“FACEBOOK È NELLA MENTE DI ZUCKERBERG UNA SORTA DI RIEDIZIONE DELL'IMPERO ROMANO” - ALDO CAZZULLO, NEL SUO NUOVO LIBRO “QUANDO ERAVAMO I PADRONI DEL MONDO”, RACCONTA L’IMMORTALITÀ DELL'ANTICA ROMA: “L'IDEA DI RIUNIRE E GOVERNARE UNA COMUNITÀ VASTA COME IL MONDO FA SENTIRE ZUCKERBERG UNA SORTA DI AUGUSTO CONTEMPORANEO - QUELLO CHE OGGI CHIAMIAMO OCCIDENTE È UNA COSTRUZIONE ERETTA SULLE FONDAMENTA DELL'ANTICA ROMA. LA LINGUA DELLA POLITICA E DEL POTERE È LA STESSA CHE SI PARLAVA DUE MILLENNI FA..."
Estratto dell’articolo di Alberto Fraja per “Libero Quotidiano”
aldo cazzullo - quando eravamo i padroni del mondo
La caduta della pars occidentis dell'Impero romano la si fa formalmente coincidere con la deposizione dell'ultimo imperatore Romolo Augusto, detto Augustolo (piccolo Augusto, aveva 14 anni appena) da parte di Odoacre, un barbaro capo di altri barbari detti Eruli. Correva l'anno 476 dC In realtà, come giustamente sostiene Aldo Cazzullo nel suo ultimo saggio appena arrivato in libreria Quando eravamo i padroni del mondo.
Roma: l'Impero infinito (Harper Collins, 320 pagine, 19 euro) l'Impero romano non è mai caduto davvero, né mai cadrà. «Ha continuato a vivere nelle menti, nelle parole, nei simboli degli imperi venuti dopo. Noi italiani non siamo i discendenti diretti degli antichi romani: ci siamo mescolati con molti altri popoli, dai barbari agli arabi.
Ma dei romani possiamo rivendicare l'eredità- scrive Cazzullo -. Non soltanto abitiamo la stessa terra, viviamo nelle città da loro fondate, percorriamo strade da loro tracciate; Roma vive nella nostra lingua, nei nostri palazzi, nei nostri pensieri. Nel nostro modo di parlare, di costruire, di pensare, qualcosa dell'antica Roma è rimasto. E se oggi siamo cristiani, è perché Roma diventò cristiana».
aldo cazzullo foto di bacco (1)
Non esiste regime apparso sul palcoscenico della storia che non abbia rivendicato una qualche eredità dal mirabile assetto politico, istituzionale, religioso e valoriale messo su nei secoli dai romani antichi: dall'Impero romano d'Oriente al Sacro romano Impero di Carlo Magno; da Mosca, autodefinitasi terza Roma (zar viene da Czar che viene da Caesar) all'Impero napoleonico (Napoleone adorava Cesare, scrisse un libro su di lui, e non volle farsi incoronare re dei francesi, bensì imperatore).
E poi ancora: dall'impero austro-asburgico ai regimi fascista e nazista (anche kaiser viene da Caesar) all'impero americano fino a quello virtuale di Mark Zuckerberg, grande ammiratore di Augusto. «L'idea di riunire e “governare” una comunità vasta come il mondo fa sentire Zuckerberg una sorta di Augusto contemporaneo (... ) Facebook è nella sua mente una sorta di riedizione dell'Impero romano», scrive Cazzullo. E «come l'Impero romano selezionava la classe dirigente nelle proprie colonie, così la Silicon Valley ha individuato i migliori talenti del mondo».
elon musk contro mark zuckerberg meme
Da Palladio fino a Canova, alcuni tra i più grandi artisti dell'Occidente hanno disegnato, dipinto, scolpito come facevano (o pensavano che facessero) gli antichi romani – scrive ancora l'autore -. Quello che oggi chiamiamo Occidente è una costruzione eretta sulle fondamenta dell'antica Roma. In tutto l'Occidente, la lingua della politica e del potere è la stessa che si parlava a Roma due millenni fa. Imperatore e popolo sono parole latine. Vieni dominio e libertà. Dittatore e cittadino. Legge e ordine (sia pure in un'accezione diversa). Re e giustizia. Eroe e traditore. Cliente e patrono. Candidato ed eletto. […]
«Lo stile dell'antica Roma non è mai morto, e periodicamente risorge nella storia. Dal Rinascimento al Neoclassicidiatori, quelli veri, si continuano a fare grandi film.
«Anche la lingua della religione nasce nella città eterna. Fede, religione, pontefice sono parole latine – spiega Cazzullo -. Vieni a credere. Come dio (dal greco Zeus). Come, per venire al linguaggio della guerra, arma, esercito, militare, generale, soldato (da solidarius: colui che riceve una paga). E sono parole latine anche concordia, amicizia, amore, famiglia, matrimonio; anche se la sposa non si vestiva di bianco, ma di giallo». […]
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