eco il nome della rosa

COGITO ECO SUM: "'IL NOME DELLA ROSA', UN LIBRO DIFFICILE E POPOLARE - IL SUCCESSO DEL ROMANZO E’ STATA UNA CONDANNA: SE UNO DIVENTA FAMOSO PER AVER UCCISO BILLY THE KID, QUALUNQUE COSA FACCIA IN SEGUITO AGLI OCCHI DELLA GENTE SARÀ SEMPRE “QUELLO CHE HA UCCISO BILLY THE KID”

ECOECO

Intervista di Antonio Gnoli a Umberto Eco pubblicata da “la Repubblica” il 9 luglio 2006

Venticinque anni fa in pochi avrebbero immaginato che un romanzo carico di ironia e di dottrina, sorprendente per ampiezza ed erudizione, a metà strada tra il teologico e il poliziesco, sarebbe diventato quello che ogni scrittore spera che accada, ma non confiderebbe neppure alla propria mamma, cioè un sogno da quindici milioni di copie. Il nome della rosa è stato questo.

 

E venticinque anni dopo resta il mistero dell’uomo che seppe dare il nome giusto alla rosa. Per questo vado a trovare Umberto Eco nella sua casa milanese, per capire la parte meno visibile di un successo, il lavoro che ci è voluto, le tracce che ha lasciato. A sorpresa apre una stanza chiusa a chiave.

 

ECO IL NOME DELLA ROSAECO IL NOME DELLA ROSA

«Qui ci sono i libri che ho consultato per i successivi romanzi». Ha l’aria di essere uno studiolo segreto, uno spazio poco illuminato, ma suggestivo. Sul tavolo un leggio con le tavole originali di un fumetto. Alle pareti testi rari: ricerche sui Rosacroce, prime edizioni di Ulisse Aldrovandi. Sul ripiano della libreria, dentro un contenitore cilindrico di vetro, galleggiano, irriconoscibili, i testicoli di un cane. Eco sorride: «Ne parlo nel mio ultimo romanzo». Ma è tempo di tornare al primo.

 

Che cosa non si sa ancora del “Nome della rosa”?

«Tutti pensano che il romanzo sia stato scritto al computer, o con la macchina da scrivere, in realtà la prima stesura fu fatta a penna. Però ricordo di aver passato un anno intero senza scrivere un rigo. Leggevo, facevo disegni, diagrammi, inventavo un mondo. Ho disegnato centinaia di labirinti e piante di abbazie, basandomi su altri disegni, e su luoghi che visitavo».

 

ECOECO

Da cosa nasceva questa esigenza visiva?

«Era un modo per prendere confidenza con l’ambiente che stavo immaginando. Avevo bisogno di sapere quanto ci avrebbero messo due personaggi per andare da un luogo a un altro. E questo definiva anche la durata dei dialoghi che non ero così certo di saper realizzare».

 

Capisco i luoghi, ma perché disegnare anche i monaci dell’abbazia?

«Avevo bisogno di riconoscere i miei personaggi, mentre li facevo parlare o agire, altrimenti non avrei saputo cosa fargli dire».

 

A volte lei dà l’impressione di non poterne più del clamore che il romanzo ha sollevato. Si sente sotto assedio?

«È fatale che ci si senta accerchiati. D’altro canto, constatare che attorno al Nome della rosa sono uscite migliaia di pagine di critica, centinaia di saggi, libri e tesi di laurea — l’ultima mi è arrivata la scorsa settimana — mi fa sentire abbastanza responsabilizzato da pronunciarmi su alcune questioni di poetica. È legittimo che un autore dichiari come lavora. Mentre la critica interviene sul modo in cui va letto un libro».

UMBERTO ECO FA LA COMPARSA NEL FILM LA NOTTE DI MICHELANGELO ANTONIONI UMBERTO ECO FA LA COMPARSA NEL FILM LA NOTTE DI MICHELANGELO ANTONIONI

 

Si può dire che con “Il nome della rosa” ha realizzato una moderna operazione ironica su un affresco medievale?

