carlo vanzina dago

REMEMBERING CARLO - DAGO: “I FRATELLI VANZINA HANNO LAVORATO REMANDO CONTRO L'ELITE, LA CRITICA DI SINISTRA, SNOB, INTELLETTUALE, DA FESTIVAL, CHE CON LA PUZZA SOTTO IL NASO E IL SOPRACCIGLIO ALZATO LI CONSIDERAVA MESTIERANTI DA STRAPAZZO. E CHE NEANCHE RECENSIVA I LORO FILM. A TANTI DI LORO, CHE OGGI PIANGONO L'ARTE CINEMATOGRAFICA DI CARLO, DIREI: RIPRENDENTE IN MANO I GIORNALI DEGLI ANNI PASSATI E ANDATE A RILEGGERE I VOSTRI GIUDIZI DEL TEMPO"

1 - I LORO CAPOLAVORI CI AIUTANO A CAPIRE LA NOSTRA SOCIETA’

Marco Gervasoni per “il Messaggero”

 

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Nessuno che voglia studiare la storia l' Italia dagli anni Ottanta in poi può concedersi il lusso di dimenticare i film di Carlo Vanzina. Quando gli studenti ci propongono tesi di laurea su quel periodo, prima di ogni altra lettura consigliamo infatti di guardare i suoi film, che in realtà sono ancora a loro ben noti: lo abbiamo visto qualche giorno fa, quando il trentenne Di Maio ha esultato per un tweet pro governo di Jerry Calà, uno degli attori simbolo della grande stagione vanziniana.

 

Film, da Sapore di Sale a Vacanze di Natale, da I fichissimi a Yuppies, fino a gioiellini meno noti come Le finte bionde, rimasti nella memoria, e da considerare classici del cinema italiano, non solo per la qualità della regia e delle trame, l' alto livello degli attori e i caratteristi geniali, ma proprio perché raccontano l' inizio di una storia, quella di un' Italia che oggi sta tramontando, o forse già non c' è più.

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POST BOOM

Così come il padre di Vanzina, Stefano, in arte Steno, Monicelli e Risi avevano dipinto l' Italia postbellica e del miracolo, i suoi film ci mostrano un altro paese, quello del post boom. Diventato più ricco, più maturo, importante anche sul piano internazionale, più aperto ed europeo, ma anche più cinico e disincantato. Un'Italia, quella dagli anni Ottanta in poi, in cui le ideologie politiche declinavano, cresceva l'individualismo e si diversificavano i costumi.

 

Un'Italia in cui la scalata sociale dai ceti popolari a quelli affluenti era però frequente e possibile: i film vanziniani sono popolati da personaggi umili, anarcoidi, refrattari alle regole, arricchitisi però in maniera lecita e capaci con questo di regalare energia a chi li circonda. Come nell' apologo di Bernard de Mandeville, i vizi privati diventano pubbliche virtù: se i primi sono sempre ben in evidenza nei film, le seconde sovrastano comunque il proscenio.

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L'INCARNAZIONE

L'interpretazione della storia italiana proposta dai film di Vanzina ci sembra poi più persuasiva di tante letture: la crisi degli anni Settanta e persino il terrorismo non sembrano così rilevanti, proprio perché non lo sono stati veramente, e le continuità tra gli anni del miracolo e quelli del post boom si ritrovano in un' Italia che cresce.

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I personaggi incarnati da De Sica, da Boldi, da Calà da Abatantuono, ma anche da interpreti femminili come Stefania Sandrelli, Isabella Ferrari e Virna Lisi, sono tipi di italiane e di italiani, di diverse classi sociali e regioni, che frequentano identici luoghi e parlano la stessa lingua: era una società più unita e per molti verso meno inegualitaria, quella descritta dai film di Vanzina, di questa contemporanea, scossa dalla disruption della globalizzazione.

 

Più omogenea anche geograficamente: pur essendo per molti versi tipicamente romani, i Vanzina seppero raccontare come nessuno le trasformazioni della Milano degli anni Ottanta; e non solo nel genere commedia, pensiamo a Sotto il Vestito niente e a Via Montenapoleone.

