“ERO RIMASTA CO ‘NA SCARPA E ‘NA CIAVATTA” - ALLA FINE DI "UNICA", RESTA SOLO LA DISPERAZIONE DI ILARY PER LE SCARPE E LE BORZETTE "NASCOSTE" DAL PUPONE - FABIANA GIACOMOTTI SDERENA LA BLASI E IL CIRCO DI FAMIGLIARI E AMICI CHE RACCONTANO FREGNACCE DA FOTOROMANZO SULLE CORNA DI CASA TOTTI: “RIECCOCI AL CAFFÈ DURATO 45 MINUTI PRESO COL TIZIO QUASI SCONOSCIUTO DA OTTOCENTO FOLLOWER, MA ACCOMPAGNATA DALL’AMICA PARRUCCHIERA, CHE HA SCATENATO LA RABBIA INOPINATA DEL MARITO - QUELLO DI ILARY, BELLA, ANCHE ABILE, È UN MONDO PICCOLO, FATTO DI QUEI FAMIGLI CHE INCONTRI ANCHE A SANREMO O NEI CONCORSI DI BELLEZZA MENTRE AVVOLGONO DI UN’ATTENZIONE SOFFOCANTE LA LORO GALLINA DALLE UOVA D’ORO…” - VIDEO
Fabiana Giacomotti per Dagospia
fabiana giacomotti foto di bacco (1)
Si potrebbe suddividere “Unica”, la fiction testimoniale di Ilary Blasi che sarebbe improprio definire docufilm, per temi specifici e trattarli così, uno dopo l’altro. Argomento “turpiloquio costante”: fluisce spontaneo, in tutta evidenza la signora non ha mai ritenuto importante correggersi o censurarsi (peraltro usa espressioni da trivio anche l’intervistatore, forse l’avranno scelto per contiguità lessicale, mah).
Argomento “lacrime a fiumi”: manifestazione di delicatezza di sentimenti che in apparenza contrasterebbe con la sezione precedente, ma che in realtà le si sovrappone perché, a dispetto della moda recente di versare lacrime in pubblico (in milanese “caragnare”, rende molto bene l’idea), l’impudicizia emotiva non è meno volgare di quella lessicale.
A casa Blasi piangono tutti, copiosamente, anche le parenti acquisite che “Ilary non mi voleva abbracciare mai perché non è espansiva”; a nessuna si squaglia mai il trucco, beate loro. C’è però un argomento, o per meglio dire un accessorio, che li unisce tutti, un elemento visivo e narrativo che sottende, costante e molto invasivo, a tutta la fiction. Le scarpe.
fabiana giacomotti foto di bacco
Entrano in scena dal minuto uno, altissime, di vernice, indossate sotto una camicia di seta appena slacciata, un paio di pantaloni di taglio maschile e quel genere di pettinatura a boccoloni lunghi che definisce l’origine geo-etnica di Roma nord e che, volendo, si potrebbe apparentare a quella di certa statuaria popolare, corona di riccioli sulla fronte, treccia annodata sulla nuca, delle matrone del tardo impero romano.
Una delle scarpe di Ilary Blasi in particolare, conquista il primo piano quasi immediatamente, non tenuta a terra ma squadernata sulla poltrona di design, estremità taccuta di una gamba che viene appoggiata larga, comodamente aperta.
Se il modello della fiction di Ilary Blasi era la celebre intervista a Lady Diana sul suo “matrimonio troppo affollato”, lo stile risulta un po’ diverso, a partire dalla postura delle gambe. Devo dire che non mi sarebbe mai venuto in mente di seguire quest’oretta di chiacchiere fra Ilary Blasi e sua madre, sua cognata, sua sorella che a sua volta ha un nome fantasioso e chiosato in Y, perfino un tassista che si permette allusioni alle quali chiunque di noi sarebbe scesa dall’auto minacciando querele, ma qui – come avrete capito – ci troviamo sul piano inclinato di un mondo parallelo e dove la sventurata risponde, anzi argomenta annodandosi i boccoli, se non fossi stata gentilmente pregata di farlo.
