IL CINEMA DEI GIUSTI – “E’ UN UOMO? E’ UN UCCELLO? NO, È CLARK KENT!” – ADDIO SUPERMAN

Marco Giusti per Dagospia

"E' un uomo? E' un uccello? No, è Superman!" Sì, ci sono Clark Kent e Lois Lane, la famiglia parruccona di Krypton e quella più contadina del Kansas, c'è pure un Perry White nero, gli occhiali da nerd e il costume con la S (anche se in kryptoniano stretto vuol dire "speranza"...), ma questa celebre frase del fumetto non c'è.

Come non ci sono tante altre cose del vecchio Superman, sia nella versione fumetto sia in quella dei film di Richard Donner e poi di Richard Lester, che abbiamo molto amato nel nuovo reboot (soggetti nuovi, niente, vero?) ideato da Christopher Nolan e dal suo sceneggiatore David S. Goyer per la regia di Zack Snyder e battezzato come "L'uomo d'acciaio - Man of Steel".

Certo, dovendo rivitalizzare il personaggio per il nuovo cinema Imax in 3D, chi e cosa potevano essere più alla moda di Nolan e di Snyder, con tanto di musicona assordante di Hans Zimmer, nuovo design firmato da Jim Acheson, effetti speciali paurosi che culminano in una battaglia nel centro di New York di oltre quaranta minuti assolutamente favolosa?

Detto questo, anche se "Man of Steel" puo' vantare un cattivo che rimarra' nella storia come il generale Zod di Michael Shannon, che non ci fa rimpiangere lo Zod di Terence Stamp, e che domina totalmente la scena, in generale si rimane un po' freddi rispetto a questo nuovo Superman che non e' ne' la favola nera del Batman di Nolan ne' possiede la forza coatta di "300" di Snyder o la complessita' di "Watchman".

Henry Cavill e' un buon uomo d'acciaio nella tradizione di Christopher Reeve, ma non possiede ancora ne' quella ingenuita' del suo Superman ne' l'autorevolezza da supereroe moderno autodistruttivo. Se Russell Crowe e' un Jor-El un po' di maniera che sembra congelato gia' nelle prime scene, sono ottimi davvero Kevin Costner e Diane Lane come i genitori terrestri del piccolo Kal-El, anche se non si capisce come il vecchio Kent sia riuscito a nascondere per tanti anni l'astronave arrivata nel suo campo proveniente da Krypton.

Amy Adams e' giusta come Lois Lane, anche se le preferiamo la Margot Kidder originale e, soprattutto, perdere l'idea del Clark Kent che si nasconde alla giornalista provochera' qualche turbamento ai fanatici del supereroe.

Inoltre smonta la teoria di Umberto Eco, scritta nel 1964, che il pubblico si identifica nel personaggio proprio per il suo lato nerd di giornalista occhialuto alla Tommaso Cerno. Rimane intatta, invece, la teoria ipotizzata sul "New Yorker" da Michael Chabon sul costume di Superman che non nasconde, ma svela l'eroe e lo rende nudo e libero di fronte al mondo nella sua diversita'.

Il problema principale per Nolan e Goyer e' quello di umanizzare Superman senza passare per Clark Kent. In questo e' fondamentale lo scontro "politico" con Zod, più che un Pol Pot comunista un terrorista islamico alla "Zero Dark Thirty", il film che curiosamente sembra più affine ideologicamente a questo di Snyder, nel suo misto di patriottismo reazionario e di iperscrittura da macchina bellica.

Superman deve scegliere se abbracciare il mondo di Krypton eliminando tutti i terrestri o rimanere sulla terra come alieno e diverso. Sceglie la vita mascherata da Clark Kent, gli occhiali di Eco, anticipando forse una saga che andra' avanti negli anni, ma relegandosi a una doppia dimensione, quella umana e quella da supereroe che ha il solo limite di arrivare solo dopo 140 minuti. In pratica e' come se il vero film di Superman fosse posticipato alla sua seconda avventura firmata da Nolan e Snyder.

 

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