IL CINEMA DEI GIUSTI - DI FRONTE A “MELANCHOLIA” DI LARS VON TRIER, IL PIÙ BEL FILM VISTO A CANNES, NON CI SONO MEZZE MISURE. O VI PIACE OPPURE NO - È UN FILM COMPLESSO, INNOVATIVO E VISIONARIO, TRATTATO SCIATTAMENTE DALLA CRITICA ITALIANA, SU COME ACCETTARE L’IDEA DELLA FINE DEL MONDO E IL DISSOLVIMENTO DELL’IDEA BORGHESE DI FAMIGLIA DEL NOVECENTO ATTRAVERSO LA MESSA IN SCENA DELLA MALINCONIA COME STATO D’ANIMO…
Marco Giusti per Dagospia
Se âTree of Life' di Terence Malick voleva essere un film sull'origine del mondo e su come accettare l'idea della morte all'interno della famiglia del sogno americano, âMelancholia' di Lars Von Trier, che a Cannes passò solo 48 ore dopo, è un film su come accettare l'idea della fine del mondo e il dissolvimento dell'idea borghese di famiglia del Novecento attraverso la messa in scena della malinconia come stato d'animo.
La differenza maggiore tra i due fin troppo ambiziosi film non è solo che Lars Von Trier è europeo e Malick americano, o che il primo punta all'arte e il secondo al kitsch (come ha scritto J. Hoberman sul "Village Voice"), ma che Lars Von Trier riesce a ragionare su un argomento così complesso mantenendo sempre aperto anche un certo distacco e una certa ironia. Non per farci credere che non è vero quello che sta raccontando, o per irridere i suoi personaggi, ma per mantenere un distacco morale da loro.
Dopo un prologo di cinque minuti fin troppo fitto di premonizioni e simbolismi, il film è diviso in due parti ben distinte, dedicate alle due sorelle Justine, una meravigliosa Kirsten Dunst premiata a Cannes, e Claire, una Charlotte Gainsbourg reduce dalle pesantezze di âAntichrist'. Nella prima parte assistiamo al naufragio del matrimonio di Justine organizzato da Claire. Una sorte di versione corta di âFesten' con grandi numeri di attori come Charlotte Rampling, John Hurt, Stellan Sarsgaard.
Nella seconda parte assistiamo alla fine del mondo, perché il pianeta âMelancholia' si sta avvicinando spaventosamente alla Terra. Fine del mondo che la dissolta famiglia di Justine e Claire non sanno come organizzare e accettare. Cosa farà , insomma, la famiglia borghese di fronte alla fine sua e dell'umanità ? Se Claire non sa come comportarsi, Justine sembra avere già capito da tempo, col suo stato malinconico, come accettare l'idea della fine dell'umanità .
In una scena di grande effetto con Justine nuda alla luce del pianeta abbiamo capito che col suo stesso corpo ha inglobato l'idea di una malinconia e di una tragedia cosmica che a più livelli ha colpito di fatto il genere umano.
Se Malick ricostruisce la fine del sogno americano in un viaggio nel passato e nel dolore (un figlio morto in guerra), Von Trier si serve della cultura e delle simbologie del passato per parlare della malattia del mondo di oggi, di una malinconia cosmica che la società borghese europea non sa come affrontare.
Di fronte a Melancholia, che è probabilmente uno dei capolavori di Lars Von Trier e il più bel film visto a Cannes quest'anno, non ci sono mezze misure. O vi piace oppure no. Il pubblico e la critica erano divisi a Cannes e lo sono stati anche dopo. Giusto che sia così. Dispiace solo che un film talmente complesso, innovativo e visionario sia stato trattato sciattamente dalla critica italiana.
Va ammesso che non hanno aiutato molto il film le battute di Lars Von Trier su Hitler ("non è un bravo ragazzo ma mi è simpatico") e i nazisti alla conferenza stampa di Cannes. Magari voleva dire cose diverse, ma nessuno lo ha capito né è riuscito a difenderlo. Definito "persona non grata" è stato rimandato a casa e l'unico premio che è riuscito a strappare è stato quello, pur giustissimo, per Kirsten Dunst. Magari la giuria avrebbe preferito lo stesso il film di Malick, ma certo Lars Von Trier non è stato giudicato con la serenità e l'attenzione che avrebbe meritato.