Prima di rassegnarmi alla visione, ho dato un’occhiata alla classifica di Netflix, scoprendo che da una decina di giorni la storia della t shirt “6 unica”, di cui avevo dimenticato la genesi - il titolo della fiction mi pareva un filo egoriferito, poi mi sono ricordata della maglietta di Francesco Totti che diede il la alla moda della dichiarazione amorosa in campo con i tifosi scatenati - è saldamente posizionato nella top ten nazionale.
Dunque, c’è una quota consistente di italiani che gode di questa narrazione da fotoromanzo, e senza dubbio della faccenda degli orologi e delle scarpe “arrubbate”. Ricorderete i fondamentali: mettendo in mezzo quotidiani titolati e avvocati, lui accusò lei di aver ritirato dalla cassetta di sicurezza comune i Rolex “con la garanzia e la scatola “originale”; lei rientrò da un viaggio scoprendo che per ripicca, lui le aveva trafugato “’e borzette” e la collezione, va riconosciuto pregevole, di calzature.
“Era rimasta co ‘na scarpa e ‘na ciavatta”, commenta dolente Ilary nella battuta che, se il produttore fosse spiritoso e la signora pure, avrebbe dato il titolo alla fiction. Sull’argomento-Rolex, la cronaca e la stessa Ilary Blasi svelano che si siano ancora pendenze, (“ho preso solo i miei”), ma le scarpe sono state ritrovate – come tutti gli uomini anche Totti non aveva voluto stancarsi, le aveva piazzate in una controsoffittatura del villone - e il pubblico della fiction, a questo punto documentale davvero, può verificarne la consistenza con i propri occhi. Eccole, le scatole impilate e mostrate con gioia: arancio del marchio X, rosse del marchio Y, color cartone del brand Z: una distesa di scarpe, e tutte nelle scatole che, vi sarà chiaro, sono il feticcio del possesso in casa Totti- Blasi o di quel che ne rimane.
Non sono solo belle scarpe, non sono solo orologi importanti: sono oggetti “co ‘a garanzia”, la carta velina che li avvolge, la scatola “origginale”, testimoni della stessa autenticità che Ilary Blasi e Francesco Totti perseguono da una vita. Loro non sono dei fake, non comprano contraffazioni, vintage per carità e comunque a possederlo.
Le scatole sono il simbolo di un mondo nuovo, quello che smania per mostrarsi al Camineto ora che Flavio Briatore ne è diventato socio e che Daniela Santanché vi approda in tuta e cappello da cowboy fucsia, quello che – come diceva l’altro giorno il pr della grande boutique - “è l’unico rimasto a comprare perché le vecchie famiglie non spendono più un euro e hanno abiti importanti di famiglia che sfoggiano con orgoglio”.
Quando comprate scarpe e volete sembrare old money, state attenti alla richiesta della commessa o sales manager, come usa dire adesso: vi chiederà se vogliate la scatola o meno. Esigetela, e la tizia saprà che siete dei parvenu, esattamente come il gioielliere al quale riportate l’anellino nel cofanetto: i gran signori regalano, o regalavano, il gioiello levandolo dalla tasca senza parere, è capitato perfino accartocciato nel giornale (e malauguratamente buttato). E dunque, rieccoci all’Unica dell’unicità calzaturiera, al caffè preso col tizio quasi sconosciuto da ottocento follower, ma accompagnata dall’amica parrucchiera, che ha scatenato la rabbia inopinata del marito.
Che peccato. Quello di Ilary Blasi, bella, anche abile, che avrebbe potuto aspirare a un altro ambiente e ad altre frequentazioni ma evidentemente non possiede lo sguardo prospettico per immaginarlo, è un mondo piccolo, fatto di quei famigli che incontri anche a Sanremo o nei concorsi di bellezza mentre avvolgono di un’attenzione soffocante la loro gallina dalle uova d’oro o che tali potrebbero diventare: la sorella meno bella o meno intonata che svolge funzioni di manager, la parrucchiera-confidente, promossa consulente d’immagine modello Pat McGrath, il cicisbeo omosessuale che non turba i sonni del compagno etero ufficiale e si fa pagare i pranzi e il cinema in cambio di un po’ di intrattenimento pettegolo e insomma tutta quella piccola corte che vive di luce riflessa e difende il proprio minuscolo privilegio con fede rabbiosa, Alla fine dell’oretta trascorsa davanti al tablet, ti resta un senso profondo di malinconia.
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