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ELTON JOHN A CARACALLA - DEGLI ARTISTI DELLA VECCHIA GUARDIA È L’UNICO CHE RIESCE ANCORA A GARANTIRE UNO SPETTACOLO FLAMBOYANT - I 68 ANNI NON L’HANNO INDOTTO A SOBRIETÀ: SE NE FREGA DELLA PINGUEDINE E DELL’ANCA ACCIACCATA E S’INSACCA IN COSTUMI CHE NON FANNO ECONOMIA DI PAILLETTES

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Giuseppe Videtti per “la Repubblica”

 

Non solo musica colta a Caracalla, nel cartellone estivo del Teatro dell’Opera di Roma. Tra la lirica e la danza, tra Puccini e Roberto Bolle, anche Dylan e, ieri sera, Elton John. Da Bob si va per passione, religiosa quasi, da Elton per curiosità, morbosa quasi. Degli artisti della vecchia guardia è l’unico che riesce ancora a garantire uno spettacolo flamboyant, e c’è da scommettere che lo farà fino alla fine, showman indomito come Liberace (nell’area vip Renato Zero esulta). I sessantotto anni non l’hanno indotto a sobrietà: Elton se ne frega della pinguedine e dell’anca acciaccata e s’insacca in costumi che non fanno economia di paillettes, folle imperatore tra le vestigia dell’impero.

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Il pianoforte è complice e paravento: lo sgabello gli allevia lo stress di una lunga performance, la tastiera suonata nell’inconfondibile stile honky tonk è pur sempre una garanzia di qualità – non uno dei tanti clown del pop, ma da mezzo secolo autore di evergreen (300 milioni di copie vendute, 6 Grammy Awards, un Oscar per le musiche del Re leone e 33 milioni di singoli nel ’97 con la riedizione di Candle in the wind reincisa per Lady D) che è piacevole e consolante cantare in coro nella torrida notte romana: 

 

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The bitch is back , con cui ironicamente apre ormai tutti gli show, Bennie and the Jets , Levon , Tiny Dancer, Rocket Man (standing ovation). Il tripudio è prevedibile, Elton ne approfitta porgendo al pubblico il microfono. Astuzie del mestiere. La voce è un bene prezioso per lui che ha una frenetica attività live - sul palco quasi ogni sera fino a metà febbraio 2016 - e non può arrivare giù di corda a Las Vegas, dove pagano dieci volte tanto per vederlo. È l’unico appunto che si possa muovere a uno showman consumato: da noi lavora al risparmio, inserisce il pilota automatico.

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Col suo tenore di vita, ville in ogni parte del mondo comprese Venezia e Costa Azzurra, non può permettersi di rallentare. I proventi del concerto romano non basterebbero neanche a saldare i conti dei giardinieri della tenuta di Atlanta. Elton la mette diversamente. «Ho scoperto che mi sento bene sul palcoscenico, mi rende più equilibrato anche nella vita privata», ci disse nell’ultima intervista a Repubblica . 

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«Un tempo dopo l’euforia dei concerti arrivavano i momenti neri, ma sono cambiato, non mi drogo più, non bevo più. Oggi il palcoscenico è un mezzo per amplificare le mie attività extramusicali». Che non sono poche. La famiglia anzitutto: l’anno scorso Elton ha sposato David Furnish, con il quale ha due bambini di 4 e 2 anni avuti da un utero in affitto; inoltre è infaticabile titolare di una Aids Foundation e sostenitore di numerose organizzazioni che riconoscono in lui un avvocato appassionato e affidabile delle cause omosessuali.

 

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«Lo scorso dicembre ho sposato l’amore della mia vita», dice raggiante. «In un mondo in cui quasi tre miliardi di persone vivono in paesi dove l’omosessualità è fuorilegge, David e io siamo consapevoli del privilegio di poterci amare apertamente ».

 

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Eppure ieri sera tra quelli che cantavano con lui Your song e Don’t let the sun go down on me c’era ancora qualcuno che aveva da ridire sul look. Allora benedetti siano i capolavori di Sir Elton (da Tumbleweed Connection a Goodbye Yellow Brick Road e oltre) ma anche le invettive, contro Putin (sulla Russia omofobica), Dolce & Gabbana (sulle madri surrogate) e i Salvini di turno. E grazie anche per la magia. E i ricordi.

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