SCORRERÀ IL SANGUE AL MINISTERO? - COSA DIRANNO I COLLEGHI BERLUSCONES DI GALAN QUANDO SCOPRIRANNO CHE IL FILM “DIAZ. DON’T CLEAN UP THIS BLOOD”, SULLE VIOLENZE ALLA SCUOLA DIAZ DURANTE IL G8, HA RICEVUTO UN FINANZIAMENTO PUBBLICO DA 400MILA €? - IL FILM DI VICARI, PRODOTTO DA PROCACCI, È STATO GIRATO IN ROMANIA PERCHÉ QUI NON LO VOLEVA NESSUNO - MA ORA FORSE ARRIVERÀ A CANNES 2012…

Michele Anselmi per "il Secolo XIX"

Il film sarà pronto per i primi mesi del 2012, magari andrà al festival di Cannes, e speriamo che sia venuto bene: tosto, serio e non fazioso. Ma è già una buona notizia che il ministero ai Beni culturali, sfidando le probabili proteste del centrodestra, abbia alla fine deciso di dare una mano a "Diaz. Don't Clean Up This Blood" attribuendogli un finanziamento di 400 mila euro. Non decisivo, ma significativo.

Come ricorderete, il film di Daniele Vicari ricostruisce quanto avvenne nella notte tra il 21 e 22 luglio 2001 nel complesso scolastico Diaz-Pertini-Pascoli: poliziotti del VII Nucleo in assetto anti-sommossa pestarono a sangue decine di giovani no-global, tanto da far parlare di «macelleria messicana», in coda a un G8 già funestato dalla morte di Carlo Giuliani.

Film delicato, oggetto di controversie e boicottaggi, già circonfuso da un'aura di maledizione. Infatti, dopo aver cercato finanziamenti in Italia ricevendo solo dei no, inclusa Raicinema, il produttore Domenico Procacci, titolare di Fandango, ha dovuto coinvolgere i romeni di Mandragora e i francesi di Le Pacte per mettere insieme i circa 7.5 milioni di euro necessari a girarlo. In massima parte a Bucarest, dove è stata ricostruita la Diaz, più riprese a Vipiteno e una coda a Genova per esterni e raccordi.

Pensare che, a parte qualche interprete straniero, come la tedesca Jennifer Ulrich o la francese Emilie De Preissac, sul set erano tutti italiani: dal regista, che ha scritto il copione con Laura Paolucci, agli attori principali Elio Germano, Claudio Santamaria, Rolando Ravello, Alessandro Roja, Pietro Ragusa.

Ma tant'è. Siamo in Italia. "Diaz" nessuno voleva farlo, magari anche per ragioni commerciali. Quei maledetti giorni genovesi restano una ferita aperta, mai sanata nemmeno dopo il processo, e ogni volta che il cinema se n'è occupato, da "Ora o mai più" di Lucio Pellegrini ai reportage di Davide Ferrario e Francesca Comencini fino al recente "Black Block" di Carlo A. Bachschmitd, sono fioccate le polemiche. Con i quotidiani filogovernativi, specialmente "Libero" e "il Giornale", schierati preventivamente contro il film di Vicari, ritenuto, nella migliore delle ipotesi, un velenoso atto d'accusa nei confronti della polizia.

Per questo sembrava poco probabile che la commissione ministeriale, cui spetta il compito di stabilire se un film può essere riconosciuto di interesse culturale nazionale e usufruire di eventuali finanziamenti, votasse a favore. Invece è successo. Pur avendo a disposizione fondi limitati, circa 3.5 milioni in tutto, i sette commissari hanno deciso che il progetto, certo scomodo e rischioso, andava sorretto. Nove i titoli passati nella riunione del 2 agosto scorso, tra i quali: "Il comandante e la cicogna" di Silvio Soldini, per 1 milione e 100 mila, grazie all'alto punteggio riscosso; "Morta di soap" di Antonietta De Lillo, per 250 mila; "Mi fido di te" di Luca Barbareschi, per 500 mila; "Dracula in 3D" di Dario Argento, per 300 mila.

Ma vedrete che solo per il film di Vicari scatteranno proteste e malumori. Non è una novità, del resto. Già all'epoca di "La prima linea" il finanziamento di circa 1 milione e mezzo di euro deciso dalla commissione scatenò la reazione dello stesso ministro Sandro Bondi, al punto che il regista Renato De Maria e il produttore Andrea Occhipinti decisero di rinunciarvi per non dover subire ulteriori pressioni. Alla fine Bondi riconobbe che il film era onesto e non compiacente nei confronti del terrorismo di sinistra, ma intanto il guaio era stato fatto.

Qualcosa del genere, sia pure per ragioni tecnico-burocratiche, avvenne anche per "Vallanzasca. Gli angeli del male" di Michele Placido, oggetto di furente esecrazione ancor prima d'essere girato a Milano; mentre è andata meglio a "Cose dell'altro mondo" di Francesco Patierno, destinatario di un finanziamento di 1 milione e 200 mila euro assai criticato dal governatore veneto Luca Zaia. Il quale, una volta stroncata l'acre commedia, è insorto «contro lo sperpero del bene pubblico» chiedendo al ministro Giancarlo Galan di rendere noti titoli dei film sovvenzionati ed entità del finanziamento statale. Non sa, Zaia, che basta collegarsi al sito del Mibac, voce Direzione cinema, per sapere tutto.

Di contro, non risulta che la Lega abbia avuto nulla da ridire su quel milione di euro, tondo tondo, riservato a "Marco d'Aviano" di Renzo Martinelli, cineasta caro al Senatùr Bossi, che racconterà, con evidenti riferimenti all'11 settembre 2001, la battaglia di Vienna dell'11 settembre 1683 vinta dagli eserciti cristiani. Nonostante il tonfo del precedente "Barbarossa" che, finanziato per svariati milioni da Raifiction e per 1 milione e 600 mila euro dal ministero, incassò appena 850 mila euro. Stroncato da tutti. Neanche i padani in camicia verde accorsero.

In ogni caso, pare evidente che "Diaz. Don't Clean Up This Blood" non avrà vita facile. Benché Vicari, regista di film interessanti come "Velocità massima" e "Il passato è una terra straniera", abbia in più occasioni spiegato di aver voluto raccontare il pestaggio alla Diaz e i successivi fatti di Bolzaneto «esclusivamente attraverso gli atti del processo».

Aggiungendo in un'intervista a "Ciak": «Per quanto riguarda il mio coinvolgimento, sono dentro ciascun manifestante e ciascun poliziotto di questa storia». Mentre Procacci proprio al "Secolo XIX" ricordò: «In Italia, per i film difficili, si cerca di accontentare tutti: vittime, forze dell'ordine, istituzioni. Ma poi spetta agli autori decidere il metodo: noi abbiamo parlato con ragazzi pestati, black-bloc, magistrati, poliziotti, carabinieri, testimoni».

Torna forse utile ricordare che Amnesty International parlò di quella notte come della «più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la Seconda guerra mondiale». La frase farà parte del corredo di lancio, a spiegare, se ne fosse bisogno, il senso del sottotitolo inglese "Don't Clean Up This Blood". Non lavate questo sangue. Insomma, non dimenticate.

 

 

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