GAD ABBAIA MA NON MORDE - “LA VERITÀ” HA BATTUTO LERNER IN TRIBUNALE: IL QUOTIDIANO DI BELPIETRO HA VINTO LA CAUSA INTENTATA DAL GIORNALISTA, CHE SI ERA SENTITO DIFFAMATO DA UN ARTICOLO IN CUI VENIVANO APPROFONDITI I COSTI DEL TALK SHOW “L’APPRODO”. AVEVA CHIESTO 80MILA EURO DI RISARCIMENTO, MA PER I GIUDICI DEL TRIBUNALE DI MILANO IL DIRITTO DI CRONACA E DI CRITICA SONO STATI RISPETTATI…
Fabio Amendolara per “La Verità”
Gad Lerner si sentiva diffamato per gli articoli pubblicati dalla Verità tra l'1 e il 5 giugno 2019, nei quali venivano approfonditi i costi del talk show L'Approdo, che andava in onda su Rai 3, e i suoi compensi da conduttore. E aveva chiesto 80.000 euro di risarcimento.
Che i giudici della prima sezione civile del Tribunale di Milano hanno respinto.
Lerner si era risentito, oltre che per gli articoli firmati da Giorgio Gandola, anche per un editoriale del direttore Maurizio Belpietro (3 giugno 2019), nel quale era stato «falsamente», secondo Lerner, «prospettato un fatto deprecabile»: l'esistenza di una lobby che favorirebbe i compagni o i radical chic di cui l'esponente avrebbe beneficiato.
Inoltre, Lerner ha dedotto «di essere stato tacciato di faziosità, laddove si asseriva che il suo obiettivo sarebbe stato non quello di fare ascolti ma "la narrazione marcatamente antileghista"».
Il conduttore si era piccato anche per quelli che durante la causa civile sono stati definiti «epiteti volutamente irridenti e spregiativi»: «Comunista col rolex, commentatore radical chic, conduttore con il pedigree di sinistra ma il portafoglio posizionato molto a destra».
La Verità, Belpietro e Gandola, costituiti tramite l'avvocato Claudio Mangiafico, hanno confermato in udienza che «le informazioni veicolate dagli articoli corrispondevano, nella loro essenza, al vero».
Lo stesso Lerner, d'altra parte, non si era premurato di dimostrare la falsità di quelle affermazioni. Ed ecco le valutazioni dei giudici: «Seppure traspare la critica per gli elevati costi del programma, il fatto attribuito all'attore non è illecito né disdicevole, riguardando la percezione di un compenso derivante dal legittimo esercizio della sua attività professionale».
Secondo i giudici, poi, proprio Lerner aveva «espresso in più occasioni idee contrarie alle politiche della Lega» e in alcuni tweet aveva «espresso apprezzamenti marcatamente negativi nei confronti di Matteo Salvini».
Tutti elementi che, è scritto in sentenza, «possono rendere plausibile, nella visione dell'autore dell'articolo, l'intenzione di esprimere nel programma tali posizioni contrarie».
Quanto alla lobby, secondo i giudici, «il senso del brano sembra, piuttosto, quello di esprimere una censura rispetto a una supposta politica aziendale degli organi della televisione pubblica di dare spazio a giornalisti provenienti da giornali vicini alla sinistra, indipendentemente dal successo dei programmi». Diritto di cronaca e di critica, insomma, sono stati rispettati in pieno.