IL CINEMA DEI GIUSTI - ''CENA CON DELITTO'' È UN BEL GIALLONE ALLA AGATHA CHRISTIE DI UNA VOLTA. MOLTO DIVERTENTE, PIENO DI COLPI DI SCENA CLAMOROSI E DI UN FINALE A SORPRESA, ALMENO IO NON LO AVEVO CAPITO, È UNO DI QUEI FILM SCRITTI E DIRETTI CON GRANDE PARTECIPAZIONE. E OGNI OCCASIONE È BUONA PER STOCCATE ANTITRUMPIANE, PARODIE DEI TROLL NAZISTI, E PER DIMOSTRARE IL RAZZISMO DELLA CLASSE MEDIA AMERICANA
Marco Giusti per Dagospia
Cena con delitto
I bei gialloni alla Agatha Christie di una volta… Beh. Quello che voleva fare Rian Johnson con questo Cena con delitto (Knives Out), che ha scritto e diretto, è proprio ricostruire quel tipo di film con un cast spaziale e dove tutti, ma proprio tutti, fino all’ultimo cameriere, possono essere il colpevole. Un genere che vede come elementi fondamentali un grande cast di star e una sceneggiatura perfetta che non deve svelare nulla fino alla fine.
Johnson, che ha diretto un kolossal niente male come Star Wars-The Last Jedi, mette dentro il suo giallo pensato da anni non solo il James Bond in carica Daniel Craig, che veste in tweed ma ha un terribile accento del Sud un po’ cafone, gli dicono che parla come il gallo Foghron Loghorn della Warner, la bellissima cubana Ana de Armas, che ritroveremo nel prossimo 007 No Time To Die, vecchie e nuove star come Jamie Lee Curtis e Don Johnson, Chris Evans e Toni Colette, Christopher Plummer e Michael Shannon, camei che non possiamo non apprezzare come quelli di Frank Oz, voce e autore dei Muppets, M. Emmet Walsh, K Callan, ma anche riferimenti continui a Sleuth di Joseph Mankiewicz, alla Fletcher di Angela Landsbury a The Last of Sheila.
Diciamo che tutto parte dal suicidio di un celebre scrittore di gialli, Harlan Thrombey, interpretato da Christopher Plummer, proprio nel giorno del suo 85° compleanno. Ma si tratta veramente di un suicidio? Nella villa del fattaccio arriva la polizia e un detective privato famoso, Benoit Blac, cioè Daniel Craig, che hanno convocato tutti presenti di quel giorno, parenti, camerieri e, soprattutto, l’infermiera di Harlan, la bella Marta, Ana de Armas. Ognuno dei parenti, dall’editore dei romanzi del padre Walter, Michael Shannon, a sua sorella, Jamie Lee Curtis, al marito di lei, Don Johnson, a loro figlio Ransom, Chris Evans, alla vedova del figlio, Toni Colette, potrebbe avere un buon motivo per averlo eliminato.
E ognuno di loro, probabilmente, mente. Tranne l’infermiera Marta, incapace di mentire perché, appena dice una bugia, vomita. E’ su di lei, vera protagonista del film, e sul testamento legato alla ricca eredità del defunto scrittore che il Benoit Blanc di Daniel Craig, punta per srotolare la complicata matassa e trovare il colpevole o i colpevoli. Molto divertente, pieno di colpi di scena clamorosi e di un finale a sorpresa, almeno io non lo avevo capito, è uno di quei film scritti e diretti con grande partecipazione. E ogni occasione è buona per stoccate antitrumpiane, parodie dei troll nazisti, e per dimostrare il razzismo della classe media americana rispetto ai sudamericani e a chi venga da un altro paese.
Marta, l’infermiera, viene di volta in volta salutata come brasiliana, ecuadorena, paraguaiana, mentre lo stesso Daniel Craig ricorderà proprio ai parenti che quella che viene presentata come secolare villa di famiglia è stata in realtà acquistata dal vecchio patriarca da un ricco pakistano. Molto più libero dei film tratti dai romanzi di Agatha Christie, si permette un titolo originale ripreso da una canzone di Radiohead, l’apparizione di un celebre pezzo dei Rolling, “Sweet Virginia”, e molte divertenti battute a sorpresa. Già in sala.
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