«Diciamo, come accade per altre opere, che il mio romanzo può avere due o più livelli di lettura. Se io comincio dicendo: “Era una notte buia e tempestosa”, il lettore “ingenuo”, che non capisce il riferimento a Snoopy, godrà a un livello elementare, e la cosa ci può stare.

 

Poi c’è il lettore di secondo livello che capisce il riferimento, la citazione, il gioco e dunque sa che si sta facendo soprattutto dell’ironia. A questo punto potrei aggiungere un terzo livello, da quando il mese scorso ho scoperto che la frase è l’incipit di un romanzo di Bulwer-Lytton, l’autore degli Ultimi giorni di Pompei. Ovvio che anche Snoopy stava probabilmente citando».

 

La sottile ironia letteraria, fatta di citazioni, rimandi, allusioni è un omaggio alla pura intelligenza. Ma non c’è il rischio che l’elaborazione della pagina finisca con l’avere poca narrazione e molta testa?

ECOECO

«Non sono fatti miei. Io mi posso occupare legittimamente di postille, di questa conversazione, del fatto che il romanzo è stato scritto in un periodo in cui si parlava molto di dialogismo intertestuale e di Bachtin. Se poi lei osserva, che così saranno pochi coloro che lo leggeranno, io le rispondo: sono fatti dei lettori, non miei».

 

È un’affermazione molto perentoria.

«La verità è che da quando è uscito Il nome della rosa sono stato sottoposto a una vera e propria doccia scozzese. Perché ha fatto un libro difficile che nessuno capisce? E io rispondo come il guerriero dancalo di Hugo Pratt: perché tale è il mio piacere. E allora perché ha fatto un libro popolare che tutti vogliono leggere? Mettiamoci d’accordo: è difficile, o è popolare? ».

 

Paradossalmente è entrambe le cose.

«A questo punto proporrei un’interessante questione: oggi diventa popolare un libro difficile perché sta nascendo una generazione di lettori che desidera essere sfidata».

 

A me pare un romanzo che gratifica le persone. Le fa sentire più colte di quello che sono.

«Non sono così sicuro. Il lettore ingenuo che confessa quale frustrazione tremenda sia non aver capito le citazioni in latino, mica si sente gratificato. O dovremmo concludere che c’è un tipo di lettore che gode nel sentirsi stupido».

 

ECOECO

Cosa decreta il successo di un libro come “Il nome della rosa”? Ammetterà che alla fine resta qualcosa di misterioso.

«È vero, io sto cercando delle spiegazioni. Ma solo perché lei me le chiede. Se dipendesse da me ne farei a meno. Quello che so e ho capito è che se “Il nome della rosa” usciva dieci anni prima, forse nessuno se lo sarebbe filato, e se usciva dieci anni dopo, forse sarebbe stato altrettanto ignorato».

 

C’è un esempio che abbiamo sotto gli occhi oggi: “Il codice da Vinci” di Dan Brown. Crede che se fosse uscito in un altro momento non avrebbe avuto lo stesso successo?

«Dubito che se Il codice da Vinci fosse uscito sotto Paolo VI avrebbe potuto interessare alla gente. La spiegazione del fenomeno che si è verificato su un giallo, tutto sommato modesto, è da ricondurre probabilmente alla grande teatralizzazione dei fatti religiosi avvenuta sotto il pontificato di Giovanni Paolo II. Sul romanzo di Dan Brown c’è stato un investimento teologico da parte della gente. Mettiamola così: ha scritto un libro apparso nel momento giusto».

 

È proprio l’idea del “momento giusto” che ha qualcosa di insondabile.

«Credo allo Zeitgeist, a quello spirito del tempo che ti fa fiutare le cose, e grazie al quale ricevi sollecitazioni che si traducono in qualcosa di compiuto e definito. Altrimenti, non potrei spiegarmi perché proprio nel 1978 e non prima mi viene in mente di fare Il nome della rosa. Benché, devo riconoscere, già ai tempi del Gruppo 63 io avevo pensato di scrivere un romanzo».