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LE ACCUSE

Sono film che esaltano l'edonismo, l'immoralità, il disimpegno, l'effimero, come accusava la sinistra, che li detestava? Tutt'altro. Se la società dei film di Vanzina è una democrazia che sale, e cerca di far arricchire tutti, alla fine la responsabilità individuale, il buon senso e un certo, inconsapevole ma robusto, sentimento di giustizia, animano i personaggi.

 

A un dato momento, dalla metà degli anni Novanta, però, i film di Vanzina sono riusciti solo in parte a raccontare l'Italia, pur prevedendo molte derive, da quella della corruzione politica agli scandali finanziari. Non per colpa del regista e degli sceneggiatori però: a un'Italia individualista in forme ancora sane se n'è sostituita una frantumata, slabbrata e incattivita, che nessuno è stato finora in grado di narrare.

 

Tanto è vero che le pellicole eredi del genere vanzianiano sono oggi costrette al macchiettismo, a cui i loro film invece sfuggono. Se vogliamo si apra una stagione nuova, meglio rivedere i grandi film di Vanzina: ci aiuteranno a capire dove, tutti, abbiamo sbagliato. E ce lo faranno capire facendoci ancora ridere.

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2 - CARLO VANZINA: D'AGOSTINO, LA CRITICA LO DILEGGIÒ EREDE COMMEDIA ALL'ITALIANA, HA FATTO SATIRA FULMINANTE SOCIETÀ

(ANSA) - "Dagli anni '80 in poi Carlo ed Enrico Vanzina hanno fatto satira del costume italiano, grazie a un'attenta osservazione della società: un compito che ha sempre avuto la commedia all'italiana, dai tempi di Risi e Monicelli. Eppure c'è stato un periodo in cui parole come 'vanzinata' o 'vanzinesco' erano un insulto".

 

Nel giorno della scomparsa di Carlo Vanzina, "mentre si sprecano celebrazioni e autocelebrazioni", Roberto D'Agostino punta il dito contro il giudizio spesso negativo della critica, "che nel filone che va da Sapore di mare a Vacanze di Natale o a Febbre da cavallo ha sempre visto un cinema di serie B, facile, mediocre, banale, commerciale, trash. E che è arrivata a dileggiare Carlo anche in modo vergognoso".

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"Eppure - sottolinea D'Agostino in una conversazione con l'ANSA - Carlo ed Enrico hanno lavorato proprio remando contro l'elite, la critica di sinistra, snob, intellettuale, da festival, che con la puzza sotto il naso e il sopracciglio alzato li considerava mestieranti da strapazzo. E che neanche recensiva direttamente i loro film, lasciando magari il compito al vice-critico. A tanti di loro, che oggi piangono l'arte cinematografica di Carlo, direi: riprendente in mano i giornali degli anni passati e andate a rileggere i vostri giudizi del tempo".

 

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"Se oggi dobbiamo analizzare la società italiana - argomenta ancora il giornalista, inventore del sito Dagospia - forse rivedendo la cinematografia dei Vanzina riusciamo a comprendere il passaggio di questi anni, quel mondo 'Cafonal' che hanno raccontato in maniera fulminante nei film con De Sica, Boldi, Jerry Calà, in linea con la grande capacità della commedia all'italiana. Del resto, basti pensare a come certa critica ha trattato Totò.

 

E perfino le prime recensioni del Sorpasso di Dini Risi furono ben lontane dall'acclamazione successiva". Abbasso, insomma, quello che D'Agostino definisce "il cinemismo, il cinema noia", in nome del cosiddetto cinema di evasione? "Il punto è essere capaci di includere: oltre a Nanni Moretti, a Bernardo Bertolucci, a Marco Ferreri, c'è anche quest'altro cinema, che però risponde ugualmente ai bisogni della gente. Siamo tutti l'alto e il basso insieme".

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