UCCI UCCI SENTO ODOR DI STANLEY TUCCI: “IL SUCCESSO? MEGLIO UNA MELANZANA DI PARMIGIANA" - L’ATTORE E REGISTA PARLA A “CHI” DI GIACOMETTI, DELL’ARTE, DI GUADAGNINO E DELLA CUCINA ITALIANA – “SONO UN PERFEZIONISTA, PER QUESTO NON MI RIVEDO MAI SULLO SCHERMO” – VIDEO
Claudia Catalli per Chi
Tutti lo ricordano accanto a Meryl Streep nel film cult Il diavolo veste Prada, ma il suo nome ricorre nei grandi film hollywoodiani e in blockbuster per ragazzi come Hunger Games e Transformers.
Dall’8 febbraio Stanley Tucci è al cinema con la sua nuova fatica da regista, Final Portrait - L’arte di essere amici, in cui racconta l’estro del pittore svizzero Alberto Giacometti. Anche la vita privata dell’attore sembra procedere a vele spiegate: Tucci si gode il matrimonio con Felicity Blunt, di vent’anni più giovane, e i quattro figli: Nicolo, Matteo, Isabel e Camilla.
«Il mio rapporto con l’Italia è speciale», confida a “Chi” Tucci, «l’amore per il vostro Paese è qualcosa che sento nelle ossa, ho tanti ricordi qui da ragazzino. Sento come un richiamo che mi porta a venirci sempre più spesso, per piacere e per lavoro. Siete pieni di persone stupende e di cibo meraviglioso».
Domanda. Partiamo dal suo film: lo ha scritto e diretto, perché non ha voluto comparirvi? Risposta. «Ci ho pensato molto, alla fine ho deciso che per fare un buon lavoro serviva una giusta distanza. Davanti alla cinepresa ci sono Geoffrey Rush e Armie Hammer, che hanno fatto un lavoro meraviglioso».
D. Che consigli dava sul set?
R. «Uno solo: “Non recitate”. Un attore deve essere vero».
D. È questo il segreto per diventare Stanley Tucci?
R. «Oddio, non lo so. Ho provato a essere il più credibile possibile in ogni personaggio, a essere sempre vero, autentico. Non c’è altro modo per farcela, non solo a Hollywood, ma nella vita».
D. È vero che l’amore per l’arte gliel’ha trasmesso suo padre?
R. «Verissimo, dipingevamo insieme. Mi ha insegnato che si può fare arte con qualsiasi cosa e ad apprezzarla ovunque la si trovi. Ho imparato da lui che l’arte è sempre intorno a noi, basta avere la voglia di trovarla. Gliene sarò sempre grato».
D. Da padre, ha provato a insegnare tutto questo ai suoi figli?
R. «Certo, l’amore per l’arte è qualcosa che tutti i genitori dovrebbero tramandare: è educare al bello».
D. È vero che ha detto “Amo il cibo più dei miei figli”?
R. (Ride). «Le dico solo che sono un grandissimo amante del cibo. E anche un discreto cuoco».
D. Oggi cucinerà qualcosa?
R. «Sono stato tutta la mattina a preparare un... come si dice in italiano... una parmigiana di melanzane (lo dice in italiano, ndr)».
D. In tanti vorrebbero sedersi alla sua tavola, ma anche solo stringerle la mano, farsi un selfie con lei: da ragazzo si aspettava tutto questo successo?
R. «Assolutamente no, non me l’aspettavo. Mi fa piacere ottenere tanti apprezzamenti e riconoscimenti».
D. C’è un nome italiano che stima in modo particolare?
R. Il regista Luca Guadagnino. Ho visto il suo film (candidato agli Oscar, ndr) Chiamami col tuo nome: stupendo».
D. Si è mai sentito insoddisfatto del suo lavoro?
R. «Tantissime volte. Sono un perfezionista, mi dico sempre che avrei potuto dare di più. Ecco perché preferisco non rivedermi sullo schermo».
D. Che cosa consiglierebbe a un giovane che volesse diventare attore?
R. «Intanto spero che non lo faccia (ride, ndr). Gli direi di prendere tutto molto sul serio, tranne se stesso».
D. Sente ancora le attrici con cui ha girato l’indimenticabile Il diavolo veste Prada?
R. «Vedo Meryl Streep, viene spesso a trovarmi a Londra. Poi frequento Emily Blunt, ma per questioni familiari: è la mia cara cognata, sorella di mia moglie Felicity»