IL DIVANO DEI GIUSTI/1 – MA UNA BELLA SERIE DA VEDERE STASERA TUTTA D’UN FIATO CI SAREBBE? BEH. SU NETFLIX LA SERIE TEDESCA “LA MIA PREDILETTA”/”DEAR CHILD” E LO SCATENATISSIMO SIMIL WESTERN COREANO “SONG OF THE BANDITS” - MA LA VERA RARITÀ È L’APPARIZIONE DEL FILM “A DAY AT THE BEACH”, SCRITTO E PRODOTTO DA ROMAN POLANSKI NEL 1970 CHE NON USCÌ MAI IN SALA E FINÌ PERSO PER OLTRE VENT’ANNI - IN QUALCHE MODO E' IL FILM CHE SALVÒ LA VITA A POLANSKI, VISTO CHE PER SEGUIRLO NON TORNÒ DA SHARON TATE A LOS ANGELES E NON FINÌ NELLE MANI DELLA BANDA DI CHARLES MANSON… - VIDEO
Marco Giusti per Dagospia
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Ma una bella serie da vedere stasera tutta d’un fiato ci sarebbe? Beh. Ieri sera mi sono visto praticamente tutta, mi manca solo l’ultima puntata, “La mia prediletta”/”Dear Child”, una serie tedesca di Netflix diretta da Isabel Kleefeld e Julian Porksen, tratta da un best seller di Romy Hausmann ispirato a una terribile storia vera di ragazze rapite, violentate e rinchiuse per anni assieme ai loro figli in un buco senza finestre. Un po’ alla “Room” se vi ricordate.
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Ma qui non si presenta tutto il terribile percorso della ragazza chiusa nel bunker, si parte già dalla fuga di una ragazza, la Lena di Kim Riedle, assieme a una bellissima bambina che non ce la racconta tutta, Naila Schubert, e alle indagine che fanno una ispettrice di Aquisgrana, Haley Louise Jones e un ispettore di Dusseldorf, Hans Low, che da anni insegue il caso della scomparsa di Lena.
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Nella prima puntata veniamo a sapere che forse il mostro è morto, che un bambino, il piccolo Jonathan, è ancora nel bunker, che la Lena portata all’ospedale, è stata presa in pieno da un’auto, non viene riconosciuta come Lena dai suoi genitori, che trovano invece la bambina identica alla loro Lena da piccola. Un rompicapo, insomma. Dove gli sceneggiatori lavorano sul passato.
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Chi è questa Lena? Che fine ha fatto la vera Lena? E lavorano sul presente. Ma il mostro è davvero morto. E come fa a controllare Lena e la bambina se è morto. Nessuno è al sicuro e niente è come sempre. Confesso che la cosa che funziona di più nella serie, e funziona in tutte le puntate che ho visto, è la costruzione con continui colpi di scena che aggiungono tessere a un mosaico che non ci è mai chiaro. Ve la consiglio, ha pure 100% di viti su Rotten Tomatoes.
Sembra che sia interessante, sempre su Netflix, la serie spagnola “In fiamme”, ispirata a un celebre caso poliziesco accaduto a Barcellona pochi anni fa, che vede come protagonista una focosa poliziotta, Rosa Peral, interpretata qui dall’affascinante Ursula Corbero, che ha due amanti, sempre poliziotti, interpretati il primo, Pedro, da José Manuel Poga e il secondo, Albert, da Quim Gutierrez. Quando il primo dei suoi amanti viene trovato morto, si pensa che sia stato ucciso dal secondo, manovrato da Rosa Peral.
Tra le serie più folli, invece, occhio allo scatenatissimo simil western coreano “Song of the Bandits” diretto da Hwang Jun-hyeock con Kin Nam-gil, Seo-hyun, Lee Hyun-wook, Lee Ho-jung, avventure di una banda di patrioti coreani, già nell’esercito giapponese, che nel 1920 diventano banditi nelle terre del Gando per proteggere i loro connazionali. Tra i nuovi film, invece, vi segnalo il fracassone “Spy Kids: Armageddon”, ideato e diretto da Robert Rodriguez, con Gina Rodriguez, Zachary levi, Everly Cargamilla, Connor Esterson, più o meno inutile come i precedenti giocattoli per bambini di Rodriguez,
ahimé.
Ma è una vera rarità, e davvero non ne sapevo nulla, l’apparizione su Netflix di “A Day at the Beach”, piccolo film inglese scritto e prodotto nel 1970 da Roman Polanski nel 1970, diretto da certo Simon Hesera, con Mark Burns, Fiona Lewis, Jack McGowran e Peter Sellers in coppia con Graham Stark come negozianti gay. Il film, che avrebbe dovuto dirigere lo stesso Polanski, dopo aver fatto qualche festival, in realtà non uscì mai in sala, finì perso per un “errore di catalogazione” per oltre vent’anni, è stato ritrovato dalla Paramount nei suoi archivi e restaurato.
Ma la cosa più incredibile è il fatto che è il film che, in qualche modo, salvò la vita a Polanski, visto che per seguirlo, sul set e al montaggio, non tornò da Sharon Tate a Los Angeles nei giorni che aveva previsto e così non finì nelle mani della banda di Charles Manson. Quando venne avvisato della terribile morte della moglie e del figlio, Polanski dovette interrompere la lavorazione del film, che venne finito e montato in tutta fretta. Tutta l’operazione del film è molto polanskiana e questo Simon Hesera non aveva e non avrà neanche dopo uno status da regista.
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