the festival at fort boyardthe festival at fort boyard

 

Di stanze dei libri in casa sua in realtà ne trovi sette: scaffali su scaffali pieni di ogni sapere possibile, e molti sono dedicati al design, al fumetto, al rock, alle prime pregiate edizioni della letteratura del Novecento intero. Alla malia del corpo femminile. Ci sono libri che trattano i corpi e i loro torridi incastri come suprema materia d’arte. Mostrano quanto di bello, gioioso e seducente ci può essere nel sesso.

 

Meraviglie per lettori dalla lussuosa immaginazione erotica, canovaccio d’educazione sessuale per pochi eletti, pagine che lasciano le stimmate, libri impastati di sesso, bombardamenti in picchiata di pornografia pura. Sono libri per collezionisti. Preziosi come le riviste riposte nella stanza più segreta di tutte, dove scovi gli otto numeri di Suck, nel 1969 il primo sexpaper europeo a celebrare senza censura il sesso in ogni sua gloria.

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Una rivista che andrebbe lodata all’infinito per quanta emancipazione e libertà ha regalato, sfoggiando il sesso più spudorato in ogni sua forma e variante, avvalendosi dell’estro di valorosi disegnatori, tra cui un giovanissimo Georges Wolinski e la sua vignetta della ragazza che si struscia su un pallone arancione e ne gode, prima da sola e dopo non più.

Georges Wolinski: uno che finisce ucciso nel massacro di Charlie Hebdo quel maledetto 7 gennaio 2015, ammazzato senza pietà dal delirio psicotico e allucinato di chi un libro lo ha falsato, ridotto a brandelli, manipolato per trovarvi motivo di uccidere.

 

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Lo stesso pazzo delirio gridato, ma allora non ascoltato, negli opuscoli delle neonate BR di fine anni ’60: pagine scritte in orripilante italiano che spiegavano chi erano e che cosa avevano intenzione di fare quegli assassini ben prima di cominciare a sparare. Ci trovi la stessa libidine oscena della violenza, la stessa ebrezza feticista della morte che esibiscono, oggi, i boia dell’Isis sul web. Pagine di carta che grondavano sangue allora, video e pagine web grondanti sangue oggi.

 

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Libri di donne e donne nei libri. Donne adorate che per un libro regalato e mai restituito ti hanno segnato la vita. Donne che per un attimo hai sfiorato e che ti hanno lasciato il progetto di un libro e un selfie malizioso, un raggio di sole tra le gambe, appeso a un muro. Donne che ti guardano dalla copertina di un disco, metà teschio e metà bellezza simbolo del terzo millennio, donne che tra le pagine di un libro si spogliano e se continui a sfogliare ti mostrano come si fa a farle godere e in quanti modi, o come sono brave a masturbarsi e ad impazzire di piacere.

 

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Donne infantili che solo grazie alla lettura di un libro riescono a crescere. Donne che nel femminismo degli anni ’70 hanno trovato la propria identità, esibendola in foto stampate su libri che allora potevano cambiarti la vita, molto più di oggi che sei connesso al mondo intero ma pochissimo di quello che apprendi rimane nella tua testa a sedimentare conoscenza.

 

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Donne giornaliste di prestigiosi quotidiani che si trovano davanti ai tesori della biblioteca di Mughini e non li capiscono, denigrandoli in articoli sbagliati. E donne sconosciute che i libri te li donano per liberarsene, perché non sanno che sono delle opere d’arte e lasciano che i loro figli ci giochino a palla. E quella donna implacabile, che un inverno di tre anni fa ti si è seduta accanto senza invito e da allora ti impone la sua compagnia. Una donna che ti fa dar via la collezione di libri e riviste del futurismo italiano, una passione intellettuale tra le più divoranti, ora racchiusa in un catalogo di tesori che non hai più.

 

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Tutto è vita e tutto è arte: il finto festival di Fort Boyard annunciato al mondo da Gianni Bertini, capelli femminili abbarbicati alle pagine di Anselm Kiefer, la foto di Antonio Lo Muscio che la guardi mentre mangi, un articolo importante su Igor Cassina che un vicedirettore stronzo non ti vuole pubblicare.

 

Ma ci sono libri che hanno più magia degli altri, e sono i libri d’artista di Richard Prince, composti da tutte le immagini che Prince decide di metterci: ragazze comuni in bikini o nude su una moto, copertine di Playboy autografate da Hugh Hefner, Pamela Anderson che spunta ovunque in tutta la sua esagerata bellezza. Sono i quattro Polaroid Portraits di Richard Hamilton, la sua mania di essere fotografato da ogni artista che incontrava, che fosse Mimmo Rotella, Andy Warhol, o Yoko Ono.

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Erano i selfie di mezzo secolo fa. E il libro più artista tra tutti, quello da non pubblicare mai, L’Histoire de J., scritto dallo stesso Mughini e illustrato da Ernesto Carbonetti, la storia porno-chic di J., una ragazza dal corpo stupendo, preda e padrona del desiderio di uomini che la coinvolgono in sfrenate avventure sessuali. Tavole sfrontate e bellissime.

 

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Sei tu che vai addosso ai libri e mai il contrario, sei tu che li cerchi perché hai voglia di sapere qualcosa che non sai. Con alcuni a leggerli è come avere un rapporto d’amore. Perché ogni libro è come un essere vivente, palpita pagina dopo pagina. Ha una storia e un’anima, ti guarda, ti parla, è felice e ti è grato se lo porti via con te, si rattrista se ti allontani e lo lasci a giacere sui ripiani di una libreria. Perché la letteratura è più importante della realtà, che altro non è se non una sua pallida imitazione.

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