IL CINEMA DEI GIUSTI - IN “ACCIAIO”, TRATTO DAL LIBRO DELLA AVALLONE, DUE RAGAZZINE FENOMENALI DOMINANO LA SCENA, IN UNA PIOMBINO DEFINITA "CITTÀ DI MERDA" CHE IMPRIGIONA GIOVANI CORPI CARICHI DI EROTISMO E CHE CERCANO FUGHE IMPOSSIBILI - RIONDINO E PUCCINI SONO IL LATO POLITICO, DELLA PESANTEZZA DELLA VITA OPERAIA IN FABBRICA - MOLTE STORIE NON SI CHIUDONO, MA IL RACCONTO FUNZIONA, SENZA PIETISMI…

Marco Giusti per Dagospia

Certo uscire sotto il Festival di Roma non è il massimo per un film italiano, ma magari a Piombino se lo vedranno questa versione cinematografica del romanzo di Silvia Avallone "Acciaio" diretta da Stefano Mordini, che già ci aveva dato sette anni fa l'interessante "Provincia meccanica". Anche se non sono così sicuro che il film verrà amato a Piombino e dintorni.

Soprattutto con battute del tipo "Non ne posso più di questa città di merda". "Voglio andarmene da questa città di merda", dette dalle due ragazzette protagoniste, Anna Bellezza e Matilde Giannini, loro sì di Piombino, non-attrici totalmente nuove e parecchio interessanti. Ma tutto il film, come tanti film americani indipendenti, gira attorno alla "città di merda" che imprigiona giovani corpi in cerca di emozioni diverse e di fughe impossibili accanto a genitori prematuramente invecchiati.

Con le sue acciaierie e il mare vicino Piombino si presta benissimo come paesaggio per storie di crescita e di desideri repressi. Le due ragazzine, che nella prima parte del film dominano la scena, toccandosi, baciandosi, anche solo muovendosi per la strada con stivaletti, shorts e maglietta, sono il motore di tutto. Da loro, dai loro corpi in cerca di sensazioni che si muovono nel paesaggio urbano di Piombino, mai vista come città vera e propria ma piuttosto come periferia e fabbrica, parte una carica erotica che contagia tutto.

È quasi dal loro desiderio ancora non chiarito, forse una ama l'altra, forse una ama il fratello, che si muove la storia d'amore proprio del fratello di Anna, Michele Riondino, per la bella manager Vittoria Puccini e tutta la parte politica del film. La fabbrica costretta a mettere in cassa integrazione gli operai, il lavoro pesante visto come l'unica cosa da fare ("preferisco prenderlo in culo otto ore al giorno che metterlo a qualcun altro" si giustifica Riondino).

Magari il film non è strutturato perfettamente, molte storie non si chiudono, altre sono troppo invadenti nel contesto complessivo, ma l'idea del racconto dominato dal desiderio, dalla bellezza dei corpi dei ragazzi e dall'acciaio della fabbrica funziona. Le due giovanissime protagoniste sono fenomenali e Riondino e Puccini bravi come sempre. E la pesantezza della vita operaia è presente giustamente per tutto il film. Senza pietismi.

 

 

VITTORIA PUCCINI E MICHELE RIONDINO IN ACCIAIO DI STEFANO MORDINI LOCANDINA DEL FILM ACCIAIO jpegACCIAIO DI STEFANO MORDINI acciaio anna bellezza con matilde giannini in una scena del film MICHELE RIONDINO IN ACCIAIO DI STEFANO MORDINI

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