ECOECO

 

Perché ha scelto quel titolo, “Il nome della rosa”?

«Era l’ultimo di una lista che comprendeva tra gli altri L’abbazia del delitto, Adso da Melk eccetera. Chiunque leggeva quella lista diceva che Il nome della rosa era il più bello».

 

È anche la chiusa del romanzo, la citazione latina.

«Che io ho inserito per depistare il lettore. Invece il lettore ha inseguito tutti i valori simbolici della rosa, che sono tanti».

 

Le dà fastidio l’eccesso di interpretazione?

«No, sono dell’idea che molto spesso il libro è più intelligente del suo autore. Il lettore può trovare riferimenti cui l’autore non aveva pensato. Non credo di aver diritto di impedire di trarre certe conclusioni. Ma ho il diritto di ostacolare che se ne traggano altre».

 

Si spieghi meglio.

UMBERTO ECO e UMBERTO ECO e

«Coloro che ad esempio nella “rosa” hanno trovato un riferimento allo shakespeariano “a rose by any other name”, sbagliano. La mia citazione significa che le cose non esistono più e rimangono solo le parole. Shakespeare dice esattamente l’opposto: le parole non contano niente, la rosa sarebbe una rosa con qualunque nome».

 

L’immagine della rosa conclude il romanzo. Ma il problema vero per uno scrittore, soprattutto se esordiente, è come iniziarlo. Con quale disposizione mentale, con quali dubbi, si è posto di fronte alla prima pagina?

«All’inizio l’idea era di scrivere una specie di giallo. In seguito mi sono accorto che i miei romanzi non sono mai cominciati da un progetto, ma da un’immagine. E l’immagine che mi appariva era il ricordo di me stesso nell’Abbazia di Santa Scolastica, davanti a un leggio enorme che leggevo gli Acta Sanctorum e mi divertivo come un pazzo. Da qui l’idea di immaginare un benedettino in un monastero che mentre legge la collezione rilegata del manifesto muore fulminato».

 

Un omaggio ironico all’attualità.

«Troppo attuale e allora mi sono detto se non fosse stato meglio retrodatare tutto al medioevo. L’idea che un frate morisse sfogliando un libro avvelenato mi pareva efficace».

UMBERTO ECO UMBERTO ECO

 

Come l’ha avuta?

«Credevo fosse un parto della mia fantasia. Poi ho scoperto che esiste già nelle Mille e una notte e che Dumas l’aveva copiata nel ciclo dei Valois. Quindi è un vecchio topos letterario. Essendo un narratore citazionista mi ha divertito».

 

So che all’inizio non aveva intenzione di dare “Il nome della rosa” alla Bompiani.

«Era la casa editrice nella quale avevo lavorato e pubblicato tutti i miei libri. È chiaro che lo avrebbero preso a scatola chiusa. Ma in un primo momento pensavo di consegnarlo a Franco Maria Ricci. Pensavo a una tiratura di mille copie in una collana raffinata».

 

E invece?

«Si sparse la voce che Eco aveva scritto un romanzo. Prima mi telefonò Giulio Einaudi, poi, mi pare, Paolini della Mondadori. Lo avrebbero preso senza discutere. A quel punto tanto valeva che lo pubblicassi con il mio editore».

 

Per essere un romanzo di nicchia non male. “Il nome della rosa” è stato pubblicato in trentacinque paesi. Cosa prova nel sentirsi consacrato a livello internazionale?

ECO SCALFARI E RAVASI UMBERTO ECOECO SCALFARI E RAVASI UMBERTO ECO

«Più che la fama, che non guasta, mi gratificano le lettere dei lettori. E da questo punto di vista, l’America è stata una vera sorpresa. Mi scrivevano non solo da San Francisco o da New York ma dal Midwest.

