ZEMAN, CRISTALLO DI BOEMIA – NELLA CONFERMA A TEMPO DI “ZDENGO” HANNO PESATO PIÙ I SUOI “MERITI OGGETTIVI” (LA STAGIONE DI TOTTI, IL LANCIO DI MARQUINHOS E LA VALORIZZAZIONE DI LAMELA) O LE DIFFICOLTÀ ECONOMICHE DI PALLOTTA E UNICREDIT NEL TROVARE SUBITO UN NOME DI PRESTIGIO PER LA PANCHINA? - SABATINI SURREALE (“COMBATTEREMO ANCORA INSIEME”) FINGE DI NON SAPERE CHE, IN GUERRA, IL BOEMO E’ ANDATO SEMPRE DA SOLO…
Malcom Pagani per il "Fatto quotidiano"
Eccoli, i promessi sposi infelici, scivolati nella peste della coniugalità . Eccola, la favola del ritorno senza lieto fine, con i letti, gli stracci e gli psicodrammi in piazza. Zeman e la Roma andranno avanti insieme, ma forse avrebbero preferito delimitare un orizzonte troppo ampio. Farla finita prima delle Idi di giugno, scendere alla stazione precedente, dimenticare il reciproco impegno fino al 2014, azzardo di una sera di mezza estate in cui ogni cosa, a iniziare dai miracoli, sembrava possibile.
Ieri a Trigoria, dove Dino Viola camminava con Liedholm a ondate regolari e Capello pretendeva il rispetto della legge marziale, l'esercito in rotta già irriso dalla curva al termine della confusa recita bolognese, mostrava il volto incerto di chi ancora dubita del risultato. Nel recinto del campo dove già si erano osservate nei confronti del Moloch piccole insubordinazioni stagionali dovute all'età (Il giovane Tallo, poi spedito a Bari: "Parla più forte, non si capisce niente") e complicati contrasti caratteriali da tenere sotto traccia (De Rossi), Zeman si è presentato regolarmente all'appuntamento. Ha allenato, dato indicazioni, corretto le imperfezioni e si è poi chiuso con Franco Baldini e Walter Sabatini a valutare un'ipotesi di futuro.
Era l'ora di pranzo. Un mezzogiorno di fuoco che in luogo di un epilogo scespiriano, ha restituito molto rumore per nulla. Gli è stato chiesto conto della conferenza stampa di venerdì, violento j'accuse alla truppa disegnata come accolita di insubordinati senza regole e religione, proseguio, nell'ottica societaria, di un'insistita soap zemaniana, il "tutto contro tutti" che è stato avversato manifesto di un'esistenza intera e coperta di Linus della sua seconda vita romana.
Gli è stato domandato se lo scudiscio significasse nerbo sulla schiena di una camerata parsa abulica, distratta, quasi disinteressata alle sorti future o evasione anticipata verso altri lidi. Se ci credesse ancora o se i sogni di gloria avessero trasmutato in incubo, stanchezza, desiderio di fuga.
Zeman ha acceso una sigaretta e poi, riunione dopo riunione, ha dato fondo al pacchetto. Senza fare un passo indietro, in attesa del redde rationem atteso venerdì all'Olimpico (il Cagliari di Cellino e con Cellino non si sa mai), rimanendo fermo sulle sue posizioni senza però dar forma plastica all'inverno del proprio evidente scontento. Senza sbattere la posta come in più d'uno, ai piani alti e pur senza avere al momento un'alternativa credibile, forse, si augurava.
Si è detto disposto a collaborare, Zeman e il dato, per un signore che per potersi esprimere liberamente si era esiliato in una Turchia meno danarosa dell'odierna o in una terza serie povera come sempre, era già indizio di una metamorfosi.
Con i tifosi pronti alla pugna per difenderne il rugoso profilo e la dirigenza italiana preoccupata per il depauperarsi del patrimonio tecnico (Stekelenurg, De Rossi) e irritata per il quotidiano spostamento della trincea, si è scelta la via della tregua. Un compromesso a tempo con piena libertà di azione, in attesa di vedere se davvero il raziocinante Catania di Maran, come detta una classifica impietosa, sia più forte della lucida follia del profeta che a Pescara, riuscì a far dimenticare Giovanni Galeone, altro guru dedito a pallone e filosofia.
In Abruzzo, quando la nostalgia si fa vento dietro le spalle e le anodine architetture del Fleming non bastano a contenerne la solitudine, l'ex ragazzo di Praga torna volentieri. Quasi ogni lunedì. Vino rosso, bionde da aspirare, arrosti, camini e fuochi fatui.
I vecchi amici di un'annata vissuta pericolosamente, la comprensione reciproca, la totale sottomissione a una fede che non permette dubbi, abiure, titubanze. Il ritorno del maestro di Totti a Roma, tra meriti oggettivi (la straordinaria stagione del capitano, il lancio di Marquinhos, la valorizzazione di Lamela) e ossessioni circolari, a Pescara aveva lasciato orfani e adepti in quantità .
Le strade del sentimento forse si riannoderanno tra pochi mesi, quando la Roma avrà un nuovo dispensatore di trame e quella del matrimonio naufragato, lascerà filtrare altri spifferi. Mai fidarsi delle apparenze. Nel giorno della promozione in serie A, quando la commozione e le suggestioni del mare di Pescara riempirono di profonde, inedite lacrime il volto di Zeman, i dirigenti della Roma pensarono che Zdengo fosse diventato un altro. Tragico errore. Si cambia per non morire. Si cambia per ricominciare. Zeman è lo stesso da 65 anni. Cristallo di Boemia più delicato delle impressioni. Sabatini sventola allegria: "Combatteremo le nostre battaglie insieme" e finge di non sapere che Zeman, in guerra, è andato sempre da solo.







