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IL NUOVO BOLLE - CHI SI CREDE DI ESSERE DAVIDE DATO, ÉTOILE ALL’OPERA DI VIENNA CHE APRIRA’ LA PROSSIMA STAGIONE DELL’OPERA DI ROMA CON ‘DON CHISCIOTTE’ - BOLLE LO HA VOLUTO NEL SUO GRUPPO; IL 18 MARZO SARÀ NELLA CAPITALE NEL GALA “LES ÉTOILES”: SONO TERRORIZZATO. MI DOVRÒ CONFRONTARE CON LA CREMA DELLA DANZA MONDIALE” - VIDEO

 

Sergio Trombetta per la Stampa

 

Per l’aria da bravo ragazzo, per il viso angelico, per l’incontestabile bravura è stato definito il nuovo Roberto Bolle. Ma per la carica sexy, l’energia che proietta in palcoscenico, le doti tecniche e di interprete se lo si accosta a Sergej Polunin non ci si sbaglia di troppo. 

DAVIDE DATODAVIDE DATO

 

Lui, Davide Dato, 26 anni, biellese, il maggio scorso è stato nominato étoile all’Opera di Vienna dal direttore Manuel Legris. Ma questa volta non è il solito artista italiano che ha successo all’estero. Di lui si sono accorti presto anche da noi e sono stati in molti a chiamarlo.

 

Roberto Bolle lo ha voluto nel suo gruppo «Bolle and Friends»; il 18 e 19 marzo sarà all’Auditorium della Conciliazione nel gala Les Étoiles organizzato da Daniele Cipriani; dal 5 al 9 luglio vestirà i panni di Don José al Carlo Felice di Genova nella Carmen di Amedeo Amodio.  

 

Testimonial per importanti brand, ha appena girato Insane Love, un corto con Clara Alonso, la Angie della serie Violetta. Infine, appuntamento davvero importante, aprirà la prossima stagione all’Opera di Roma dal 15 al 23 novembre, con Don Chisciotte nella versione Michail Baryshnikov. Ruolo che Misha aveva costruito per la sua bravura stratosferica. 

 

DAVIDE DATO 1DAVIDE DATO 1

C’è tanta carne al fuoco che un po’ lo intimorisce, ma certo l’esperienza di Insane Love con Clara Alonso è quella che più lo elettrizza: «È la storia d’amore di un giovane italiano per una ragazza argentina, che uno strano gioco del destino ha portato a Roma. E’ un amore puro, totale, travolgente, come fosse di un altro mondo, che trova la sua massima espressione nella danza che, con le coreografie di Anna Cuocolo, è la vera anima del film. Il regista Eitan Pitigliani voleva un ballerino che potesse lavorare con la forza espressiva del corpo». Già gli scatti dei primi piani testimoniano un sguardo molto intenso.  

ROBERTO BOLLE MISTY COPELANDROBERTO BOLLE MISTY COPELAND

 

Tappa importante della sua «success story» è stata la nomina a étoile sul campo al termine del Don Chisciotte a Vienna. Ma alle spalle ci sono undici anni di gavetta, a partire dalla scuola del teatro viennese, e prima ancora i sacrifici della famiglia, madre veneta, padre calabrese, a Occhieppo Superiore vicino a Biella: «La mia famiglia è sempre stata dalla mia parte. Non hanno mai avuto un dubbio che questo fosse il mio lavoro e il mio futuro».  

 

Campione italiano di salsa con la sorella Greta da ragazzino, perfetto per i ruoli brillanti, Dato ha un talento interpretativo non meno importante: «John Neumeier mi aveva voluto protagonista nella Leggenda di Giuseppe, ora mi ha affidato la parte di Nijinsky nella sua speciale versione del Pavillon d’Armide dove impersono diverse sfaccettature del ballerino russo». 

 

Il suo biglietto da visita è Arepo un assolo che Maurice Béjart aveva creato per Eric Vu-An dove indossa un fiammante «unitard», una tuta «a pelle» che rende giustizia al suo fisico statuario. È l’immagine pubblicitaria del gala Les Étoiles: «È diventata una ossessione, scherza, me la ritrovo postata tutti i giorni su Facebook. A Roma, al Gala, mi troverò in mezzo a un manipolo di danzatori tutti bravissimi, russi e americani. Sono terrorizzato perché mi dovrò confrontare con la crema della danza mondiale». 

 

CARLO FUORTESCARLO FUORTES

Ma nessuno ci crede alla sua paura perché, quando è in scena sfodera gli artigli del fuori classe. Alla domanda se intende restare a Vienna o partire per altri lidi, lui risponde da ragazzo riflessivo: «Nel poco tempo libero che mi resta mi riposo perché Vienna a differenza di New York non è una città che non dorme mai. Dopo lo spettacolo è sempre un problema trovare un posto dove cenare. Distrazioni poche. È un posto dove vorrei restare, ma con possibilità di fare anche una carriera di guest star». 

 

I suoi ruoli del cuore? «Lensky nell’Eugenio Onegin di Cranko, il califfo Abderahman in Raimonda, un perdente che Nureyev aveva trasformato in un personaggio toccante e umanissimo». E poi tre sogni nel cassetto: «Romeo e Giulietta, Des Grieux nella Manon di Mac Millan e lavorare con Christopher Wheeldon: uno che sa unire coreografia e regia in modo originale. A Londra spero di vedere il suo Un americano a Parigi. 

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