 

Uno scrisse dicendo che per il solo fatto di aver nominato Eckart, il grande mistico, gli facevo tornare alla memoria un suo antenato europeo con lo stesso nome. Era per molti di loro un modo di conoscere le proprie origini».

UMBERTO ECO UMBERTO ECO

 

A una critica negativa come reagisce?

«Non faccio tragedie. Quando ci si accorge che essa può dire tutto e il contrario di tutto, allora concludo che la critica è una mera reazione di gusto».

 

Lei ha scritto cinque romanzi. L’idea che il suo maggior successo sia stato il romanzo d’esordio cosa le fa pensare?

«Ci sono autori fortunati che toccano il picco delle vendite alla fine della loro vita e autori disgraziati che lo toccano all’inizio. Quando al tuo esordio vendi tantissimo, dopo puoi anche scrivere La Divina Commedia ma non raggiungerai mai più quelle cifre».

 

Umberto Eco (Fotogramma)Umberto Eco (Fotogramma)

Considera una specie di condanna che qualunque cosa lei faccia si finirà sempre col tornare al “Nome della rosa”?

«Lo è senz’altro. Ma è anche una legge della sociologia del gusto, o meglio della sociologia della fama. Se uno diventa famoso per aver ucciso Billy the Kid, qualunque cosa faccia in seguito — dal diventare presidente degli Stati Uniti allo scoprire la penicillina — agli occhi della gente sarà sempre “quello che ha ucciso Billy the Kid”».

eco umberto eco umberto

( da La Domenica di Repubblica, 9 luglio 2006)

 

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni nordio mantovano almasri francesco franco lo voi

DAGOREPORT - PER RISOLVERE LA FACCENDA ALMASRI ERA SUFFICIENTE METTERE SUBITO IL SEGRETO DI STATO E TUTTO SAREBBE FINITO LÌ. INVECE LA MAL-DESTRA HA PRESO IL SOPRAVVENTO BUTTANDOLA IN CACIARA E METTENDO NEL MIRINO IL PROCURATORE LO VOI, MOLTO LONTANO DALLA SINISTRA DELLE “TOGHE ROSSE” - QUELLO CHE COLPISCE DEL PASTICCIACCIO LIBICO È CHE SIA STATO CUCINATO CON I PIEDI, MALGRADO LA PRESENZA A FIANCO DI GIORGIA MELONI DI UN TRUST DI CERVELLONI COMPOSTO DA UN EX MAGISTRATO AL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (CARLO NORDIO), UN PREFETTO A CAPO DEGLI INTERNI (MATTEO PIANTEDOSI) E DI UN ALTRO EX GIUDICE ALFREDO MANTOVANO, SOTTOSEGRETARIO DI STATO - NELL’INCONTRO AL COLLE, LA DUCETTA HA ILLUSTRATO A MATTARELLA (CHE RICOPRE ANCHE LA CARICA DI PRESIDENTE DEL CSM), COSA AVREBBE TUONATO VIA SOCIAL CONTRO LE “TOGHE ROSSE”? OVVIAMENTE NO… - I VOLI DI STATO PER IL TRASPORTO DI AUTORITÀ, LE MISSIONI E GLI INTERVENTI A FAVORE DI PERSONE COINVOLTE IN “SITUAZIONI DI RISCHIO” (DA CECILIA STRADA AD ALMASRI), VENGONO EFFETTUATOI DAI FALCOM 900 DELLA CAI, LA COMPAGNIA AERONAUTICA DI PROPRIETÀ DEI SERVIZI SEGRETI, CHE FA BASE A CIAMPINO

