1- CHE TEMPI QUANDO BEPPE GRILLO SI PRESTAVA CON LA MOGLIE ALL’INAUGURAZIONE DELLA BOUTIQUE ABATE, LA GIOIELLERIA PIÙ CHIC (E COSTOSA) DELLA PIAZZETTA DI PORTO CERVO E FABRIZIO CORONA ERA SENZA TATUAGGI E LELE MORA ERA L’IDOLO DEI “MORTI DI FAMA” E DEGLI SCROCCONI. UN ESERCITO INTERMINABILE, FATTO DI STARLETTE, MA ANCHE DI INSOSPETTABILI (GIORNALISTI, DIRETTORI, PIERRE, CONTESSE, MARCHESE E PRINCIPI) CHE ATTECCHIVANO NELLE VILLE DEL GENEROSO PADRONE DI CASA E NON SI MUOVEVANO PIÙ 2- ALFONSINA LA PAZZA RICORDA CON UNA SAPIDA DOSE DI CIANURO LA “COSTA SMERDATA” 3- COME NON RICORDARE LA MERAVIGLIOSA FESTA DI ROBERTO CAVALLI, DOVE LE SIGNORE MOLTO BLASONATE SI FREGAVANO CUSCINI E TOVAGLIE GRIFFATE DAL NASCENTE STILISTA? CHE POI SFOGGIAVANO SUL LORO YACHT O NELLA LORO BELLA CASA MILANESE O ROMANA 4- QUI, COMPLICI I FIUMI DI MOJITO, SI CONSUMAVANO ANCHE PASSIONI DI UNA NOTTE MOLTO ALTERNATIVE, COME QUELLA TRA UN CALCIATORE, ALLORA DI SERIE A E SPOSATISSIMO, CON UN GIOVANE GIORNALISTA DI SUCCESSO, CHE NON ERA ALESSANDRO CECCHI PAONE

Alfonso Signorini per "Chi"

C'è stato lo splendore degli Anni 60 e 80 con l'Aga Khan e i suoi ospiti. C'è stata l'era dei mocassini a punta, dei tronisti e delle ragazze-trolley. Oggi qualcosa sta cambiando. Ma le feste di Cavalli (con tanto di tovaglie "sparite") e i frigoriferi pieni di Lele Mora ce li ricorderemo

Diciamolo subito, a scanso di equivoci: la Costa Smeralda non è affatto morta. Vive e combatte insieme con noi. Rimane uno degli angoli più belli sulla faccia della terra e viverla regala sempre una grande emozione. È però finito da un pezzo (almeno da un paio d'anni) un certo mondo che la frequentava e che l'ha trasformata, per circa quindici anni, nella Mecca della transumanza mondana del nostro Paese.

I puristi diranno che era ora: vedere la piazzetta di Porto Cervo senza tronisti in canotta alla Costantino o sostare sulla rada della Biodola senza sorbirsi la musica a tutto volume della barca dell'avvocato romano di grido è pace dei sensi. Ma ci sono anche i nostalgici: e forse vedere frotte di russi, di arabi e cinesi, che credono di comperare con la carta di credito anche la maleducazione, a volte, mette tristezza.

Certo, questo piccolo tratto di costa della Sardegna ha conosciuto momenti di vero splendore tra gli Anni Sessanta e gli Anni Ottanta, quando l'Aga Khan e i suoi ospiti la elessero a buen retiro. Quando i pietrischi della piazzetta erano calpestati dai sandali fatti fare a mano in quel di Capri e non dai mocassini a punta di Dolce & Gabbana; quando il vento che profuma di mirto faceva volare i foulard di Hermès e non le pashmine teschiate di Alexander McQueen.

Ma è a metà degli Anni Novanta che la Costa Smeralda si riempie di morti di fama in cerca di affermazione: Porto Cervo e la più snob Porto Rotondo si trasformarono in un vero e proprio status symbol. Della serie: se sei qui conti qualcosa, se non ci sei non conti niente. Pur di esserci in quegli anni c'era gente che investiva, fosse anche per una sola estate, i capitali di una vita intera.

E poi c'era la banda delle piattole: le ragazze-trolley, quelle che arrivavano con un bagaglio a mano e non si schiodavano dalla villa e dalla barca per almeno due mesi. E quelli che passavano le loro vacanze passando da un buffet all'altro, con un solo comandamento: scroccare. Un esercito interminabile, fatto di starlette, ma anche di insospettabili (giornalisti, direttori, pierre, contesse, marchese e principi) che attecchivano nelle ville del generoso padrone di casa e non si muovevano più.

Ho avuto modo di conoscere da vicino "quella" Costa Smeralda (tranquilli, mi sono sempre pagato le vacanze di tasca mia in fior di alberghi) e credo di poter parlare con cognizione di causa. Non potrò mai scordare, per esempio, la generosità di Lele Mora. Le sue due ville si trasformavano, per un paio di mesi, in un vero e proprio residence per gli amici. Le sue vacanze erano tutte all'insegna dello sponsor.

Prima dell'inizio della stagione estiva arrivavano veri e propri tir a scaricare i loro container nelle cantine e nei congelatori. Dal culatello all'acqua minerale tutto era sponsorizzato, comprese le macchine che portavano i suoi ospiti da una parte all'altra dell'isola. Come scordare il suo frigorifero traboccante di ogni ben di Dio? E ognuno si sentiva in diritto di metterci mano, in nome di un'amicizia, di una confidenza che, al momento del bisogno, si sono dileguate come neve al sole.

Come non ricordare la meravigliosa festa di Roberto Cavalli, dove ho visto con i miei occhi signore molto blasonate (non farò i nomi per motivi di decenza) portare via sotto braccio perfino cuscini e tovaglie griffate dal nascente stilista? Sì, avete capito bene: vere e proprie ladruncole, che poi sfoggiavano la tovaglia di Roberto (per tutti era tale) sul loro yacht o nella loro bella casa milanese o romana.

E guai a non vestire gli abiti da sera, che lo stilista regalava ai quattro venti per promuoversi: una tentazione alla quale ho visto cedere tanti bei nomi romani e tanti bei nomi dell'editoria. Per un abito da sera di Cavalli "aggratis" avrebbero ucciso la loro madre. E come non ricordare gli interminabili trenini sotto le note di Maracaibo o dell'immancabile Umberto Smaila? Da quei vagoni son passati tutti, ma proprio tutti. I nomi? Beh, basta sfogliare queste meravigliose pagine e quelle che troverete nelle prossime settimane.

Questo e molto altro era la Costa Smeralda: qui si firmavano contratti, si decidevano i palinsesti della Rai, qui nascevano amori anche molto clandestini (come quello tra Giorgio Gori e Simona Ventura). Qui, complici i fiumi di mojito, si consumavano anche passioni di una notte molto alternative, come quella tra un calciatore, allora di serie A e sposatissimo, con un giovane giornalista di successo, che non era Alessandro Cecchi Paone.

Insomma, una vera e propria bolgia, che sarebbe piaciuta a Matteo Garrone, senza bisogno di scomodare messer Dante. Nostalgia di tutto questo? Onestamente no, anche se a quei tempi ci si divertiva eccome. Ma, come gli antichi ci insegnano, ogni tempo vuole il suo svago. E certi svaghi a quei tempi ci stavano benissimo. Oggi sarebbe tutto fuori luogo. Meglio una puntata a Ballaró, che un trenino alla festa di Lele Mora. Crozza docet.

 

 

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