
AVE CESARE - ROMITI: “IL MONOGIORNALE STAMPA-REPUBBLICA CON ME E GIANNI AGNELLI NON SI SAREBBE MAI FATTO. C’È QUALCOSA DI INNATURALE, LA CONCORRENZA STIMOLAVA A FARE GIORNALI MIGLIORI, SARA’ ANCORA COSì? - “DE BENEDETTI NON PIACEVA ALL’AVVOCATO PERCHÈ SI DAVA TROPPE ARIE”
Silvia Truzzi per il “Fatto Quotidiano”
GIANNI AGNELLI E CESARE ROMITI
La prima cosa che vedi: una fotografia di Gianni Agnelli sulla scrivania. Per arrivare nello studio di Cesare Romiti bisogna attraversare gli ampi saloni di Palazzo Clerici: specchi, arazzi, affreschi del Tiepolo. È una passeggiata che quasi intimorisce per la bellezza. Il presidente onorario di Rcs ha naturalmente già letto i giornali. Per dovere di cortesia, Il Fatto campeggia sulla scrivania. Il saluto è questo: "Altrimenti non avrebbe creduto che lo leggo…".
Partiamo dalle notizie di questi mesi frenetici, che stanno terremotando il mondo dell' editoria: l' acquisizione di Rcs libri da parte di Mondadori e l' ingresso di Itedi, la società che pubblica La Stampa e Il Secolo XIX , nel gruppo l' Espresso. Cesare Romiti scuote la testa. E comincia così: "La scorsa primavera, ho ricevuto un premio con Ernesto Mauri, l' amministratore delegato della Mondadori. Siccome già era in piedi la trattativa per la cessione dell' area libri, ricordo che gli dissi: 'Non lo faccia mai!' E lui mi chiese: 'Perché?'. Presto detto: un editore unico ha poco senso, vedrà che vi si ritorcerà contro.
La stessa cosa penso di Repubblica e Stampa".
Come giudica l' uscita di Fca dal mondo dell' editoria?
Posso capirlo. Ma attenzione: le aziende sono fatte anche di storia, di valori, di tradizioni. Se fossimo rimasti l' Avvocato e io alla Fiat, l' operazione non si sarebbe fatta mai. Perché La Stampa è un valore non solo per l' azienda, ma anche per il territorio, per i suoi lettori. L' ho detto tante volte: la Fiat non ha mai messo becco nella gestione editoriale.
È difficile crederlo. Sul serio.
Glielo assicuro. Quelle storie sulle telefonate dell' Avvocato ai direttori e a qualche giornalista sono verissime. Ma lui era un uomo molto curioso, facile alla noia, si svegliava presto: cercava poi di combinare i suoi orari con il suo orario americano. Faceva la stessa cosa con i giocatori della Juventus per commentare le partite e i gol: li chiamava alle sette e quelli dormivano. L' Avvocato, per l' innata curiosità, sarebbe stato un giornalista. Anche se non sapeva scrivere.
Però nel libro intervista con Paolo Madron, uscito nel 2012, lei dice che era impossibile scegliere un direttore del Corriere senza interpellare Agnelli.
Ma certo! Lui era, per meriti suoi e per il ruolo che aveva, una persona che non si poteva non ascoltare. Non solo nelle faccende editoriali, naturalmente. Ricordo che in piena crisi aziendale, Leopoldo Pirelli una notte venne da noi per consultarsi.
Con l' Avvocato lo ricevemmo a mezzanotte.
Suo nipote John Elkann non è riuscito a imporre né Mario Calabresi alla direzione né la fusione Stampa-Corriere , fermata da Ferruccio de Bortoli.
agnelli nipoti lapo john elkann
Anche se all' Avvocato piaceva dire "la mia famiglia", in realtà i membri della stessa erano diversi uno dall' altro e non è giusto fare paragoni.
La Fiat, anzi la nuova Fca, è stata il primo azionista del Corriere .
Non aveva senso unire Stampa e Corriere. Così come ora è irragionevole quest' operazione con Repubblica. Non vale il discorso del risparmio, non vale parlare di sinergie e ottimizzazione.
Certo, la raccolta pubblicitaria avrà più peso: ma possiamo svilire e ridurre a questo la funzione dei giornali? Io non credo. E mi addolora pensarlo.
Carlo De Benedetti con gli Agnelli, e pure con lei, ha avuto rapporti burrascosi.
Eccome, eccome.
GIANNI AGNELLI CARLO DE BENEDETTI
Superati?
In quei 25 anni in cui sono stato a Torino, non ho mai percepito una rivalità autentica tra le famiglie. C' era tra i giornali. De Benedetti non piaceva all' Avvocato perché lo riteneva uno che si dava troppe arie, non gli piacevano certe sue uscite. Tra i due gruppi editoriali c' era un rapporto anche di affinità, tramite Carlo Caracciolo che di Marella Agnelli era il fratello.
Dicono che i due giornali - Stampa e Repubblica - manterranno ciascuno la propria identità.
Mi sembra molto improbabile. Già oggi si assomigliano. E comunque c' è qualcosa di innaturale in questa che io credo sia una scorciatoia. La concorrenza tra quotidiani e tra giornalisti stimolava a fare giornali sempre migliori.
O almeno provarci: è verosimile che d' ora in poi sarà ancora così?
I giornali di oggi non le piacciono, pare di capire.
MAURIZIO MOLINARI E MARIO CALABRESI
Tante cose mi piacevano di più in passato. Il tempo ha logorato e peggiorato non solo i giornali, ma anche la politica, i manager, la classe dirigente in generale. È vero che il passato sembra sempre più bello, ma oggi assistiamo a uno sfilacciamento sociale e anche a una dannosissima perdita dell' idea di reputazione. Più in generale, a un degrado e un impoverimento della famosa classe dirigente.
E la Repubblica diretta da Calabresi?
Mi pare che abbia aumentato la foliazione del giornale…
Torniamo alla classe dirigente: giusta la rottamazione?
Come concetto, il ricambio generazionale va incoraggiato ed è oltretutto fisiologico. Apprezzo che l' Italia abbia un premier giovane.
Quello che vedo è che l' attuale classe dirigente non affronta i due principali punti di crisi, il debito pubblico e il problema dell' occupazione.
la firma di renzi sul jobs act
Su questi punti, per quanto mi riguarda, credo di avere le idee chiare ma non penso sia il caso di esplicitarle in una intervista a un giornale. Posso dire che non trovo giusto si faccia riferimento sempre a concessioni da parte dell' Unione europea anche perché richiedere più flessibilità tradotto vuol dire: permettere di aumentare il nostro debito che già oggi è la causa principale della crisi in cui ci troviamo.
Di sicuro le piacerà il Jobs act che ha abolito l' articolo 18.
Per niente. A cominciare da questo uso dell' inglese: inutile e pure un po' provinciale.
In Italia si scrive in italiano e io credo che quest' uso degli anglicismi sia una spia del degrado. Il sacrificio in termini di diritti, incentivando la precarietà, non vale la candela. E mi lasci dire: non si rilanciano l' economia e l' occupazione senza un piano industriale. La legge di per sé non porta lavoro, è il contesto economico-finanziario che importa.