romano prodi dario franceschini giuseppe conte elly schlein

DAGOREPORT - COME ANDRÀ A FINIRE LO PSICODRAMMA MASOCHISTICO DEL CENTRO-SINISTRA IN VISTA DELLE REGIONALI 2025 E DELLE POLITICHE DEL 2027? A PARTE FRANCESCHINI, L’HANNO CAPITO TUTTI CHE MARCIANDO DIVISI, PER I PARTITI DELL’OPPOSIZIONE LA SCONFITTA È SICURA - CHIUSA NEL BUNKER DEL NAZARENO CON UNA MANCIATA DI FEDELISSIMI, ELLY SCHLEIN HA GIÀ UN ACCORDO SOTTOBANCO COL M5S DI CONTE PER MARCIARE UNITI ALLE PROSSIME REGIONALI IN TOSCANA, CAMPANIA E PUGLIA E VENETO. UNA VOLTA UNITE LE FORZE, LE PRIME TRE, ACCORDO IN FIERI COL REGNO DI NAPOLI DI DE LUCA, IL SUCCESSO PER L’OPPOSIZIONE È SICURO - IN VISTA DELLE POLITICHE DEL 2027 VINCERÀ L’IDEA DI UN ‘’PARTITO-PLURALE’’ CON ELLY CHE SI ACCORDERÀ CON IL PADRE NOBILE E SAGGIO DELL’ULIVO, ROMANO PRODI, SULLE PRIORITÀ DEL PROGRAMMA (NON SOLO DIRITTI CIVILI E BANDIERE ARCOBALENO), E FARÀ SPAZIO ALL'ANIMA CATTO-DEM DI BONACCINI, GENTILONI, GUERINI, RUFFINI...

fedez chiara ferragni game over matrimonio x

“CHIARA, TI RICORDI QUANDO HAI AMMESSO A FEDEZ CHE TI SEI SCOPATA ACHILLE LAURO?” - IL “PUPARO” DEL RAPPER, FABRIZIO CORONA, BUTTA BENZINA SUL FUOCO: “RACCONTERÒ LA MOGLIETTINA PERFETTA CHE SEI, QUANTE STRONZATE RACCONTI DA 15 ANNI, I TUOI AFFARI SPORCHI E L'AMORE CHE PERÒ HAI VISSUTO TRADENDOLO COSTANTEMENTE" - L’IRRESISTIBILE SCENEGGIATA, RICCA DI MIRATISSIMI COLPI ALL'INGUINE MESSA IN SCENA DALL’EX DUO FERRAGNEZ, CONFERMA LA PIÙ CLASSICA CONVINZIONE FILOSOFICA-EUCLIDEA: L'IDIOZIA È LA PIÙ GRAZIOSA DISTANZA FRA DUE PERSONE (SALVO POI SCOPRIRE CHE, AL LORO CONFRONTO, I COSIDDETTI MEDIA TRASH SCANDALISTICI SONO INNOCENTI COME TUBI) - AMORALE DELLA FAVA: IL LORO MATRIMONIO CELEBRATO NEL 2018 IN UNA LOCATION DI LUSSO DI NOTO, TRASFORMATO IN LUNA PARK VERSIONE FLOWER POWER, CON RUOTE PANORAMICHE E CONSOLLE DI DEEJAY, ERA UNA PROMESSA DI FUTURO: PAGLIACCIATA ERA, PAGLIACCIATA È STATA - VIDEO

luigi lovaglio - francesco gaetano caltagirone - giancarlo giorgetti - milleri - alberto nagel - philippe donnet mediobanca mps

DAGOREPORT - NEL GRAN RISIKO BANCARIO, L’UNICA COSA CERTA È CHE MONTE DEI PASCHI DI SIENA È ORA NELLE MANI DI DUE IMPRENDITORI PRIVATI: MILLERI E CALTAGIRONE. ALTRO CHE BANCA LEGHISTA COME CIANCIA SALVINI - ALTRA CERTEZZA: L’OPS SU MEDIOBANCA SARÀ COMPLETATA DOPO L’ASSALTO A GENERALI - SE L’IMMOBILIARISTA CALTARICCONE SOGNA LA CONQUISTA DELLA SECONDA COMPAGNIA EUROPEA CHE GESTISCE 32 MILIARDI DI EURO DI BENI IMMOBILI, ALCUNI EREDI DEL VECCHIO ACCUSANO MILLERI DI ESSERE SUBALTERNO AL DECISIONISMO DI CALTA - SULLA PIAZZA DI MILANO SI VOCIFERA ANCHE DI UNA POSSIBILE DISCESA IN CAMPO DI UN CAVALIERE BIANCO CHE LANCI UN’OPA SU MEDIOBANCA PIÙ RICCA DELL’OPS DI CALTA-MILLERI-LOVAGLIO...

giorgia meloni nordio mantovano almasri francesco franco lo voi

DAGOREPORT - QUANDO LA MELONI DICE "NON SONO RICATTABILE", DICE UNA CAZZATA: LA SCARCERAZIONE DEL TORTURATOR ALMASRI È LA PROVA CHE LA LIBIA USA I MIGRANTI A MO' DI PISTOLA PUNTATA SULL'ITALIA - CHE POI PALAZZO CHIGI NON SAPPIA GESTIRE LE SITUAZIONI DI CRISI E' LAMPANTE: SAREBBE BASTATO METTERE IL SEGRETO DI STATO, INVECE CHE MANDARE PIANTEDOSI A CIANCIARE DI " ALMASRI, PERICOLO PER LA SICUREZZA", E NESSUNO SI SAREBBE FATTO MALE - L'ATTO GIUDIZIARIO DELLA PROCURA DI ROMA NON C'ENTRA NIENTE CON IL CASO SANTANCHÈ - LO STRETTO RAPPORTO DI LI GOTTI CON I MAGISTRATI - LE VOCI DI VOTO ANTICIPATO PER CAPITALIZZARE ''GIORGIA MARTIRE DELLA MAGISTRATURA''. CHE NON È SUL TAVOLO: SOLO MATTARELLA DECIDE QUANDO SCIOGLIERE LE CAMERE (E SERVIREBBE CHE O LEGA O FORZA ITALIA STACCASSERO LA SPINA AL GOVERNO...)

friedrich merz donald tusk giorgia meloni trump emmanuel macron olaf scholz mario draghi

DAGOREPORT - AL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO SARANNO DOLORI PER LA MELONI INEBRIATA DAL TRUMPISMO - IL PRIMO NODO DA SCIOGLIERE SARÀ LA RATIFICA, UNICA MANCANTE DEI 27 PAESI, ALLA RIFORMA DEL MECCANISMO EUROPEO DI STABILITÀ (MES), A GARANZIA DI UNA CRISI BANCARIA SISTEMICA. LA DUCETTA AVEVA GIA' PROMESSO DI RATIFICARLO DOPO LA FIRMA DEL PATTO DI STABILITÀ. MA ORA NON POTRÀ INVENTARSI SUPERCAZZOLE DAVANTI A MACRON, SCHOLZ, TUSK, SANCHEZ, LEADER CHE NON NASCONDONO DIFFIDENZA E OSTILITÀ NEI CONFRONTI DELL'UNDERDOG CHE SI È MESSA IN TESTA DI ESSERE IL CAVALLO DI TROIA DELLA TECNODESTRA AMERICANA IN EUROPA - MA IL ROSPO PIÙ GROSSO DA INGOIARE ARRIVERÀ DALL’ESTABLISHMENT DI BRUXELLES CHE LE FARÀ PRESENTE: CARA GIORGIA, QUANDO VAI A BACIARE LA PANTOFOLA DI TRUMP NON RAPPRESENTI LE ISTANZE EUROPEE. ANZI, PER DIRLA TUTTA, NON RAPPRESENTI NEMMENO L’ITALIA, MEMBRO DELLA UE QUINDI SOGGETTA ALLE REGOLE COMUNITARIE (CHE HANNO TENUTO A GALLA IL PIL ITALIANO CON I 209 MILIARDI DI PNRR), MA RAPPRESENTI UNICAMENTE TE STESSA…